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Abbandonato da Disney

 
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Probabilmente qualcuno di voi avrà sentito che la Disney Corporation è responsabile di almeno una vera e propria città fantasma “vivente”.

Treasure Island Disney
Il parco divertimenti di “Treasure Island”

Disney costruì il parco divertimenti di “Treasure Island”, “L’isola del tesoro”, nella Baia di Baker nelle Bahamas. All’inizio essa non era una città fantasma! Le navi da crociera della Disney, in realtà, avrebbero dovuto fermarsi al villaggio e lasciare i turisti lì per rilassarsi in quel lusso.

Questo è un FATTO. Cercatelo pure.

Disney spese 30 milioni di dollari per costruire quel posto… Sì, trenta milioni di dollari.

Poi l’abbandonarono.

Disney incolpò le acque poco profonde (troppo basse per far manovrare in modo sicuro le loro navi) e in aggiunta la colpa fu gettata anche sul cast dei lavoratori: infatti si diceva che, dal momento che erano delle Bahamas, erano troppo pigri per lavorare secondo ritmi regolari.

E qui finisce la parte “oggettiva” della storia. Non è stato a causa della sabbia, e ovviamente non era perché “gli stranieri sono pigri”. Entrambe sono scuse convenienti.

No, sinceramente io dubito che queste scuse fossero legittime. Perché non credo alla versione ufficiale?

A causa del Palazzo di Mowgli.

Mowgli's Palace fake

Vicino alla città balneare di Emerald Isle in Nord Carolina, Disney iniziò la costruzione del “Palazzo di Mowgli” alla fine degli anni Novanta. L’idea era di costruire un parco divertimenti basato sul tema della giungla con un grande, avrete indovinato, PALAZZO al centro.

Se non sapete chi sia Mowgli, allora potreste ricordare meglio la storia de “Il libro della giungla”. Se non l’avete mai visto in nessun altro luogo, potreste conoscere il film di animazione della Disney prodotto decenni fa.

Mowgli è un bambino abbandonato, nella giungla, che in sostanza viene cresciuto dagli animali e allo stesso tempo minacciato/perseguitato da altri animali.

Il palazzo di Mowgli era un’impresa controversa fin dall’inizio. Disney comprò parecchi terreni a caro prezzo per il progetto, e vi fu pure uno scandalo riguardo alcuni degli acquisti. Il governo locale intimò l’esproprio delle case della gente, poi li sfrattò e vendette le proprietà alla Disney. Accadde persino che una casa, che era stata appena costruita, venisse immediatamente demolita, praticamente senza spiegazione.

Si credette che la terra sequestrata dal governo fosse destinata a qualche fantomatico progetto autostradale. Sapendo bene che cosa stava succedendo, la gente cominciò a chiamarla l’”Autostrada di Topolino”.

Poi ci fu la concept art. Un gruppo di mezzemaniche della Disney Co. tenne una riunione nella città. Lo scopo era di far credere a tutti quanto questo progetto sarebbe stato redditizio per ciascuno. Quando mostrarono la concept art, ovvero questo gigantesco palazzo indiano… circondata dalla GIUNGLA… in cui figuravano uomini e donne con vesti e equipaggiamento tribali… beh, ovviamente tutti si incazzarono molto.

Stiamo parlando di un grande Palazzo Indiano, di Giungla e Vesti Tribali, non solo nel centro di una zona relativamente ricca, ma anche un po’ “xenofoba” del sud degli Stati Uniti. Ciò era un miscuglio di cose discutibili, all’epoca.

Una persona della folla cercò di assaltare il palco, ma fu subito fermata dalla sicurezza dopo essere riuscito a rompersi uno dei pannelli di presentazione sul ginocchio.

Disney prese quella comunità ed essenzialmente la ruppe sul ginocchio, allo stesso modo. Le case furono rase al suolo, la terra fu ripulita e non ci fu una maledetta cosa che chiunque potesse fare o dire in proposito. Le TV locali e i giornali erano contro il parco, all’inizio, ma delle malsane connessioni tra le società pubblicitarie della Disney e le imprese locali fecero la loro parte e la loro opinione cambiò in un batter d’occhio.

Comunque, Treasure Island, le Bahamas. Disney sperperò quei milioni per il parco divertimenti, per poi abbandonarlo. La stessa cosa successe con il Palazzo di Mowgli.

La costruzione era completa. I visitatori visitavano davvero l’attrazione. Le comunità circostanti erano inondate dal traffico e dalle seccature comunemente associate con l’afflusso di turisti persi e arrabbiati.

Poi ogni cosa, semplicemente, si fermò.

Disney interruppe tutto e nessuno sapeva cosa diavolo pensare. Ma erano abbastanza contenti. La sconfitta della Disney era una sorpresa decisamente divertente per una grossa fetta di popolazione che non aveva voluto tutto questo, fin dal principio.

Onestamente non ci ho più pensato da quando ho sentito che aveva chiuso più di un decennio fa. Io vivo a circa quattro ore da Emerald Isle, per cui tutto ciò che ho sentito in proposito furono solo voci e non ho avuto alcuna esperienza diretta.

Poi lessi questo articolo di qualcuno che aveva esplorato il parco divertimenti di “Treasure Island”, pubblicando un intero blog riguardo tutte le varie cose assurde che aveva trovato lì. Roba semplicemente… lasciata indietro. Cose fracassate, deturpate, probabilmente rovinate dagli ex dipendenti scontenti di aver perso il lavoro.

Cavolo, gli abitanti del posto probabilmente avranno fatto la loro parte nel distruggere quel luogo. La persone lì saranno state arrabbiate per “Treasure Island” quanto lo è stata la gente di qui riguardo il Palazzo di Mowgli.

Inoltre ci sono state voci che dicevano che la Disney avesse liberato il “contenuto” dei loro acquari nelle acque locali, quando hanno chiuso… inclusi gli squali.

Chi non avrebbe voluto dare una ripassata a un po’ di quella mercanzia, dopo?

Beh, quello che voglio dire è che questo blog su “Treasure Island” mi ha fatto riflettere. Anche se erano passati molti anni dalla sua chiusura, ho pensato che sarebbe stato forte fare un po’ di ‘”Esplorazione Urbana” al Palazzo di Mowgli. Scattare qualche foto, scrivere la mia esperienza, e probabilmente vedere se c’era qualcosa che potevo portare a casa come ricordo.

Non ho intenzione di dire che non persi tempo per andarci, perché onestamente mi ci è voluto un altro anno, dal momento in cui scoprii l’articolo iniziale riguardo “Treasure Island”, fino ad avvicinarmi a partire per Emerald Isle.

Nel corso di quell’ anno, ho fatto un sacco di ricerche sul parco… o meglio, ci ho provato.

Naturalmente, nessun sito ufficiale o altra risorsa della Disney fa menzione del luogo. È stato cancellato tutto.

Ancor più strano, però, fu che nessuno prima di me aveva apparentemente pensato di fare un blog riguardo il luogo o anche di pubblicare una foto. Né le TV, né i siti giornalistici locali avevano parlato del posto, anche se questo era prevedibile, in quanto tutti erano passati dal lato della Disney. Sicuramente non avrebbero sbandierato una loro vergogna, capite?

Recentemente, ho scoperto che le aziende in realtà possono chiedere a Google, per esempio, di rimuovere dei link dai risultati di ricerca… praticamente senza una valido motivo. Ripensandoci, probabilmente non è che nessuno abbia parlato del villaggio; piuttosto, le loro parole sono state rese inaccessibili.

Così alla fine ho potuto a malapena trovare il posto. Tutto quello che avevo era una mappa vecchia come il cucco che avevo ricevuto per posta negli anni ’90. Era un articolo promozionale inviato alle persone che erano stati da poco a Disney World, e suppongo che, dato che ci ero stato alla fine anni ’80, ciò fosse “recente”.

In realtà non avevo nemmeno intenzione di affidarmi ad essa. Era finita insieme ai miei libri e ai fumetti della mia infanzia. Me ne ricordai solo dopo alcuni mesi dall’inizio delle mie ricerche, e anche allora ci ho messo un altro paio di settimane per trovare lo scatolone dove i miei genitori avevano stipato la mia vecchia roba.

Ma CE L’HO FATTA. Gli abitanti del posto non furono di alcun aiuto, perché da un lato la maggior parte si era trasferita in riviera negli ultimi anni… dall’altro, i vecchi residenti, appena incominciavo a dire “Dove posso trovare il palazzo di M–” mi interrompevano sghignazzandomi in faccia e facendomi brutti gesti .

Indian jungle palace

La strada che percorsi in auto mi portò attraverso un corridoio insolitamente lungo inondato dalla natura. Piante tropicali che erano cresciute selvaggiamente e avevano sovrappopolato la zona, mescolandosi con le specie della flora locale che in realtà APPARTENEVANO a quel luogo e avevano cercato di reclamare la propria terra.

Ero in soggezione quando raggiunsi i cancelli di accesso del parco divertimenti. Enormi porte monolitiche in legno, i cui supporti ai lati sembravano essere stati tagliati da sequoie giganti. Il cancello stesso era stato scavato in più punti dai picchi e corroso alla base dagli insetti che vi avevano scavato.

Attaccato al cancello c’era un pannello di metallo, un rottame raccolto dove capitava, con delle lettere scarabocchiate sopra, a mano, in nero. “ABBANDONATO DA DISNEY”. Chiaramente era opera di qualche abitante locale o di un ex-dipendente che voleva esprimere un piccolo segno di protesta.

Le porte erano abbastanza aperte per poterle attraversare a piedi, ma non in auto, quindi presi la mia macchina fotografica digitale e la mappa, la cui parte posteriore mostrava la struttura del parco, e mi incamminai.

I pavimenti del luogo erano invasi dalla vegetazione quanto l’ingresso. Una palma si ergeva incolta e malconcia, tra mucchi delle sue noci di cocco. I banani si elevavano allo stesso modo in mezzo alla poltiglia dei loro frutti, marci e crivellati di insetti. C’era questa sorta di scontro tra ordine e caos, e difatti c’erano file di piante floreali perenni accuratamente disposte, mescolate con fastidiose erbacce alte e maleodoranti funghi anneriti.

Tutto ciò che rimaneva di eventuali strutture esterne era legno spaccato e marcio, e vari pezzi carbonizzati di materiale non identificabile. Quello che probabilmente era stato uno stand informativo o un bar all’aperto era ora semplicemente un cumulo di detriti assortiti, deturpato dal vandalismo passato e devastato dal tempo.

La cosa più interessante nell’area era una statua di Baloo, l’orso amichevole del “Libro della giungla”, che si trovava in una sorta di cortile davanti all’edificio principale. Era bloccato nel gesto di mostrare un’espressione gioviale, ovviamente verso nessuno, fissando nel vuoto con un sciocco sorriso a denti stretti, mentre tutta la sua “pelliccia” era ricoperta di escrementi d’uccello e dei tralci ricoprivano la sua piattaforma.

Mi sono avvicinato all’edificio principale – il PALAZZO – solo per trovare la parte esterna dell’edificio coperta di graffiti , dove la vernice originale non era scrostata o scheggiata. Le porte anteriori non erano solo aperte, erano state rimosse dai cardini e rubate.

Sopra le porte frontali, o meglio l’antro spalancato che si trovava al loro posto, qualcuno aveva dipinto ancora una volta “ABBANDONATO DA DISNEY”.

Vorrei poter raccontare tutte le cose impressionanti che ho visto all’interno del Palazzo. Statue dimenticate, registratori di cassa abbandonati, una vera e propria società segreta di barboni senzatetto, ma… no.

L’interno dell’edificio era così desolato, così spoglio, da farmi pensare che la gente abbia persino rubato le decorazioni di stucco dalle pareti. Tutto ciò che era troppo grande da rubare… registratori di cassa, scrivanie, giganteschi alberi finti… erano tutti lì in mezzo a questa cassa di risonanza vuota, che amplificava ogni mio passo, come un lento ra-ta-tat di una mitragliatrice.

Ho controllato la mappa del piano e ho esplorato tutti i posti che potevano sembrare in qualche modo interessanti.

La cucina era come si può immaginare… un’area adibita alla preparazione di cibo industriale con tutti gli elettrodomestici e tanto spazio, senza badare a spese. Ogni superficie di vetro era rotta, ogni porta rimossa dai cardini, ogni superficie metallica calciata e ammaccata. L’intero posto puzzava di piscio molto vecchio.

L’enorme freezer, neanche lontanamente raffreddato ora, aveva file e file di ripiani vuoti sugli scaffal. Dei ganci pendevano dal soffitto, probabilmente per appendere pezzi di carne, e mentre stavo dentro per un attimo, ho notato che stavano oscillando.

Ogni gancio oscillava in una direzione casuale, ma i loro movimenti erano così lenti e minimi che era quasi impossibile vederli. Ho pensato che fosse stato causato dai miei passi, così ne ho trattenuto uno con la mano per farlo smettere di oscillare, poi l’ho lasciato andare con attenzione, ma in pochi secondi ha ricominciato a oscillare di nuovo.

I bagni erano più o meno nello stesso stato, come il resto del posto. Proprio come il parco di “Treasure Island”, qualcuno aveva metodicamente distrutto ogni gabinetto di ceramica con noci di cocco e altri attrezzi. C’era circa un centimetro di acqua putrida, stagnante e puzzolente, sul pavimento, quindi non sono rimasto lì a lungo.

Quel che è strano è che l’acqua in tutti i bagni e i lavandini (e i bidet in bagno delle signore, sì, sono andato pure lì) gocciolava, filtrava o semplicemente scorreva libera. Credevo che avessero dovuto chiudere l’acqua molto, MOLTO tempo fa.

C’erano un sacco di stanze nel resort, ma naturalmente non ho avuto il tempo di guardarle tutte. Le poche che ho scrutato erano devastate quasi allo stesso modo, e non mi aspettavo di trovare nulla lì. Ho pensato che ci fosse un televisore o una radio in una stanza, poiché mi sembrava di aver sentito una conversazione a bassa voce venirne fuori.

Sebbene fosse come un sussurro, probabilmente il mio respiro che riecheggiava nel silenzio, o solo un altro caso del suono dell’acqua che gocciolava, facendo scherzi al mio cervello, questo è ciò che mi sembrò di sentire…

1: “Non ci credevo.”
2: (breve risposta incomprensibile)
1: “Non lo sapevo… non lo sapevo…”
2: “Tuo padre te lo aveva detto.”
1: (risposta incomprensibile, o forse solo singhiozzi)

Lo so, lo so, suona assurdo. Sto solo dicendo quello che ho vissuto, perché ho pensato che ci potrebbe essere stato qualcosa in esecuzione in quella stanza – o peggio, che ci si potessero essere rintanati alcuni vagabondi, che probabilmente mi avrebbero accoltellato.

Tornato alle porte di accesso al Palazzo, pensavo di non aver trovato nulla di importante e di aver sprecato il viaggio.

Mentre guardavo fuori dalla porta, notai qualcosa di interessante nel cortile che apparentemente mi ero perso. Qualcosa che mi avrebbe dato almeno UNA prova da mostrare per tutti i miei guai, anche se era solo una fotografia.

C’era una statua realistica di un pitone, lunga più di venti metri, arrotolata e che “prendeva il sole” su di un piedistallo proprio nel centro della zona. Era quasi l’ora del tramonto, e in questo modo la luce cadeva sull’oggetto in modo PERFETTO per una fotografia.

Mi avvicinai al pitone e scattai una foto. Poi mi alzai in punta di piedi e ne scattai un’altra. Mi misi ancora più vicino, per ottenere i dettagli del suo muso.

Lentamente, con noncuranza, il pitone sollevò la testa, mi guardò dritto negli occhi, si voltò, e scivolò dal piedistallo, attraverso l’erba, e tra gli alberi.

Tutti i 20 e più metri. La testa era ormai scomparsa nel bosco, prima che la sua coda lasciasse il posto dove si era sdraiato.

Quelli della Disney avevano liberato tutti i loro animali esotici nel parco. Proprio lì, sulla mia mappa, c’era la “Casa dei rettili”. Avrei dovuto saperlo. Avevo letto degli squali a “Treasure Island”, e avrei dovuto SAPERE che avevano fatto questo.

Ero sbalordito, semplicemente e assolutamente stupefatto. La mia bocca deve essere rimasta aperta a lungo prima che mi riprendessi e la chiudessi di scatto. Sbattei le palpebre un paio di volte e mi allontanai da dove era stato il serpente, di nuovo verso il Palazzo.

Anche se ne era andato del tutto, io non volevo comunque correre rischi e percorsi la strada per tornare nell’edificio.

Ci vollero un paio di respiri profondi e di schiaffi sulla mia faccia per tornare in me di nuovo dopo quello che era successo.

Cercai un posto per sedermi, dato che le mie gambe sembravano un po’ di gelatina, a quel punto. Naturalmente, NON c’era posto per sedermi, a meno che non volessi appoggiarmi sul tappeto di vetri rotti e foglie per terra, o mettermi sopra un tavolo di dubbia affidabilità.

Avevo visto alcune scale vicino all’atrio del palazzo e decisi di andare a sedermi lì, finché mi fossi sentito meglio.

La scala era abbastanza lontano dal fronte della costruzione da essere relativamente pulita, ad eccezione di uno straordinario accumulo di polvere. Tolsi un cuneo di metallo dal muro, con ancora una volta dipinta sopra la frase “ABBANDONATO DA DISNEY” a cui mi ero ormai abituato. Misi il cuneo sulle scale e mi sedetti su di esso per mantenermi almeno un po’ pulito.

La scala portava verso il basso, sotto il livello del suolo. Usando il flash della mia fotocamera come una sorta di torcia improvvisata, potei vedere che la scalinata terminava con una porta di rete metallica con un lucchetto. Si poteva leggere un cartello sulla porta… un VERO cartello… dove si leggeva “SOLO MASCOTTE! GRAZIE!”.

Questo mi risollevò un po’ il morale, per due motivi: primo, la zona riservata alle mascotte aveva sicuramente contenuto della roba interessante, in passato. Secondo, il lucchetto era ancora al suo posto. Nessuno era andato laggiù. Né i vandali, né i saccheggiatori, nessuno.

Questo era l’unico posto che potevo effettivamente “esplorare” e in cui forse potevo trovare qualcosa di interessante da fotografare o eventualmente portar via. Ero arrivato al Palazzo sostanzialmente del parere che andava bene prendere tutto quello che volevo perché – hey – “abbandonato”.

Non ci volle molto per rompere il blocco. Beh, in realtà questo è sbagliato. Non ci volle molto per rompere la piastra di metallo sul muro alla quale il lucchetto era stato agganciato. Il tempo e il disfacimento avevano fatto la maggior parte del lavoro per me, e fui in grado di piegare la piastra metallica abbastanza da tirare le viti dalla parete – qualcosa che nessun altro aveva evidentemente pensato, o non era stato in grado di fare al momento.

L’area Mascotte era un cambiamento sorprendente e molto ben accetto rispetto al resto dell’edificio che avevo visto. Per prima cosa, ogni seconda o terza lampada fluorescente sul soffitto era illuminata, anche se tremolavano e si affievolivano in modo casuale. Inoltre, nulla era stato rubato o rotto, anche se il tempo e l’abbandono si facevano sicuramente sentire.

I tavoli avevano blocchi per appunti e penne, c’erano orologi… anche un marcatempo sulla parete, completo di cartellini timbrati. Le sedie erano sparse in giro e c’era anche una piccola sala pausa, con un vecchio televisore in statico, cibo marcio e bevande scadute sui tavoli.

Era come uno di quei film post-apocalittici dove tutto è lasciato in stato di evacuazione.

Mentre camminavo per i corridoi di quell’area Mascotte sotterranea, simile a un labirinto, il luogo diventava sempre più interessante. Procedendo oltre,vidi che le scrivanie e i tavoli erano stati rovesciati, le carte erano sparse e quasi fuse con il pavimento umido, e un grande tappeto di muffa stava ricoprendo lentamente la vera copertura cremisi del pavimento, ormai marcita.

Tutto era soffice e cedevole. Tutto ciò che era di legno si disintegrava andando in poltiglia, appena applicavo anche la minima forza, e gli articoli di vestiario appesi a dei ganci in una delle camere si spappolavano in fili umidi quando cercai di sganciarli.

Una cosa che mi infastidiva era che la luce era sempre più rada e inaffidabile mentre mi addentravo ulteriormente nell’umida e soffocante profondità del luogo.

Alla fine, raggiunsi una porta a strisce nere e gialle con su scritto “ATTREZZATURE PERSONAGGI 1”.

La porta non si aprì in un primo momento. Pensai che questa era probabilmente l’area dove si tenevano i costumi, e sicuramente volevo scattare una fotografia in quel contorto pasticcio puzzolente. Per quanto mi sforzassi, da qualunque angolo o con qualsiasi trucco provassi, la porta non si mosse.

Almeno, fino a quando rinunciai e iniziai ad allontanarmi. Fu allora che si udì un leggero schiocco sordo, e la porta si aprì lentamente.

All’interno, la stanza era completamente buia. Nero pece. Dunque usai il flash della fotocamera per cercare un interruttore della luce nel muro vicino la porta, ma non c’era niente.

Mentre facevo la mia ricerca, persi la mia eccitazione iniziale, infastidito da un forte ronzio elettrico. File di lampade in alto si illuminarono all’improvviso, tremolando, spegnendosi e riaccendendosi, come altre che avevo passato.

Ci volle un secondo affinché i miei occhi si abituassero, e sembrava che la luce stesse per divenire sempre più intensa, fino a quando non fossero esplose tutte le lampadine… ma appena pensai che esse avessero raggiunto quella fase critica, le luci si affievolirono un po’e si stabilizzarono .

La camera era esattamente come avevo immaginato. Vari costumi Disney appesi alle pareti, montati e completi, simili a strani cadaveri da fumetto, impiccati a cappi invisibili.

C’era un intero scaffale di perizomi e vestiti di “nativi” sui ganci sul retro.

Quello che trovai strano, e che volevo fotografare subito, era un costume di Topolino al centro della stanza. A differenza degli altri costumi, giaceva sulla schiena al centro del pavimento, come la vittima di un omicidio. La pelliccia sul costume era marcia e ammuffita.

Quel che era ancora più strano, però era la colorazione del costume. Era come un negativo fotografico del vero Topolino. Nero dove dovrebbe essere bianco e bianco dove dovrebbe essere nero, i suoi pantaloni normalmente rossi erano azzurri.

Guardarlo era scoraggiante, al punto che in realtà rimandai il progetto di fotografare quella cosa fino alla fine.

Scattai foto dei costumi appesi alle pareti da diverse angolazioni: dal’alto, dal basso, di lato, per mostrare un’intera fila di volti putridi e paralizzati dei costumi , tra i quali alcuni con gli occhi di plastica mancanti.

Poi decisi di allestire la scena per uno scatto. Solo con la testa di uno dei costumi malridotti dei personaggi, poggiata sullo sporco pavimento viscido.

Subito dopo raggiunsi la testa del costume di Paolino Paperino e la rimossi attentamente, in modo che la cosa non mi cadesse a pezzi fra le mani.

Mentre guardavo in faccia quella testa ammuffita con gli occhi spalancati, il rumore forte di qualcosa che si fracassava mi fece sobbalzare di paura.

Guardai giù, ai miei piedi, e tra le mie scarpe c’era un teschio umano. Era caduto dalla testa della mascotte e si era frantumato in pezzi ai miei piedi; solo il volto vuoto e la mascella inferiore erano rimasti intatti, rivolti verso l’alto a fissarmi.

Lasciai cadere la testa di Paperino immediatamente, come ci si aspetterebbe, e mi avvicinai alla porta. Mentre ero in piedi sulla soglia, riguardai il cranio sul pavimento.

Dovevo fare una foto di esso, capite? DOVEVO farlo, per una serie di ragioni che possono sembrare stupide, ma solo se non ci si pensa fino in fondo.

Avrei avuto bisogno di una prova di quello che è successo, soprattutto se la Disney avesse in qualche modo fatto sparire tutto. Non avevo dubbi nella mia mente, fin dall’inizio, che, anche se si fosse trattato di una grave negligenza, Disney aveva una RESPONSABILITÀ in tutto questo.

È a quel punto che Topolino, quel negativo fotografico, quell’anti-Topolino al centro del pavimento, incominciò ad alzarsi.

Prima seduto, poi alzandosi in piedi, il costume di Topolino… o chi c’era dentro, stava lì al centro della stanza, la sua faccia finta si rivolse direttamente verso di me appena io mormorai “No…” ancora e ancora e ancora…

Con mani tremanti, il cuore che batteva all’impazzata, e le gambe che a ancora una volta si erano trasformate in gelatina, riuscii a sollevare la fotocamera e a puntarla verso la creatura di fronte a me, che mi osservava in silenzio.

Lo schermo della fotocamera digitale visualizzava solo pixel morti che delineavano la forma di quella cosa. Era una perfetta silhouette del costume di Topolino. Mentre la fotocamera si muoveva fra le mie mani instabili, i pixel morti incominciarono a diffondersi, seguendo la sagoma di Topolino quando questi si muoveva.

Poi la macchina fotografica morì. Lo schermo divenne nero e poi… si ruppe.

Alzai gli occhi ancora una volta verso il costume di Topolino.

“Hey”, disse con una voce sommessa, perversa, ma perfettamente uguale a quella di Topolino, “Vuoi vedere come si stacca la mia testa?”

Mickey ripping off his head

Cominciò a tirare la propria testa, mettendo le dita goffe rivestite dai guanti intorno al collo, afferrando con movimenti impazienti, come un uomo ferito che cercasse di tirarsi fuori dalle fauci di un predatore…

E mentre si affondava le sue dita nel collo… così tanto sangue…

Così tanto, denso sangue color giallo…

Mi voltai sentendo lo strappo nauseante di stoffa e carne… mi importava solo di allontanarmi. Sopra la porta di quella stanza, vidi il messaggio finale, inciso nel metallo con le ossa, o con le unghie…

“ABBANDONATO DA DIO”

Non ho più tirato fuori le foto dalla fotocamera. Non ho più scritto riguardo a quella cosa in un blog. Dopo essere uscito da quel luogo, fuggendo per conservare la mia sanità mentale, se non la mia stessa vita, capii perché la Disney voleva che nessuno sapesse di questo posto.

Non volevano che qualcuno come me entrasse.

Non volevano che qualcosa come quello uscisse.

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