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Prigionia

 
La maggior parte delle storie, tranne quelle nella categoria "Scritte da me" o "Scritte da voi" sono prese dal sito Creepypasta Italia Wiki

Entro nella mensa, un giorno come gli altri. La mia uniforme si confonde con quella degli altri, tutti indistinguibili se non per il colore della pelle o il taglio di capelli. Prendo un po’ di pollo e mi siedo di fronte al mio amico. Siamo disposti in tavoli lunghi, tutti con cibi poco differenziati: pollo, insalata e qualche strana zuppa. Non parlo molto, né durante il pranzo né nelle altre ore del giorno.

Finito il pranzo, siamo soliti riunirci in delle sale per discutere di argomenti vari. Oggi abbiamo discusso su qualcosa riguardo l’inquinamento, non ho ascoltato molto, come al solito.

La notte torniamo nelle nostre celle. Il mio compagno è un tipo abbastanza tranquillo, lo considero un amico giusto perché è la persona con cui passo la maggior parte del mio tempo. Non parlo molto con lui, di solito ascolto e basta. Lui parla e come, di qualsiasi argomento si possa parlare. Non lo trovo noioso, anche se a volte mi perdo nei suoi discorsi e finisco per pensare alla mia famiglia.

Ci è concesso di vedere i nostri parenti quattro volte al mese, una volta a settimana. Quando incontro mia madre mi tolgo l’uniforme, mi metto dei vestiti normali. A volte dormo anche a casa sua.

Per quanto riguarda mio padre, non ho dei buoni rapporti con lui, non lo vedo da parecchio tempo. Lui e la mamma non vivono più insieme, non chiedo mai di lui. Mamma diceva che era un uomo cattivo. Io non voglio sapere.

Entro nella stanza, un giorno come gli altri. Stavolta parliamo dei diritti delle persone. Ascolto giusto un po’ all’inizio, mi perdo facilmente nei discorsi.

Sento dei bisbigli e delle risate nella mia distrazione. Non ho mai amato ridere, non capisco come la gente faccia a divertirsi, nulla di tutto ciò che le persone “normali” fanno per divertirsi mi attrae.

“Carl, sei con noi?”

Scuoto la testa, vedo tutti i compagni che mi fissano, guardo l’uomo che stava parlando. Faccio un cenno. Lui continua la sua discussione.

Finita questa tortura di parole, andiamo fuori a fare dello sport. Non amo lo sport, mi limito a guardare.

Entro nella cella, una notte come le altre. Il mio compagno di stanza dorme per terra, non so perché ma hanno messo solo un letto, e lui insiste a non volerci dormire sopra.

Ogni tanto decido di non prendere le medicine, per vedere com’è il mio mondo.

Stasera le prendo. Ho intenzione di evadere da questa prigionia. Voglio vivere nel mondo “normale”, nel mondo “felice”.

Non sono mai stato felice per davvero. La mia malattia non me lo permette.

Cado nel sonno.

Suona la sveglia. E’ mattina, mi metto l’uniforme e sono pronto ad iniziare una nuova giornata.

Suona la campanella ad indicare che dobbiamo entrare.

Il mio amico non c’è.

Non lo vedo da ieri sera.

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