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Frank-No-Jaw

 
La maggior parte delle storie, tranne quelle nella categoria "Scritte da me" o "Scritte da voi" sono prese dal sito Creepypasta Italia Wiki

 

16 Gennaio 1936
Albert fish, è morto.
8 Agosto 1973
Dean Arnold Corll, è morto
24 Gennaio 1989
Theodore Robert Bundy, è morto.

Già da tanto il piccolo Frank Lichenstein collezionava foto di serial killer e sul retro ne scriveva la data del decesso. Aveva questo particolare interesse, provava piacere nel conoscere la disfatta di tali soggetti. Di questa sua ossessione, nessuno ne era al corrente. Neanche la madre: Penelope Leonard, sposata con un imprenditore nonché erede di una delle più prestigiose e altolocate famiglie di Londra: Alfred George von Lichenstein.
Frank è stato abituato fin da subito a frequentare gente di qualsiasi classe sociale e, il più delle volte, a ragazzini provenienti da famiglie ridotte al lastrico.
Le giornate di Frank erano la classica routine ripetuta più e più volte.
Si svegliava alle 6:00, nessuna cameriera le portava la colazione al letto, lui stesso scendeva le scale enormi dell’altrettanto maestosa villa dei suoi genitori, faceva colazione e andava con il padre a fare escursioni nei boschi.
Il padre di Frank, Alfred, era un tipo taciturno con un aura estremamente seriosa e oscura che lo avvolgeva, non era solito sgridare o rimproverare suo figlio. Bastava un solo sguardo, incredibilmente profondo e pauroso, da far rabbrividire Frank. Tanto bastava a scusarsi e a pensarci due volte prima di compiere qualche guaio.

Ma questo non implicava a non svolgere appieno il ruolo di padre, anzi Frank era molto devoto a lui e, nonostante le apparenze, esso era molto generoso e non manacavano momenti di puro svago e divertimento.

Finita l’escursione in natura, Frank ritornava nella sua residenza, pranzava e il pomeriggio dopo aver passato quelle 4 ore con l’insegnante, usciva fuori e si incontrava con gli amici.
Appena finiva, ritornava a casa a guardare un bel film con i propri genitori. Quando l’ora era tarda, la madre di frank lo invogliava ad andare a letto. Lui, e di questo i suoi ne erano orgogliosi, non batteva ciglio e andava sparato verso la sua camera, dando la buonanotte mentre saliva le scale.
Si infilava subito nel letto, sicuro di non esser visto a continuare la sua collezione di foto di tutti i serial killer. Finché una notte, del 3 settembre 1999, successe quel che non doveva succedere.
Ronald Poner, amico fidato di Frank lanciava delle pietre sulla finestra della camera da letto di lui. Modo classico per svegliare qualcuno. Ma quella notte Frank non riusciva a dormire e sobbalzò non appena sentì quel ruomore.
Raggiunto l’amico, frank chiedeva spiegazioni. Ronald disse che era riuscito a vedere un serial killer mentre commetteva un delitto. E che molto probabilmente il giorno dopo lo avrebbe fatto di nuovo.
Frank incuriosito da questa vicenda disse che la sera successiva si potevano incontrare perché frank voleva riuscire a scattare una fotografia a questo fantomatico assassino.
Accordati, si congedarono e frank tornò nel sua camera, riuscendo a prendere sonno.
La sera seguente i due si incotrarono nel luogo stabilito, ovviamente tutto all’oscuro dei genitori. Frank riuscì a trovare un modo per farsi dare una macchina fotografica e aspettarono appartati l’arrivo del killer.
Rimasero ad aspettare per 3 ore. Dalle 21:35 alle 00:33.
Frank era ormai scettico, non sapeva più se credere o meno alla storia di Ronald. Così domandava spiegazioni, cosa che l’amico non sapeva dare. Quando tutto sembrava perduto, ecco che una mistica ombra tetra apparì all’orizzonte.
Ronald per pochi istanti sobbalzò, rischiando di far saltare la copertura. Fortunatamente nessuno si accorse di nulla. La strana ombra si diresse verso un negozio di liquori, poi dopo pochi istanti uscì da questo in compagnia di una bella donna con un cappotto di leopardo, con pelliccia maculata.

Essi si stavano dirigendo verso un vicolo cieco, e Frank domandava a Ronald del perché la ragazza non se ne accorgesse. Lui rispose sonnecchiando. Si era addormentato.
Frank si caricò di coraggio e pedinò i due. Rimase dietro l’angolo per osservare la scena.
La donna veniva soffocata a mani nude dal misterioso essere.
Una volta accasciata al suolo venne trafitta da moltissime coltellate. Frank ne contò 55. E stranamente non sembrava ne sorpeso, ne intimorito dalla scena raccapricciante che stava accadendo davanti ai suoi occhi, anzi, provò eccitazione. Appena il killer si girò riuscì a scattargli anche una foto e a fuggire. Lasciando Ronald in quel posto a dormire.
Tornò a casa molto entusiasta e allo stesso tempo confuso, perché non era mai stato interessato a ciò, bensì solo a collezionare foto di serial killer, e non credeva che assistere ad un omicidio fosse così bello.
Era una cosa estremamente particolare ma allo stesso tempo interessante per lui. Così ogni notte, quando tutti erano a dormire, si dirigeva sempre sullo stesso posto, osservando le innumerevoli vittime che il killer uccideva. La cosa accadeva sempre nello stesso modo: soffocamento e accoltellamento. A volte era una donna, a volte un uomo e a volte un vecchio. Dopo che la misteriosa persona che compiva l’assassinio aveva finito, Frank gli scattava una foto e scappava.
Una sera in particolare, Frank si diresse ancora una volta sul luogo dove lì vicino avvenivano i delitti. Aspettò che il killer uscisse dal locale di liquori per poi pedinarlo finché non arrivava a quel famoso vicolo cieco.
Aspettò impazientemente di vedere l’atto compiersi. Ma, questa volta, non stava succedendo nulla. Rimase molto sorpreso e si domandava tra se e se cosa si stavano dicendo il killer e la vittima, finché, dopo un po’, non si girarono ritornando indietro iniziando a correre.

Frank pensava di essere stato visto. Non si sbagliava. Il killer lo aveva scoperto.

Iniziò quindi a correre anche lui cercando di seminare il killer e l’altra persona. Girò per tutte le strade e i vicoli di Londra, finché non trovò un bidone e decise di nascondersi all’interno di esso.
Dopo un po’ che era lì dentro, sentì dei passi provenire da entrambi i lati del vicolo. Il cuore palpitava all’impazzata e lui non poteva far altro che sperare di non esser trovato.
I passi si facevano sempre più veloci e sempre più vicini a lui.
Quando ad un certo punto, cessarono.
Frank tirò un sospiro di sollievo, pensando di essere sfuggito.
Ma così non fu. Infatti il coperchio del bidone si aprì e il piccolo Frank, che a soli 16 anni non poteva fare nulla, venne sollevato da uno dei due.
Uno era un uomo vecchio, rachitico e insultava il ragazzo.
L’altro era un uomo alto, giovane e possente.
Allora questi due si rivolsero al giovane, domandandogli cosa ne dovevano fare di lui.
Improvvisamente Frank, a istinto, disse: “VOGLIO DIVENTARE UN KILLER! UN ASSASSINO,VOGLIO UCCIDERE LE PERSONE” rivolgendosi al vecchio.
Appena pronunciò questa frase i due scoppiarono a ridere, per poi dire a Frank che ha sbagliato principalmente due cose:
La prima è che il vecchio non era il killer, la seconda è che non si può imparare a diventare un assassino.
Allora lui incredulo iniziò a piangere. Sperava con tutto il cuore di diventare un killer come loro due.
Il giovane si rivolse nuovamente a Frank, dicendo che un modo per intraprendere questa strada ci sarebbe.
All’udire di queste parole Frank smise istantaneamente di piagnucolare interessato solo a sentire quello che stava per raccontargli.
Il giovane gli spiegò che per essere assassini bisognava compiere un qualcosa che ti separi completamente dalla tua concezione di bene. Tranne un assassinio. L’assassinio è l’atto finale che, per i killer, completa l’essere umano e lo trasforma in un mostro.
L’azione che il giovane spiegò a Frank era di mentire completamente ai propri genitori. Doveva imbrogliargli così tanto che essi non saprebbero più se i loro figlio diceva la verità o meno.
Frank all’inizio non riusci a dare una risposta, ma dopo qualche istante accettò.
I due lo lasciarono andare, non preoccupandosi minimamente di essere denunciati. Qualcosa nella testa del giovane diceva che di quel ragazzo ci si poteva fidare.

Frank impegò mesi per perfezionare storie totalmente false su quello che faceva con i suoi amici, ogni minimo dettaglio era perfetto.
E iniziò a raccontare gli inganni ai propri genitori.
Raccontò che Ronald era omosessuale e follemente innamorato del padre.
Racconto che Peter aveva insultato la madre, l’aveva sputata e l’aveva vista fare sesso con suo marito, e mentre essi lo facevano Peter osservava.
E tante altre cose.

La madre si preoccupò tantissimo di ciò e così iniziò una lunga discussione con Alfred sul perché il figlio doveva frequentare tale gentaglia. Non era da lui comportarsi in questo modo. Il padre andò dalle famiglie, credendo, visto che erano disperate, che quel che succedeva era frutto di continuo malessere. Cosa ovviamente non vera. Appena seppe che tutte le storie che aveva raccontato Frank erano state inventate. Alfred si infuriò come non mai.

Si precipitò a casa, interruppe la normale lezione che stava facendo Frank scaraventandolo a terra e picchiandolo a sangue. Mai il figlio lo aveva spinto a tanto, ma il padre odiava con tutto se stesso le bugie.
Mentre faceva ciò Frank piangeva chiedendo al padre di fermarsi. Ma solo l’intervento di Penelope, la madre di Frank, riuscì a calmare il padre. Il quale si rivolse a Frank minacciosamente che se avesse ripetuto questa vicenda le cose andrebbero molto peggio.

Frank tornò in camera sua, riflettendo su quello che aveva combinato e, stanco e sfinito, andò a dormire.
Per 2 mesi non andò più nel luogo dove avvenivano le uccisioni e bruciò tutte le sue fotografie di serial killer, eliminando completamente queste cose dalla sua vita.
Passano 10 anni da quel triste evento.

Agosto 2009.
La famiglia Lichenstein si era trasferita in Italia. Gli affari del Sig. Lichenstein andavano bene e ormai Frank era diventato uomo.
Si era anche fidanzato, e lavorava con il padre nella ditta di famiglia.
Un giorno il padre chiese al figlio di accompagnarlo a fare delle compere, e Frank senza esitare accettò volentieri l’invito del padre.
Arrivarono ad una strada trafficata e si fermarono su un negozio di liquori.
Frank si bloccò e il suo cuore palpitò.
Nella sua mente un miliardo di ricordi riaffiorarono, come centinaia e centinaia di immagini che appaiono davanti agli occhi. Dopo questo breve momento, il padre svegliò Frank apparentemente imbambolato, per dirgli che gli serviva una mano a portare tutti gli scaffali di alcool sul camion di un impiegato che lavorara per Alfred.

Finito di compiere questa piccola faccenda Frank fumò una sigaretta aspettando il padre, che nel frattempo si intratteneva a parlare di lavoro con alcuni suoi coleghi.
Mentre fumava, il ragazzo ricordò della suo macabro episodio che avvenne quando aveva poco più di 16 anni, e questo scatenò in lui una serie di reazioni a catena che lo invogliarono a continuare la sua “missione”. Ovvero quella di staccarsi completamente dal concetto di bene.
Ritornato a casa la notte rimuginava su quel che era accaduto con il padre.
Così decise che doveva continuare a imbrogliare.
E lo doveva fare più accuratamente.
S’ingegnò, tutta la notte. Per poi complire il giorno successivo.

Alfred tornò a casa dopo il lavoro, e discusse con Penelope sul perché alcuni suoi impiegati fossero stranamente allegri e ridaroli in quel giorno.
Non sapeva minimamente cosa accadeva alle sue spalle, ma non ci fece tanto caso.

Passò un altro giorno e Frank trovò una scusa per parlare con il padre. Dicendogli che aveva scoperto perché i propri impiegati ridevano. Disse che era stata Penelope a raccontare di nascosto come lui facesse sesso e che non era in grado di arrecargli piacere, tanto che preferiva persino il cuscino, ed era anche per questo che tutte le volte che finivano l’atto sessuale lei si chiudeva inspiegabilmente nella camera.
Il padre aveva riacquistato tutta la fiducia nel figlio in questi anni e così in preda all’ira il giorno dopo sapeva che doveva farla pagare a tutti.
Si diresse a lavoro e licenziò metà del suo staff, poi tre quarti dei suoi dipendenti compresi tutti i loro fattorini.
Tornò a casa ancora infuriato e litigò tantissimo con sua moglie, che spiegava inutilmente a lui che tutto quel che diceva era falso.
Penelope, mentre litigava con Alfred, pensava al vecchio episodio che capitò al figlio circa 10 anni fa. Alfred rimase un po’ stranito da ciò quindi andò nella stanza del figlio e, rivolgendosi ad esso, gli disse:
“Figliolo, è vero? Mi hai mentito?”
Frank sapeva, ed era pronto a dire e fare quel che andava fatto.

“Si papà ti ho mentito, scusami tanto” Iniziò una lunga discussione tutta inscenata da Frank per farsi perdonare dal padre.
Inventò che aveva perso fiducia nella sua ragazza, e tante altre cose.

Stranamente Alfred lo perdonò.

Frank continuò così per tanto tempo.
Inventava storie e si scusava, inventava storie e si scusava.
I genitori non sepperò più cosa fare.

Finché non calcolarono più Frank. E non lo prendevano più sul serio.

Arrivato a questa conclusione. Frank era pronto.
Si distaccò totalmente dalla sua famiglia e viaggiò a Londra.
Dove sperava di incontrare nuovamente una sua vecchia conoscenza.
Arrivò alla città e aspettò la notte. Si diresse verso il vicolo vicino al negozio di liquori, sperava di aver beccato la serata giusta.
Dopo poco una figura molto familiare a lui uscì dal negozio di liquori per dirigersi verso un vicolo.
Lui lo fermò e disse:
“Ho fatto quel che mi hai detto. Ho cancellato la mia concezione di bene, ora insegnami ad uccidere”
Il signore ormai non più giovane rispose:
“Ce ne hai messo di tempo eh giovanotto. Vieni con me, ti mostro una cosa”

I due si diressero verso un’abitazione. All’apparenza ben illuminata e accogliente, ma all’interno buia, fatiscente e maleodorante.
Frank entrò e le porte si chiusero subito dietro di lui e non facendo in tempo venne bloccato da un uomo alle sue spalle.
Il signore-assassino si avvicinò a lui e disse:
“Ooh ma che bello specchio dietro di te”
Frank rispose:
“Ma cosa significa questo? E che cosa centra questa frase?”
Il signore:
“Nulla, sta zitto”
Frank venne fatto svenire.
Al risveglio non riusciva a parlare, era senza mascella.
Lo shock era così forte che inziò a dare i numeri.
Non riusciva a controllarsi.
Si buttò dalla finestra per “liberazione” ma fortunatamente i cespugli attutirono la caduta, senza risparmiargli una gamba fratturata e un braccio penzolante.
Frank iniziò a fuggire, la caduta lo aveva fatto ritornare lucido.

Dopo 2 ore di camminata, zoppicando, con un braccio rotto e senza mascella finalmente trovò una strada, era sfinito tanto che non si curò di stare attento al traffico e continuò a camminare, finché non venne investito.
Nonostante ciò, miracolosamente era ancora vivo.
Fu portato in ospedale dal signore che lo aveva investito.
I medici non potevano credere che era ancora vivo, dopo tutto quello che aveva passato.
Ed era solo quel che si vedeva.
La spalla era piena di tagli e cuciture fatte in malomodo, ma nonostante ciò la più grande perdita di frank era la mascella.
Dissero i medici che le probabilità che una persona sopravvivesse a tutto ciò erano inferiori al 0,1%, quindi Frank era stato estremamente più che fortunato.
Passò un anno per uscire completamente in forma dall’ospedale. Imparò a comunicare con i medici tramite degli apparecchi inizialmente, per poi imparare il linguaggio dei segni.
Strana fu la scelta di frank. Dopo avergli impiantato protesi, lui se le toglieva sempre, anche in modo abbastanza macabro. Squarciandosi la pelle di proposito.
Ogni volta che i medici cercavano di impiantargliene una lui si dimenava e minacciava di uccidersi nel sonno se gliela facevano. O che se lo avessero fatto comunque nonostante la sua minaccia si sarebbe tolto la vita ugualmente una volta uscito dall’ospedale e, se provavano a fermarlo o ad avvertire qualcuno di questa cosa, avrebbe compromesso l’intero ospedale, rivelando a tutti che il figlio di Alfred G. Von Lichestein era in quelle condizioni in un ospedale. Se questa notizia fosse stata trapelata, tutti avrebbero perso il lavoro. Quindi non c’era niente da fare se non stare alle richieste di Frank che decise di rimanere senza mascella.

Ritornò dopo pochi giorni dall’uscita dell’ospedale a quella strana abitazione, dove vi era quel killer che tanto aveva rovinato la sua vita, con l’intenzione di vendicarsi.
Entrò e trovò tutto spento.
Cercava in lungo e in largo dove si fosse cacciato, ma inizialmente non lo trovò.
Salì le scale e cercò nel secondo piano, trovando uno specchio, con una frase incisa sopra:” Ooh, it’s a beautiful mirror!”

Non ci fece molto caso, e continuò la ricerca del suo odioso “amico”. Arrivò al terzo piano abbastanza stanco, e si riposò su un divano. Svegliandosi apparve istantaneamente il killer che lo prese per la gola e lo iniziò a strangolare, strangolava talmente tanto forte che Frank non riusciva a liberarsi.
Cercò qualcosa per colpire l’assassino, un coltello un qualcosa per ferirlo o ucciderlo, ma niente. I respiri si facevano sempre più lenti e faticosi, le braccia stavano cedendo. Frank stava morendo.
Non riusciva più a tenere gli occhi aperti, era sfinito.
Poi.
Lentamente.
Lì chiuse del tutto.
Frank Lichenstein morì. Il 23 Ottobre 2010, per soffocamento.

Si dice che lo spirito di Frank appaia a chi dice tante bugie, dentro uno specchio in ottimo stato. Dal 2010 fino ad oggi molta gente ha paura di abbassare lo sguardo per poi rialzarlo vicino ad uno specchio per non ritrovarsi Frank dietro.


~Emanuele T. Slot

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