Ero li quando il suo cuore cessò di battere. Mio nonno era disteso su un lettino di un ospedale, ormai in coma da più di un mese. Ho sempre pensato che si sarebbe ripreso, d’altronde aveva solamente 70 anni. Invece mi sbagliavo. Morì il 6 giugno del 2002, per arresto cardiaco. Un emozione sinistra vi era impressa sulla sua faccia, non saprei spiegarla. Sembrava un sorriso, ma era triste, quasi malinconico. Aveva sempre quei capelli grigiastri mal pettinati, quel viso pallido. Quell’espressione mi ricorda una sua storia.
Avevo 8 anni quando me la raccontò, e ancora me la ricordo come se me l’avesse raccontata ieri. Mi disse che la morte era solo l’inizio, che c’era qualcos’altro dopo. Era il minuscolo inizio di un’infinita fine. Al pronunciar di quella frase mi vennero i brividi, anche se non sapevo cosa stesse dicendo, essendo solamente un bambino. Ma ricordo l’espressione con cui disse questa frase. Un’espressione felice, ma triste allo stesso tempo.
Una settimana dopo si svolsero i funerali, vi erano tutti i parenti, alcuni non sapevo nemmeno chi fossero. Mentre gli altri piangevano, a me stranamente non usciva una lacrima. Perché sapevo che nonno stava in un’altra parte, felice. Forse meglio di quanto sia stato qui sulla Terra.
Un anno fa nacque mio figlio. Il giorno del battesimo mia madre decise di scattare una foto con me che tenevo il bambino, e un po’ di parenti attorno, nella chiesa. Rabbrividii quando vidi uno strano dettaglio di quella foto. Un volto somigliante a quello di mio nonno era presente fra me e Giulia, mia moglie. Non sembra affatto felice, sembra triste, anzi… più che triste arrabbiato. E fissa con quei due invisibili occhi mia madre, che tiene in mano la fotocamera.