Home » Clockwork

Clockwork

 
La maggior parte delle storie, tranne quelle nella categoria "Scritte da me" o "Scritte da voi" sono prese dal sito Creepypasta Italia Wiki

Per trentadue minuti e mezzo John Nell era rimasto seduto alla scrivania a fissare il foglio bianco che aveva davanti, sperando che presto delle parole lo avrebbero riempito. No, nessuna parola venne dal Signor Nell, perché non c’erano parole nella sua piccola testolina. Le sue fantasie più sfrenate ora consistevano di per sé in pensieri grigi e immagini dalla forma confusa, cose che un tempo avevano una certa importanza nella sua vita; i numeri di cui aveva bisogno per quella relazione prevista per martedì prossimo, per vincere il torneo di domenica, erano la sua unica preoccupazione.

Le luci della vita di John Nell non erano altro che tremolanti candele a miglia di distanza l’una dall’altra e ogni parte del cervello di Nell, che poteva essere considerata interessante ed eccezionale, era stata accuratamente ricucita da una piccola donnina vestita di nero, quando era ancora in via di sviluppo. E’ stato, poi, eccezionale, che il Signor John H. Nell, sia stato l’unico ad incappare in un vecchio segreto, in un segreto a cui nessuno avrebbe creduto che lo avesse scoperto, a cui ancor meno avrebbero creduto che ce l’avesse fatta. Fortunamente, il Signor Nell, non avrebbe potuto dichiarare le sue sconvolgenti scoperte, perché non sarebbe più stato vivo passate le 11.47 di quella sera.

L’orologio di John era un pezzo antico, era un orologio il cui ronzio continuo era sovrastato da un serie monotona di click e tick. John pensava che quell’orologio era una mera rappresentazione della sua stessa vita. Dopo alcuni minuti passati a fissare quel pezzo di carta sbiadito e ingiallito dagli anni e da una cattiva conservazione nella casa di un fumatore, John decise di alzarsi in piedi. E’ del tutto probabile che, se lui non si fosse mai alzato da quella sedia, avrebbe avuto ancora la possibilità di rialzarsi il giorno successivo. Ad ogni modo, pare che fosse inevitabile per John alzarsi in quel momento, come era inevitabile che l’orologio dovesse rintoccare, quando furono le 11.00 e allora, per John era arrivato il momento di preparsi per andare a dormire.

John adesso indossava il suo pigiama. Si avviò verso la buia cucina della sua casa a un unico piano, se poteva essere definita una ‘casa’. Mentre si dirigeva verso il frigorifero, per prendere un po’ di latte inacidito dal tempo o dell’acqua al sapore di ruggine, John avvertì un rumore. Un rumore strano. Un rumore che, di solito John era abituato a sentire a quest’ora della notte. No, questo non era il rumore familiare del suo vicino di casa, O’Leary, che stava picchiando sua moglie facendola andare a sbattere contro i sottili muri del suo appartamento, questa, questa era un musica un po’ più dolce.

Il Signor Nell udì la familiare tornitura metallica, udì le morbide catene raschiare contro le vecchie pulegge, John, udì il suono di una porta che si stava aprendo. – Dev’essere la tv del vicino. – disse John a sè stesso. Questo pensiero lo accontentò per un po’.

Ma no, pensò, dopo aver preso un sorso di birra annacqua decise che era meglio bere un bicchier d’acqua, che di acqua non aveva lontanamente il sapore, no, quel suono continuò, e non aveva il familiare ronzio di qualsiasi altra televisione che poteva udire da fuori, dal negozio che vendeva elettrodomestici affianco casa sua. John si interruppe, smettendo di bere, e iniziò a concentrarsi su quel suono, quanto più poteva, e fu in quel momento, che iniziò a sentire dei sussurri.

Deboli, erano veramente molto deboli quando li sentì la prima volta. Non riusciva a capire le parole, o le singole frasi e quindi figuriamoci le frasi più complesse. Ma il suono prese a crescere, i sussurri iniziarono a farsi più forti e così anche il suono delle catene e il ticchettio degli ingranaggi, i suoni stavano crescendo al pari dei suoi timori. John si stava domandando, a volte solo nella sua testa e altre volte a voce alta, si stava domandando se stava per arrivare qualcosa o succedere qualcosa. E mentre si domandava queste cose, iniziò a sentire delle parole dietro ai sussurri.

Ma quelle non erano solo parole, no, per lui non lo erano. Per lui, erano immagini, erano figure, Per lui, ogni singola parola si materializzava vividamente nella sua testa, ormai consapevole che una delle sue più grandi paure si sarebbe presto realizzata.

Si coprì le orecchie, ma il suono continuava ininterrotto a torturare le sue orecchie, e non solo quelle. Iniziò ad avvertire una presenza. Sentì che le parole e il ticchiettio meccanico, erano in prefertta sincronia col metronomo del suo orologio. 11.36, lesse, ma quei numeri non aveva senso per lui. John Nell urlò, corse contro il muro e iniziò a sbatterci contro la testa, solo per tentare di svuotarla da quelle parole senza significato. E poi, dopo che il Signore Nell si era arreso e seduto tranquillo di fronte alla sua lattina di birra quasi terminata, erano le 11.42, e tutto si fermò.

Tutto si fermò per un istante. Il rumore degli ingranaggi, il ticchettio dell’orologio, il battito del suo cuore, il movimento dell’orologio, tutto quanto si era fermato. John sentì un altro rumore – no – John udì il grido lancinante del metallo sul metallo e anche John gridò. Non poteva dire quale dei due fosse stato più terrificante.

John Nell, il trentaduenne co-manager di Fonz-Deli: John Nell, l’ex-campione di sollevamento pesi che poteva sollevare fino a duecentotrentadue chilogrammi, ora, era diventato il campione di abbuffate di hot-dog; John Nell, l’uomo che passò due mesi in prigione per aver spacciato droga. Corse con le sue gambe tozze a nascondersi dietro al letto e pianse.

Il suo pianto non poteva soffocare l’urlo del metallo, nè poteva impedire l’inevitabile che di lì a poco si stava per verificare. All’urlo, come poté sentire John dall’altra parte del materasso, si era aggiunto uno strillo. Un suono che gli aveva fatto tornare in mente il ricordo del gatto della sua famiglia, che avvicinandosi troppo al camino acceso, aveva finito per diventare un mucchietto di cenere. John, si domandò se anche lui sarebbe diventato un mucchietto di cenere, e alle 11.44, John si chiede che cosa si domanderebbe un mucchio di cenere? I pensieri di John furono interrotti da un suono di passi.

L’orologio aveva ancora una volta ripreso il suo ticchettio. Con esso, i passi si muovevano. Solidi, pesanti, ma veloci, seguivano in perfetta sincronia il ticchettio dell’orologio. John, fissò oltre le lezuola ingiallite del suo letto, l’entrata della sua cucina, assieme al movimento dei passi, John vide un’ombra sinistra venire verso di lui. I suoi occhi si spalancarono, ma i suoi passi non accelerarono, no, i passi di John erano perfettamente sincronizzati al vuoto ticchettio dell’orologio. Le sue mani si spostavano da una posizione all’altra, mai accelerando o rallentando, in sincronia coi ticchettii. L’orologio segnava le 11.46 e John, sapeva che mancava un minuto alla sua fine.

I pesanti passi continuavano ad avanzare verso la sua porta, e con loro, il grido, si fecero sempre più forti. Le lacrime di paura gli stavano rigando le guance, ma John non si poteva muovere. Paralizzato dalla paura o forse dalla curiosità o un misto terrificante delle due, John guardò il diavoletto di acciaio che si stava facendo strada verso di lui. I suoi occhi erano completamente rossi, brillavano di una gioia malvagia e di una terribile curiosità. La creatura ancora una volta fece un passo invisibile, così come l’orologio compì un passo inevitabile. L’orologio si mosse precisamente verso la sua inevitabile destinazione. John, allora, pensò che dovesse essere la morte venuta a prenderlo. Questo deve essere il modo in cui tutti coloro che hanno peccato, muoiono. John guardò come colui che gli avrebbe preso la vita si stava avvicinando, anche se dopo, John ne era sicuro, dopo un altro minuto avrebbe seguito un altro giorno. John si alzò e con gli ultimi quindi secondi dell’orologio, la creatura stava compiendo i suoi ultimi quindici passi per arrivare alla sua vittima.

Con un passo la creatura trafisse il cuore di John, con le sue dita affilate a forma di trapano. Il corpo di John fu lasciato lungo disteso sul letto, l’espressione nella sua faccia era congelata, nell’amara consapevolezza, che lui sarebbe dovuto essere morto, dal giorno stesso in cui era nato.


Questa storia è stata tradotta da Wicked69Soul

 

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.