Home » Boxes – Capitolo III

Boxes – Capitolo III

 
La maggior parte delle storie, tranne quelle nella categoria "Scritte da me" o "Scritte da voi" sono prese dal sito Creepypasta Italia Wiki

Leggi Palloncini per capire la storia…

Ho passato l’estate prima del mio primo anno alle elementari a imparare come scalare gli alberi. C’era un pino in particolare giusto fuori da casa mia che sembrava fatto apposta per me. Aveva dei rami che erano così bassi che mi potevo facilmente aggrappare senza darmi una spinta, e per il primo paio di giorni dopo aver imparato come sollevarmi, mi sedevo su un ramo e dondolavo i miei piedi. L’albero era sul retro della casa ed era facilmente visibile dalla cucina. Tempo fa io e mia madre sviluppammo una routine in cui io andavo a giocare sull’albero mentre lei lavava i piatti, perché così lei poteva tranquillamente tenermi d’occhio mentre sbrigava le faccende. Quando l’estate passò, le mie abilità crebbero e in poco tempo ero capace di arrivare parecchio in alto. Mentre gli alberi si facevano più alti, i loro rami iniziarono a diventare non solo più magri, ma andavano in varie direzioni, così se raggiungevo un punto in cui non riuscivo ad andare più in alto dovevo cambiare il gioco; iniziai a concentrarmi sulla velocità e alla fine riuscivo a raggiungere il ramo più alto in 25 secondi.

Divenni troppo confidente e un pomeriggio cercai di arrivare ad un ramo prima di essermi aggrappato saldamente ad un altro. Caddi per circa 15 metri e mi ruppi un braccio in due punti. Mi madre corse verso di me urlando e ricordo che la sentivo come se fossi sott’acqua – Non ricordo cosa disse, ma fui sorpreso di quanto fosse bianco il mio osso.

Stavo per iniziare l’asilo, ma nessuno dei miei amici si iscrisse. Mia madre doveva essersi sentita male, visto che il giorno prima che io iniziassi la scuola portò a casa un gattino. Era solo un cucciolo ed era a strisce bianche e nere. Appena lo mise a terra, esso si trascinò verso una cassa vuota di soda che giaceva sul terreno. Lo chiamai Boxes.

Boxes non era un gatto da casa e perciò scappò. Mia madre gli tagliò le unghie in modo tale che egli non avrebbe distrutto l’arredamento e così, come risultato facemmo in modo di tenerlo all’interno. Usciva solo una volta ogni tanto e quando succedeva lo trovavamo nel cortile, intento a cacciare qualche lucertola o insetto, anche se difficilmente riusciva a cacciarlo perché non aveva gli artigli frontali. Era abbastanza sfuggente, ma riuscivamo sempre a catturarlo e a portalo dentro. Si arrampicava sempre sulla mia spalla – dissi a mia madre che era dovuto al fatto che lui stava pianificando la sua strategia per la prossima fuga. Una volta dentro gli davamo sempre del tonno, e imparò anche il suono della lattina – l’apertura era il segnale; veniva di corsa quando la sentiva.

Questa situazione divenne molto utile in seguito, perché Boxes usciva più spesso e correva sotto alla casa, nello spazio stretto al di sotto di essa dove nessuno lo voleva seguire, visto che era ristretto e sicuramente pieno di insetti e roditori. Ingegnosamente, mia madre pensò di agganciare l’apriscatole ad una corda tesa e farla scorrere attraverso il buco in cui si era ficcato Boxes. Alla fine, questo sarebbe emerso miagolando, intento a cercare eccitato la fonte del suono a lui familiare, per poi rimanere inorridito per il modo con cui l’abbiamo ingannato – un apriscatole con niente tonno non aveva senso per Boxes.

L’ultima volta in cui egli scappò sotto la casa fu proprio l’ultimo giorno in cui ci rimanemmo. Mia madre l’aveva messa in vendita e iniziammo a impacchettare le nostre cose. Non avevamo molto, ma ce la prendemmo comunque con comodo, anche se io avevo già impacchettato tutti i miei vestiti come richiesto da mia madre. Lei avrebbe potuto dire che ero triste per il trasloco e voleva che questo andasse liscio per me. Immagino che lei avesse pensato che impacchettare i vestiti avrebbe rafforzato l’idea che ci stavamo trasferendo, ma le cose non cambiarono molto. Quando Boxes uscì fuori, mentre noi stavamo caricando alcuni pacchi sul camion dei trasporti, mia madre imprecò, visto che aveva già impacchettato le scatolette e non era sicura di dove fossero. Mi proposi per cercarle, così non dovevo andare sotto la casa, e mia madre (probabilmente consapevole della mia piccola truffa) spostò un pannello e strisciò dentro. Venne fuori con Boxes abbastanza presto e sembrava un po’ innervosita, il che mi fece sentire meglio circa il fatto che ce ne stavamo andando. Mia madre fece qualche telefonata mentre io impacchettavo un altro poco, e ad un certo punto venne in camera mia e mi disse che aveva parlato con l’agente immobiliare e che saremmo partiti il giorno stesso. Disse che era un’eccellente notizia, ma io pensavo che avremmo passato dell’altro tempo in quella casa – originariamente lei disse che ci saremmo trasferiti dopo una settimana ed era solo Martedì. Inoltre, non avevamo ancora finito di impacchettare tutto, ma mia madre disse qualcosa del genere che erano più facili da rimpiazzare, piuttosto che impacchettarle e trasportarle per tutta la città. Non avevo finito di prendere nemmeno tutti i miei pacchi con i vestiti. Chiesi se potevo chiamare Josh per dirgli addio, ma disse che l’avrei potuto chiamare dall’altra casa. Ce ne andammo con il camion dei trasporti.

Sono riuscito a rimanere in contatto con Josh per anni; il che è sorprendente, visto che non andavamo più nella stessa scuola. I nostri genitori non erano amici di vecchia data, ma sapevano che noi lo eravamo e perciò avrebbero assecondato il nostro desiderio di vederci l’un l’altro, accompagnandoci avanti e indietro per i nostri pigiama-party – quasi sempre nei fine settimana. Un anno, per Natale, i nostri genitori misero da parte un po’ di soldi e ci presero dei walkie-talkie davvero carini che potevano funzionare in un raggio di azione che superava la distanza tra le nostre due case; inoltre le batterie potevano durare per giorni, anche se erano accesi ma non usati. Funzionavano talmente bene che potevamo parlare per tutta la città e quando stavamo insieme, li usavamo intorno alla casa, imitando la parlata alla radio che vedevamo nei film, e loro funzionavano alla grande. Grazie ai nostri genitori siamo rimasti amici da quando avevamo 10 anni.

Un fine settimana, mentre io stavo da Josh, mia madre mi chiamò per darmi la buonanotte; era abbastanza guardinga, anche se non poteva guardarmi, e anche se io ci ero abituato, Josh se ne accorse. Lei sembrava sconvolta.

Boxes era scomparso.

Doveva essere un sabato sera, visto che avevo passato la notte precedente da Josh, e visto che il giorno dopo sarei dovuto tornare a casa perché il Lunedì abbiamo scuola. Boxes mancava da Venerdì pomeriggio – immaginai che lei lo aveva visto l’ultima volta quando mi aveva accompagnato. Doveva aver deciso di dirmi che era scomparso perché se il gatto non fosse tornato prima di me io ne sarei rimasto devastato non solo per la sua assenza, ma anche per il fatto che lei me lo aveva tenuto nascosto. Mi disse di non preoccuparmi. “Tornerà. Lo fa sempre!”

Ma Boxes non tornò.

Tre settimane dopo, io ero ancora da Josh. Ero ancora triste per Boxes, ma mia madre mi disse che c’erano tanti animaletti che se ne andavano di casa per settimane o mesi, per poi ritornare da soli; disse che loro sapevano dove fosse la casa e che avrebbero provato a tonare. Lo stavo dicendo a Josh, quando un pensiero irruppe così violentemente nella mia testa che fermai la frase a metà per dirlo ad alta voce. “E se Boxes avesse pensato alla casa sbagliata?”

Josh era confuso. “Cosa? Vive con te. Sa dov’è casa sua.”

“Ma lui è cresciuto da un’altra parte, Josh. E’ stato cresciuto in un’altra casa, un paio di vicinati a fianco. Forse pensa ancora a quel posto come casa, proprio come faccio io.”

“Oooh, ho capito. Beh, sarebbe grande! Diciamolo a mio padre, così domani ci porta là e possiamo vedere!”

“No, non lo farà, amico. Mia madre mi ha detto che non possiamo più andare in quel posto perché i nuovi proprietari non vorranno essere infastiditi. Dice di aver detto a tua madre e a tuo padre la stessa cosa.”

Josh insistette, “ok, allora andremo in esplorazione domani e ci faremo strada verso la tua vecchia casa-“

“No! Se veniamo scoperti tuo padre lo saprà, e così mia madre! Dobbiamo andarci da soli… dobbiamo andarci stanotte…”

Non ci misi molto a convincere Josh, visto che lui è un tipo che di solito approva idee del genere. Ma non siamo mai sgattaiolati fuori da casa sua, prima di allora. Si rivelò essere incredibilmente facile. La finestra della sua stanza si apriva sul cortile sul retro e aveva una staccionata in legno che non era chiusa. Dopo aver superato indenni i due ostacoli, ci infilammo nella notte, con i walkie-talkie e una torcia in mano.

C’erano due vie per arrivare da casa di Josh alla mia vecchia casa. Potevamo andare per strada e fare il giro oppure potevamo tagliare per il bosco, impiegando metà del tempo. Se fossimo andati per la strada ci avremmo messo due ore, ma suggerii di andarci comunque; gli dissi che era perché non volevo perdermi. Josh rifiutò e disse che se fossimo stati avvistati, avrebbero potuto riconoscerlo e raccontarlo al padre. Minacciò di tornarsene a casa se non avessimo preso la scorciatoia, e io accettai perché non volevo andare da solo.

Josh non era a conoscenza dell’ultima volta in cui io andai in quel bosco, di notte.

Il bosco era molto meno spaventoso con un amico e una torcia, e stavamo anche procedendo alla svelta. Non ero proprio sicuro di dove fossimo, ma Josh sembrava abbastanza sicuro, e ciò rafforzò il mio morale. Passammo attraverso uno spazio particolarmente stretto tra due alberi, quando la cinghia del mio walkie-talkie si impigliò in un ramo. Josh aveva la torcia e io stavo lottando per liberarmi quando lo sentii dire,

“Ehi amico, vuoi andare a farti una nuotata?”

Guardai oltre il punto in cui lui agitava la torcia, anche se dovetti socchiudere gli occhi per farlo, perché in quel momento sapevo dove eravamo. Stava puntando a una piscina gonfiabile. Qui era dove mi ero svegliato nel bosco anni fa. Sentii un groppo in gola e il bruciore delle lacrime negli occhi, mentre continuavo a lottare per il walkie-talkie. Frustrato, diedi uno strattone talmente forte da liberarmi, mi girai e tornai a camminare con Josh che giaceva in parte nella piscina, in una posa simile ad un sottomarino. Mentre camminavo verso di lui, inciampai e quasi caddi in un buco bello grosso che stava nel mezzo della radura, ma riacquistai l’equilibrio e mi fermai giusto sul bordo. Era profondo. Ero sorpreso dalle dimensioni del buco, ma ero più sorpreso per il fatto che non me lo ricordavo. Realizzai che quella notte non c’era, perché si trovava nello stesso punto di quando mi svegliai. Uscii dalla mia mente e ritornai da Josh.

“Smettila di scherzare amico! Hai visto che ero intrappolato laggiù, e tu stavi qui a giocherellare con questa piscina!” Scandii la frase con un calcio ad una parte esterna della piscina. Uno stridio si alzò da essa.

Il sorriso di Josh si invertì. All’improvviso sembrava terrorizzato e si dimenava per uscire dalla piscina, ma non riusciva a sbrigarsi a causa del modo strano in cui ci giaceva. Ogni volta che ci ricadeva dentro, lo stridio aumentava d’intensità. Volevo aiutare Josh, ma non potevo avvicinarmi – le mie gambe non cooperavano; odiavo questo bosco. Presi la torcia che lui aveva lanciato mentre si agitava e la puntai contro la piscina, senza sapere cosa mi aspettava. Alla fine Josh uscì dalla piscina e mi raggiunse, guardando dove avevo illuminato con la torcia. All’improvviso eccolo lì. Era un topo. Iniziai a ridere nervosamente ed entrambi guardammo il topo scappare nel bosco e portare con sé gli stridii. Josh mi diede un lieve pugno sul braccio, il sorriso lentamente tornava sul suo volto e continuammo a camminare.

Affrettammo il passo e uscimmo dalla foresta più in fretta di quanto pensassimo, e ci ritrovammo nel mio vecchio quartiere. L’ultima volta che ero nei paraggi potevo vedere la mia casa completamente illuminata, e tutti i ricordi mi inondarono. Sentii un tuffo al cuore appena finalmente stavamo per girare l’angolo e ritrovarci davanti la facciata completa, ricordando come era illuminata l’ultima volta. Ma questa volta tutte le luci erano spente. Da lontano potevo vedere l’albero su cui mi arrampicavo, e non appena mi tornò alla mente quel ricordo casuale, realizzai che non sarei tornato qui stanotte se quell’albero non fosse cresciuto. Ero un po’ in soggezione per come tutti gli eventi si erano succeduti. Appena ci avvicinammo, potevo vedere che il prato era in condizioni terribili; non riuscivo nemmeno a capire quando fosse stata l’ultima volta in cui era stato potato. Una delle persiane era parzialmente rotta, e dondolava avanti e indietro per la brezza, e tutta la casa sembrava sporca. Ero triste nel vedere la mia vecchia casa ridotta in tale stato. Che importava a mia madre se infastidivamo i nuovi proprietari, se a loro importava così poco del posto in cui vivevamo? E allora capii:

Non c’erano nuovi proprietari.

La casa era abbandonata, anche se sembrava semplicemente dimenticata. Perché mia madre mi ha mentito al riguardo delle nuove persone che ci abitavano? Anche se capii che era una cosa buona. Sarebbe stato più facile cercare Boxes se non dovevamo preoccuparci di essere scoperti dalla nuova famiglia. L’avrebbe reso più veloce. Josh interruppe i miei pensieri mentre camminavamo oltre il cancello e verso la casa stessa.

“Amico, la tua vecchia casa fa schifo!” Josh urlò più forte possibile.

“Stai zitto, Josh! Anche così è sempre meglio di casa tua.”

“Ehi bello—“

“OK, OK, credo proprio che Boxes sia sotto la casa. Uno di noi due deve andare là sotto e andare a vedere, e l’altro dovrebbe rimanere vicino all’apertura nel caso lui scappi.”

“Fai sul serio? Non andrò mai là sotto. E’ il tuo gatto, amico. Lo fai tu.”

“Guarda, ti sfido a farlo. A meno che tu non sia troppo spaventato…” dissi tenendo il pugno in alto.

“Va bene, ma andiamo al ‘via’, non al tre. Facciamo ‘sasso, carta, forbice, VIA’, non ‘uno, due, TRE.’”

“So come giocare, Josh. Sei tu quello che si confonde sempre. E facciamo due su tre.”

Persi.

Mossi rapidamente il pannello che mia madre muoveva di solito quando strisciava là sotto per Boxes. Lo doveva fare solo un paio di volte, visto che il trucco della lattina aperta di solito funzionava, ma quando lo doveva fare lo odiava, soprattutto l’ultima volta, e mentre guardavo nell’oscurità di quello spazietto, apprezzai molto per questo. Prima che ci trasferissimo mi disse che alla fine era un bene che Boxes corresse lì sotto, a dispetto di quanto possa essere stata dura tirarlo fuori. Era meno pericoloso per lui rispetto al saltare oltre la recinzione e correre intorno al quartiere. Tutto questo era vero, ma continuavo ancora a temere tutto ciò. Presi la torcia e il walkie-talkie e iniziai a strisciare; un potente odore mi raggiunse.

Puzzava come la morte.

Accesi il mio walkie-talkie. Josh, sei lì?

Qui è Macho Man, torna indietro.

Josh, finiscila. Qua sotto c’è qualcosa di strano.

Che vuoi dire?

Puzza. Puzza come se qualcosa fosse morto.

E’ Boxes?

Spero proprio di no.

Spensi il walkie-talkie e mossi la torcia intorno mentre strisciavo in avanti. Guardando attraverso il buco, da fuori, si potrebbe vedere tutta la strada con la giusta angolazione della luce, ma devi entrare per vedere i supporti che sorreggono la casa. Direi che c’era circa il 40% dell’area che non si poteva vedere, a meno che non si fosse al di sotto, ma anche all’interno ho scoperto che potevo vedere direttamente dove la torcia era puntata; realizzai che questo avrebbe reso la ricerca ancora più difficile. Mentre mi muovevo in avanti l’odore si intensificava. La paura che Boxes fosse arrivato qui e che qualcosa gli fosse successo crebbe in me. Illuminai la zona circostante, ma non riuscivo a vedere altro. Avvolsi le mie dita attorno ad un supporto per spingermi in avanti e appena lo feci, sentii qualcosa che mi fece ritrarre la mano.

Pelliccia.

Il mio cuore palpitò e io mi preparai psicologicamente al peggio. Avanzai lentamente e puntai i miei occhi e la torcia oltre il blocco, per vedere cosa si trovava dall’altro lato.

Feci un balzo indietro, terrorizzato. “ODDIO!” urlai tremante. Era un’orribile e contorta creatura, malamente decomposta. La pelle del suo viso era marcita, il che faceva sembrare i suoi denti enormi. E la puzza era insostenibile.

“Cosa c’è? Stai bene? C’è Boxes?”

Raccolsi il walkie talkie.

“No, non è Boxes.”

“E allora che diavolo è?”

“Non lo so.”

Illuminai di nuovo quella creatura, questa volta con più calma. Soffocai una risata.

“E’ un procione!”

“Bene, continua a cercare. Io entrerò in casa per controllare che non sia riuscito ad entrarci, in qualche modo.”

“Cosa? No, Josh, non andarci. E se Boxes fosse invece quaggiù e scappasse via?”

“Non potrebbe. Ho rimesso il pannello al suo posto.”

Controllai e vidi che aveva effettivamente detto la verità.

“Perché l’hai fatto?”

“Non preoccuparti, puoi spostarlo facilmente. E’ logico, no? Se Boxes scappasse via e io non lo prendessi allora sarebbe perso. Se lui è laggiù allora acchiappalo e tienilo stretto, io arriverò di corsa a spostare il pannello, mentre potrai spostarlo da solo e uscire, in caso Boxes non si trovasse lì sotto.”

Erano decisamente delle prove convincenti, e io dubitavo comunque che Boxes fosse riuscito ad entrare dentro casa.

“Ok. Ma fa attenzione e non toccare nulla. Ci sono degli scatoli contenenti dei miei vecchi vestiti nella mia vecchia camera, puoi controllare se non è sgattaiolato in uno di quelli. E assicurati di portare con te il tuo walkie talkie.”

“Ricevuto, amico.”

Realizzai che doveva essere completamente buio dentro casa; l’elettricità sarebbe dovuta essere stata staccata, dato che nessuno pagava le bollette. Con un po’ di fortuna Josh sarebbe riuscito a vedere grazie alle luci provenienti da fuori – altrimenti non ho idea di come avrebbe potuto fare.

Poco dopo udii dei passi proprio sopra la mia testa, mentre dello sporco cadeva dal soffitto.

“Josh, sei tu?”

“chhkkkk Breaker, Breaker. Qui è Macho Man, di ritorno per il Tango Foxtrot. L’aquila è atterrata. Qual è la tua posizione, Principessa Jasmine? Passo.”

“Idiota”, pensai.

“Macho Man, sono nel tuo bagno, a guardare la tua scorta di riviste. Sembra che tu sia appassionato di sederi maschili. Qual è il tuo rapporto su ciò? Passo.”

Potei sentirlo ridere senza utilizzare il walkie talkie, e cominciai a ridere anch’io. Sentii i passi allontanarsi di poco – stava dirigendosi verso camera mia.

“Amico, è davvero buio qui dentro. Sei sicuro che ci fossero degli scatoloni di vestiti qui? Io non ne vedo.”

“Sì, dovrebbero essercene un paio proprio di fronte all’armadio.”

“Non ce n’è neppure uno, fammi controllare se magari hai lasciato le scatole nell’armadio, prima di andartene.”

Pensai che probabilmente, durante il trasloco, mia madre era tornata indietro per prendere i vestiti, e che magari li aveva dati via perché ero cresciuto troppo per usarli. Tuttavia ricordavo chiaramente di aver lasciato gli scatoli lì – Ne avevo anche lasciato uno aperto, perché dovemmo andare via di fretta.

Mentre attendevo notizie da Josh diedi un colpo alla mia gamba, che stava cominciando ad addormentarsi a causa della posizione in cui mi trovavo, e facendo ciò colpii qualcosa. Guardai alle mie spalle e vidi qualcosa di davvero strano. C’era un lenzuolo con intorno delle ciotole. Mi avvicinai strisciando. Il tessuto puzzava di muffa e la maggior parte delle ciotole era vuota, ma una conteneva qualcosa che riconobbi.

Cibo per gatti.

Era diverso da quello che davamo a Boxes, ma improvvisamente capii. Mia madre aveva messo su quel posto per Boxes, per incoraggiarlo ad andare lì, piuttosto che a scorrazzare in giro per il quartiere. Era molto sensato, e rendeva anche più probabile l’eventualità che Boxes fosse realmente tornato in quel posto.

“Sei un genio, mamma”, pensai.

“Ho trovato i tuoi vestiti.”

“Oh, bene. Dov’erano gli scatoloni?”

“Come ti ho detto, non ci sono scatole. I tuoi vestiti stanno nel tuo armadio… appesi.”

Sentii un brivido. Era impossibile. Avevo impacchettato tutti i miei vestiti. Nonostante non avremmo dovuto trasferirci per altre due settimane, ricordavo distintamente di averli messi negli scatoli e di aver pensato a quanto era stupido dover tenere i vestiti lì dentro e di tirarli fuori per rimetterli.

Li avevo messi negli scatoli, ma qualcuno li aveva rimessi nell’armadio. Perché?

Josh doveva assolutamente uscire di casa.

“Questo non va bene, Josh. Dovrebbero essere inscatolati. Smettila di curiosare in giro ed esci fuori.”

“Non scherzare, amico. Li sto guardando proprio ora, magari ti sei solo dimenticato di averli lasciati lì. Ahah! Ti piace decisamente guardarti, vero?”

“Cosa? Che vuoi dire?”

“Le tue pareti sono coperte da foto ritraenti te! Ahah. Ce ne sono a centinaia! Hai chiesto a qualcuno di—“

Silenzio.

Controllai il mio walkie talkie, sperando che si fosse spento in qualche modo. Nulla. Sentii dei passi, ma non capivo dove Josh fosse diretto di preciso. Continuai ad attendere che Josh finisse la sua frase, pensando che avesse pigiato per sbaglio il bottone di spegnimento, ma la frase rimase senza fine. Sembrava che stesse camminando in giro per casa.

Ero sul punto di chiamarlo, quando mi parlò di nuovo.

“C’è qualcuno in casa.”

La sua voce era molto simile ad un mormorio, ed era sul punto di scoppiare a piangere.

Avrei voluto rispondergli, ma non potevo sapere se l’altra persona mi avesse sentito attraverso il suo walkie talkie. Rimasi in silenzio ad ascoltare. L’unica cosa che riuscivo ad udire erano ancora passi. Passi pesanti, di qualcuno che si trascinava per casa. Infine un tonfo.

“Oh Dio… Josh.”, pensai.

L’aveva trovato; ne ero certo. Questa persona l’aveva trovato e gli stava facendo del male. Cominciai a piangere. Era il mio unico amico, insieme a Boxes. Improvvisamente realizzai: e se Josh gli avesse detto della mia presenza? Cosa avrei potuto fare? Mentre cercavo di ricompormi sentii la voce di Josh uscire dal walkie talkie.

“Ha portato qualcosa. E’ una grossa borsa. L’ha appena lanciata a terra. E… Oh Dio… La borsa… Credo che si sia appena mossa.”

Ero paralizzato. Volevo soltanto correre a casa. Volevo salvare Josh. Volevo chiedere aiuto. Volevo troppe cose, ma rimasi semplicemente lì, congelato dalla paura. Mentre rimanevo lì, senza riuscire a muovermi, i miei occhi misero a fuoco un angolo della casa che si trovava proprio sotto camera mia; vi puntai la torcia. Mi mancò il fiato.

Animali, dozzine di animali. Tutti morti. Si trovavano tutti impilati intorno al perimetro della casa. Boxes si trovava tra di loro? Era a questo che serviva il cibo per gatti?

Quella vista mi fece rinsavire. Dovevo uscire di lì, mi diressi verso il pannello. Provai a spingerlo via, ma non ci riuscii. Non potevo muoverlo, era incastrato, per poterlo smuovere avrei dovuto trovarmi dall’altra parte. Ero intrappolato. “Cristo, Josh!” dissi tra me e me.

Sentivo il rumore dei passi sempre più pesante sopra di me. La casa tremava. Sentii Josh urlare, e con lui urlò qualcun altro, ma senza paura.

Mentre continuavo a spingere sentii il pannello muoversi, ma sapevo che doveva essere qualcun altro a spingerlo via per me. Sentivo dei passi sopra di me e dietro il pannello, sentivo delle urla riempire gli attimi di silenzio tra un passo e l’altro. Mi feci indietro e impugnai il walkie talkie, pronto a difendermi come fosse un’arma. Il pannello si mosse e una mano cercò di afferrarmi.

“Andiamo, amico! Muoviti!”

Era Josh, grazie a Dio.

Uscii fuori con in mano la torcia e il walkie talkie. Quando raggiungemmo lo steccato, ambedue lo saltammo, ma il walkie talkie di Josh cadde. Provò a raccoglierlo, ma io gli dissi di lasciar perdere. Dovevamo andarcene il prima possibile. Alle nostre spalle sentivo ancora delle urla, niente parole, solo dei versi. Noi, probabilmente non molto intelligentemente, corremmo attraverso il bosco per arrivare a casa di Josh più in fretta, e per essere in qualche modo più difficili da raggiungere. Durante tutto il ritorno Josh non fece altro che urlare.

“Una foto! Mi ha fatto una foto!”

Ma io sapevo già che l’uomo aveva una sua foto – dopo tutti quegli anni al fosso. Pensai che Josh fosse ancora convinto che quei suoni meccanici provenissero da un robot.

Tornammo da Josh e andammo in camera sua prima che i suoi genitori si svegliassero. Gli chiesi della grossa borsa, gli chiesi se davvero si era mossa. Disse che non ne poteva essere sicuro.

Continuò a scusarsi per aver perso il walkie talkie, ma ovviamente non era un gran danno.

Non andammo a dormire e controllammo attraverso la finestra che quell’uomo non ci avesse seguito. Io tornai a casa tardi quel giorno, dato che si erano già fatte circa le 3 di mattina.

Raccontai questa storia a mia madre qualche giorno fa. Si è arrabbiata da morire a causa dei pericoli che ho corso. Gli ho chiesto come mai inventò tutte quelle cose sul non disturbare i nuovi proprietari per non farmi tornare nella vecchia casa – Perché pensava che quella casa fosse così pericolosa? Si arrabbiò ancora di più, sfiorando l’isteria, ma almeno ha risposto alla mia domanda.

Mi ha preso la mano e l’ha stretta con una forza che non credevo possedesse, fissandomi negli occhi, sussurrando, come se fosse preoccupata che qualcuno potesse sentirla:

“Perché io non ho mai messo quel fottutissimo lenzuolo e le ciotole sotto casa per Boxes. Non sei l’unico ad averli visti e ad esserne rimasto scioccato.”

Mi è venuta la nausea. Ora capivo tutto. Capivo perché era così strana quando ritrovò Boxes sotto la casa il nostro ultimo giorno lì; aveva trovato molto più che ragni o una tana di un ratto. Ho capito perché siamo partiti quasi due settimane prima del previsto. Ho capito perché voleva impedirmi di tornare indietro.

Lei sapeva. Sapeva che lui abitava sotto la nostra casa, e me lo tenne nascosto. A mia mamma non raccontai tutta la storia, ma ora voglio terminarla per voi.

Quando tornai da casa di Josh mi spogliai e lanciai la mia roba in giro; non m’importava dell’ordine, volevo soltanto dormire. Mi svegliai intorno alle 9 di sera, udendo il miagolio di Boxes. Il mio cuore fece un sussulto. Finalmente era tornato a casa.

Mi sentivo un po’ male al pensiero che se solo avessi aspettato un po’ di più non sarebbe accaduto nessuno degli eventi di quella notte e avrei comunque rivisto il mio Boxes, ma non m’importava; era tornato.

Saltai già dal letto e lo chiamai, cercando la luce dei suoi occhi nel buio. Li continuò a miagolare e io seguii quel verso. Veniva da sotto il letto. Sorrisi pensando che avevo appena cercato in lungo e in largo, mentre lui era così vicino. Il suono era soffocato da una maglietta, così la tirai via e urlai: “Bentornato a casa, Boxes!”

Il verso proveniva dal mio walkie talkie.

Boxes non fece mai ritorno a casa.

Leggi Mappe per continuare la storia

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.