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Rooms (Parte I)

 
La maggior parte delle storie, tranne quelle nella categoria "Scritte da me" o "Scritte da voi" sono prese dal sito Creepypasta Italia Wiki

Questa storia è il sequel della storia ROOM


Sono un elettromeccanico di 29 anni, sono un cittadino italiano e ho qualcosa da raccontare al mondo intero.

Mi sono interrogato a fondo sul da farsi e mi sono prodigato nelle più disperate ricerche prima di giungere alla conclusione che ciò in cui sono incappato, questo insieme di documenti, deve essere reso noto all’opinione pubblica internazionale in modo che si faccia luce su questa faccenda.

Incappai in questo RAR verso fine novembre del 2010, nel forum di 808chan. Un utente americano creò una conversazione per allegare quelle foto che, ancora non sapeva, sarebbero state il suo problema. Quella conversazione è sparita, l’utente l’ha seguita e di quel malcapitato non ne so più nulla. Diceva di aver trovato un block-notes in un pacco in fronte all’ingresso di casa sua una sera qualunque mentre portava fuori il cane e non sapendo cosa farsene, o forse cosa credere, decise di condividerle all’interno del forum.

Il file conteneva 171 foto che ritraggono tutte le pagine del suddetto blocchetto completamente appuntato. Il materiale scritto in quei fogli è incredibile, tutt’altro che piacevole, potrebbe persino passare per uno scherzo molto elaborato e questa fu anche la supposizione che fece colui che le pubblicò prima di sparire.

Come faccio a sapere che non è uno scherzo? Non lo so. Ma lo spero.

Quella che segue è la trasposizione tradotta del manoscritto fatta da me stesso. In alcun modo sono intervenuto nel testo, quello che leggerete è stato scritto in prima persona dalla persona interessa in lingua inglese, io mi sono limitato a riscriverla a computer (i trattini indicano che è passato del tempo da uno scritto all’altro) per quanto sono stato in grado, data la scarsa nitidezza delle innumerevoli foto e le condizioni del diario. I fogli fotografati sono infatti spesso molto rovinati, alle volte anche strappati e sporcati.

Nonostante sia desideroso di rendere noto tutto questo al più alto numero di persone consiglio ai più suscettibili di considerare il fatto che il materiale è altamente angosciante.

ROOMS

Giorno 2

Ho trovato un quadernetto e una penna oggi, d’ora in poi terrò un diario.

Mi trovo in una stanza di circa due metri per due, alta due metri, sono in una merda di cubo e non ricordo come ci sia arrivato. Non c’è niente se non una candela accesa, una porta serrata, un forellino su una parete delle dimensioni di un bottone e una scatola chiusa.

Sono solo.

Il silenzio è inquietante, interrotto solo da regolare gocciolare del soffitto. Penso di essere qui da più di un giorno, mi sono svegliato ieri con il più grande mal di testa che abbia mai avuto, nudo e avevo freddo.

Ho tutt’ora freddo. E sanguino.

Non ricordo nulla, non ricordo il mio nome, non ricordo il mio lavoro, non ricordo la mia famiglia, ho perso la memoria. Dio, ho perso tutto.

Ho Paura. Cosa sta succedendo?

Il buio ricopre la stanza più di quanto la candela possa illuminarla. Questa stanza mi opprime, se mi alzo in piedi il soffitto dista dalla mia testa una ventina di centimetri, non posso camminare senza che la nausea mi assalga, infatti camminerei in un circolo ristretto. La stanza è lurida, puzza, è insozzata da una sorta di crostume marrone che ne ricopre le pareti, a tratti diventa anche melmoso e cola dal soffitto. Non so da cosa sia provocato questo lerciume, agli angoli del soffitto l’umidità ha rovinato le pareti e l’odore è quello di escrementi e di altre secrezioni, è fortissimo. Il pavimento dove sono ora rannicchiato è gelido e quasi più sporco delle pareti, sembra che sangue, vomito, saliva ed escrementi abbiano formato uno strato di lordura impenetrabile. Sembra che sia cosi da anni, sembra una merda. Il forellino mi permette di vedere l’esterno, ma è di dimensioni talmente ridotte che ho difficoltà a riconoscere quello che sta fuori. È posizionato in un angolo basso, a circa due dita dal suolo, per cui non riesco a posizionarmici davanti. Dalla nebbia impenetrabile mi pare si scorga una foresta molto buia e per una manciata d’ore al giorno della flebile luce lo illumina. Non ho il senso del tempo, è già la seconda volta che la luce illumina il foro quindi devono essere passati due giorni. La luce dura soltanto quelle che potrebbero essere quattro ore, ma magari sono otto o due. Probabilmente non sono più nel mio paese.

Dio, dove cazzo mi trovo? Quale cazzo è il mio paese? Cosa diamine mi hanno fatto?

L’oscurità mi pervade, la stanza trasuda cattivi presagi, lo si percepisce. Sento l’aria greve riempirmi i polmoni, provocandomi uno stato di pesantezza, e ad ogni respiro in cui io assorbo l’essenza di questa stanza, lei assorbe qualcosa di me. La mia integrità fisica e mentale. La mia speranza.

Ovviamente non ci sono finito da solo qua. Qualche figlio di puttana si sta divertendo a giocare con la mia vita, non pensavo ci si potesse spingere così oltre, pensavo che cose del genere succedessero solo nei film horror. Qualcuno deve avermi drogato, non ricordo assolutamente nulla.

La sensazione che mi pervade è completamente sconosciuta: ho paura, rabbia, sconforto, freddo.

Ho freddo. Ci saranno quindici gradi qui dentro. E io sono praticamente nudo.

Cosa vogliono fami? Dove mi trovo? Mi hanno dato questa carta per scrivere, perché? Vogliono farmi fare la fine del topo in questo sgabuzzino di merda.

Ma io non glielo permetterò. Perché mi avrebbero lasciato un coltello altrimenti?

Giorno 2, ancora.

Il freddo e l’umidità mi stanno spezzando le ossa, sto cercando di trattenere il calore, dai polmoni viene fuori solo un’aria gelida e putrida. Provo a muovere braccia e gambe per scaldarmi, ma non c’è possibilità di muoversi in questo spazio claustrofobico. Poi mi stanco subito. Così sono costretto nel mio angolino, rannicchiato, cercando di riscaldare gli organi e sacrificando culo e schiena facendoli poggiare sul questo pungente pavimento.

Ho aperto la scatola prima che iniziassi a scrivere, sembra vecchissima, è piena di ammaccature eppure la serratura era molto resistente. Col coltello l’ho forzata da un lato. Mi sono tagliato un dito nel farlo e ho perso molto sangue, anche ora devo stare attento a non sanguinare sulla carta. La scatola di metallo aveva le dimensioni di un baule d’epoca e vi erano riposti la penna e il taccuino con cui sto scrivendo, una vestaglia da ospedale (una di quelle aperte dietro) con cui mi sono ricoperto, un pacco di fiammiferi, due contenitori da due litri d’acqua l’uno e due latte arrugginite e pesanti che mi precipitai ad aprire. Contengono della maleodorante carne in scatola che provo disgusto solo a guardare. È tanta carne cruda, più che altro sembrerebbero intestini e altri organi. Una gelatina gialla collosa lega i pezzi di carne, vi ci posso vedere anche dei nervi bianchi che si stagliano tra il rosso e il rosa della carne. Ho provato ad assaggiarla ieri, ma subito il mio corpo l’ha rigettata. Ho vomitato solo quel che avevo mangiato, infatti il mio stomaco è vuoto è ho dannatamente fame.

Devo trovare del cibo. Devo uscire da questa stanza.

Giorno 3.

Ieri dopo gli appunti ho provato a forzare la porta col coltello. Il portone è inquietante, è sporco come il resto e nonostante sembri stia per cadere a pezzi dimostra una robustezza impressionante. Ho provato a sfondarlo a spallate all’inizio, ma sono finito col distruggermi una spalla. Ho tentato anche a infilare il coltello nella serratura, ma non ci entra. Non riesco a capire come sia chiuso.

Devo pisciare in un cazzo di angolino fottuto e ho realizzato di non essere l’unico ad esser stato rinchiuso in questo buco. L’odore deriva dalle secrezioni di coloro che qua hanno sofferto e io lo sto incrementando. Questo è un incubo, come può essere vero. Cazzo devo uscire da questa porta. Non posso rimanere qui a morire di freddo e di fame.

La tunica mi lascia scoperta tutta la schiena, è una di quelle bianche che danno alle persone che stanno per finire sotto i ferri in ospedale. Oddio, l’hanno fatto anche a me?

No. Non ho cicatrici sul corpo. O forse dentro al corpo?

Sono rasato. Non so se lo sono sempre stato. Ma sembrerebbero non esserci cicatrici in testa, se non una piccola crosticina sulla nuca, a destra. Non so cosa sia. NON SO UN CAZZO!

Giorno 3, ancora.

Sono in gabbia. Sono in una gabbia.

No. Voglio uscire. Voglio uscire.

Non posso uscire. No. No. No. No. No.NO. NO.

Si.

Il dolore mi attanaglia. Il freddo mi ustiona. Il silenzio mi preoccupa. L’odore mi invade. La fame mi lacera.

La spalla mi duole intensamente e così i polpastrelli dopo aver cercato di forzare praticamente qualunque cosa qui dentro. Scrivo nei pochi momenti in cui il mal di testa non mi opprime. Ho provato a fare esercizi fisici per non impazzire, devo far passare il tempo qua, ma non sono riuscito a fare più di sei flessioni. Mi sono imposto di farne almeno cinque tutte le volte che mi sveglio e prima di dormire, ma non ne ho le forze. Invece di migliorare la situazione perdo solo le poche energie che mi rimangono.

Tra poco finirò il primo bottiglione d’acqua. Ne resta solo uno.

Tutto mi crolla addosso.

DEVO USCIRE.

La porta è impenetrabile.

L’oscurità ha inghiottito la candela. La voleva morta. È buio, è buoi ed ho fame.

Anche qualcos’altro ha fame. Scintilla.

Vado.

Giorno 4, penso.

Ho trovato qualcosa. Rabbrividisco. Cosa succede alla gente qui dentro? Scrutando un segno sul pavimento coperto da una crosta di marciume marrone-gialla, ho trovato quella che sembrerebbe un unghia. Un pezzo di unghia semi distrutto, è nera e sporca. Sotto tra lo sporco, s’intravede una scritta.

“THEY ARE COMING. AGAIN.”

Qualcuno è stato qui. E qualcuno sta arrivando. Merda, chi sta arrivando? Perché? Perché? Perché sono qui? Cosa ne sarà di me? Cosa cazzo vi ho fatto maledetti mostri?

Non sono l’unico.

Io no. Non vi lascerò farmi impazzire. Non l’avrete vinta. Io me ne vado da qui. Vado ad aprire la porta. La porta. La porta … e poi?

Cosa c’è fuori dalla porta?

Qualcuno mi aiuti.

Sono esausto. Ho provato. Ho provato, ma non ci riesco. Ho avuto un raptus d’ira è ho distrutto tutto. No, non ho distrutto niente. Quella merda di carne? Non la voglio mangiare. Ogni volta che la mangio il mio corpo subito la respinge. Cosa devo mangiare? Ho perso le poche forze che avevo, mi sono fatto male, ho sferrato calci e violenti pugni alle pareti e alla porta, ora mi sanguinano le nocche. Ho gridato con tutte le mie forze, ma non c’è NESSUNO. Solo la merda che gocciola dal soffitto mi ha risposto. E le mie lacrime. Ma non posso restare qui a farmi mangiare dalla fame e dal freddo. Sento la testa ribollire come all’interno di un frigorifero. Devo raccogliere le forze, quelle poche che mi rimangono per respirare.
Non riesco più ad alzarmi cazzo. Sono sfinito. Non mangio da non so quanto tempo.

La luce non si fa più vedere dal forellino. Non c’è più nulla che mi tenga compagnia. Nessun rumore, nessun movimento. Ho passato almeno due ore ad aspettare che un granello di polvere mi passasse davanti agli occhi, ma non c’è nulla, nulla è rinchiuso in questa fogna. Neanche un insetto , cazzo questo posto dovrebbe esserne infestato. In quattro giorni niente. Neanche il sibilo del vento s’è degnato di attirare la mia attenzione, neanche il più minimo movimento d’aria ha sfiorato la mia pelle. Ho mangiato la carne in scatola, ho trovato un fegato, penso di maiale e mi son riempito la pancia. In confronto al resto sembra caviale. Poi ho provato ad assaggiare dell’altro, non so cosa fosse e quasi lo vomitai. Mi sono tappato la bocca con le mani per non rigurgitare nulla, sono stato bravo. La fame si è attenuata, ma il freddo mi avvolge.

Mentre mangiavo ho avuto brutti presentimenti, dei flash balenavano nella mia testa. O forse erano delle ombre.

They are coming. Cosa significa?

Cosa ho visto? Chi ho visto?

Non lo so. Forse erano ricordi. Si, può essere. Mi aiuterebbero a capire. Capire perché sono qui. Non ricordo già più niente cazzo! Erano solo delle ombre. Nulla di più.

Non può esserci un motivo, non può esserci un motivo per cui io sia qui!

NON Può ESISTERE UNA RAGIONE PLAUSIBILE PER CUI IO SIA QUI!

PER CUI QUESTO SIA …

NON Può ESSERE COSì!

Che diavolo ho combinato?

Oh santissimo cristo signore, potrei aver combinato tutto …

Calma.

Notte, notte penetra la mia anima sospesa tra nuvolacce cariche di odio e delirio che sovrastano il deserto nero, devastato dalle intemperie e dalla guerra. Corro tra ostacoli insidiosi che ricoprono questo suolo brullo color morte, pronti a trascinarmi nel profondo delle mie fobie. Essenze abitano queste valli disgustose alla vista. Essenze che strappano lembi di terra rivelando tutto il sangue che sgorga a fiotti dal terriccio. La terra trema, sanguina, ha bisogno di vita, echeggia un malinconica melodia fatta da cori di mille voci spezzate. Inizio a inciampare, ad affondare nel suolo che si scioglie in fango putrido e puzzolente. E mentre mi unisco al mio carnefice, essenze ricompaiono planando frettolosamente verso di me, infilano artigli nella melma e li estraggono trascinandosi dietro i miei occhi, i nervi ottici, i bulbi oculari e la mia testa rivelandomi la realtà: mura. Ai confini dell’orizzonte appaiono delle mura. Gigantesche imponenti strutture si ereggono maestose, costruendosi autonomamente, mattone dopo mattone. Le essenze mi riempiono la testa di ganci e mi costringono a guardare il muro che, impenetrabile, mi ingabbia. Come farò a riempire gli spazi vuoti? Provo a rannicchiarmi, cerco un lembo di terra meno freddo degli altri, ma non riesco a fermare le mani che scavano tra le mie tempie, in cerca di spiegazioni. Ondate di brama logorano il mio spirito. No, io sto cercando qualcos’altro. Qualcosa di irreale. Qualcosa al di fuori della mura.

Giorno 5.

Sento di star diventando lentamente parte integrante di questo posto, la mia schiena vi ci si incolla praticamente per tutto il tempo. Sento il male esalato da queste mura, inizio quasi come ad immaginare cosa succede alle persone qui dentro. Mi sembra di saperlo. Ma non posso pensarlo. Non posso scriverlo. Altrimenti perdo il gioco.

Sempre più spesso mi intrattengo nel cercare ricordi, pezzi di vita. Memorie. Sto aspettando per la locomotiva, sto aspettando che respiri, che attraversi i binari dei ricordi trascinandosi dietro tutti i dettagli, tutti i vagoni della mia memoria. Appena mi tornerà in mente qualcosa, anche la più piccola cosa, so che verrà seguita da tutto il resto. Tutto si sistemerà, come un puzzle.

Un giorno.
Le mie mani. Le mie mani, le riconosco.

È solo immaginazione. È la tua immaginazione. Non stai bene, suvvia, è ovvio. Non stai bene. Ma come fanno a saperlo? Perché mi guardano così? Io Io non ho fatto niente! Lo giuro. Perché MI GUARDI COSì?

Sono spaventato.

Non spaventato come si pensa, spaventato nel profondo, tanto da provare dolore alla bocca dello stomaco. Spaventato dell’ignoto. Sono spaventato per tutto ciò che questo posto non è. Non sono la stanza, il silenzio ed il buio ad inquietarmi. Sono spaventato da ciò che non vedo, ciò che è al di fuori, ciò che non c’è, ciò che non mi capiterà. A meno che al di là di questa stanza ci siano centinaia di spiegazioni a quello che mi è accaduto, quello che mi aspetta è ciò che mi spaventa di più. Quello che non è ora.

Ma non posso neanche rimanere qui ad unirmi alla melma e diventare tappezzeria.

Devo tranquillizzarmi e trovare qualcosa da fare. O dormo o scrivo.

Gli incubi mi assalgono. Sogno cose orribili, cose che la mente umana non dovrebbe concepire.

E se rimanessi qui? Se rimanessi qui ancora qualche giorno? Cosa ne sarebbe di me? Quei maledetti verrebbero a portar via quel che resta del mio corpo con una carriola e mi getterebbero in pasto ai lupi. E poi riderebbero leggendo le mie memorie. Perché altrimenti mi avrebbero lasciato questa carta? Perché il coltello? Vogliono che mi suicidi? Tanto cosa cambia? Sto già per morire.

No. Forse serve ad altro.


Giorno 6 o 5.

Ho aperto la porta.Rooms1


Parte II

 

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