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Rooms (Parte II)

 
La maggior parte delle storie, tranne quelle nella categoria "Scritte da me" o "Scritte da voi" sono prese dal sito Creepypasta Italia Wiki

Parte I


Da quando ho reso noti i documenti mi sono successe delle cose strane, spero di essere solo colpito da una forma di suggestione, ma tutta questa faccenda inizia a preoccuparmi. Non sto insinuando che ci sia un legame tra questo e il mio lavoro di trasposizione, ma quello che mi sta accadendo mi preoccupa. Spesso mi sembra di sentirmi osservato e cado sempre più volte vittima di presentimenti infondati.

Non so cosa pensare. D’altronde l’ultima persona che ha avuto a che fare con tutto ciò è scomparsa e di quelle prima non ne so nulla.

In quello che seguirà lo scrittore inizia a cedere sotto tutti gli aspetti, provato dall’orribile realtà in cui è stato catapultato. La narrazione si farà sempre più contorta ed ermetica, questo è dettato anche dall’avanzare di squilibri mentali. Spesso si troverà in situazioni in cui dovrà scrivere mentre agisce trovando nella scrittura la sua unica arma di difesa e mezzo di estraneazione dalla realtà che riuscirà a dargli la forza per le situazioni più dure. Alterna poi fasi di profonda disperazione ad altre in cui cerca di farsi coraggio.

Non posso neanche immaginare quanta disperazione possa provare un uomo.

Giorno 6 o 5.
Ho aperto la porta.

Ce n’è un’altra.

C’è un’altra stanza.

C’è un’altra porta.

C’è altro buio.

C’è un altro incubo.

Ci sono ancora IO.

Ho portato fuori, o meglio dentro, la candela per illuminare. È uguale alla mia stanza. Sopra la porta che da all’altra camera c’è una grossa incisione: 014 B, sul lato opposto c’è un’altra porta, ma a questo punto non oso immaginare cosa ci sia dietro. 014 B. Che cazzo significa? 14? Dio, sono il 14° ad essere rinchiuso in questo buco? E gli altri 13? No, non può essere, altrimenti ci sarebbero segni delle altre incisioni. Invece qui non c’è nulla. Neanche la scatola, neanche il foro all’angolo, lo sporco sembra meno fitto, così come l’odore e l’aria non è più molto pesante.

Col coltello sono riuscito a rompere la scatola e a creare una specie di leva da incastrare tra la porta e il pavimento. Poi ho allentato quanto possibile il bullone arrugginito dell’infisso più basso usando il coltello e con un paio di salti sulla leva l’ho spezzato. Da li in poi furono spallate e calci. Penso di essermi fracassato una spalla. Ho dovuto mangiare quella merda per trovare un po’ di forza. Ora, però, sono distrutto. Riesco a malapena a scrivere ora che l’adrenalina sta scemando. Sono stanco. Devo dormire ora, sono stanco.

Porca puttana, mi sono rotto la spalla. Un livido enorme parte dall’anca e mi arriva al collo. Sono assalito da spasmi, ho mal di testa e conati di vomito che mi percuotono le budella. Il dolore fisico ha raggiunto quello psicologico. E poi questo freddo. Questo silenzio. Dove mi hanno rinchiuso?

Dio, voglio che tutto finisca.

– Continuo a cercare di ricordarmi qualcosa, ma mi sembra di grattare sul fondo di una grossa scatola vuota. So che è vuota e so che non lo è sempre stata. So che se gratto con forza forse troverò qualcosa, ma per ora non so come si gratti più forte. Continuo a guardarmi il corpo, almeno quello è qualcosa di familiare. Ho provato a toccarmi il naso, gli occhi, le labbra, le orecchie, i capelli ma non mi dicono niente. C’è una cicatrice sul gomito sinistro che accende il mio spirito, mi sembra di ricordare una caduta, da bambino, una generica caduta da una generica biciletta blu di un generico bambino. Spero non sia solo immaginazione.

Forse sono solo proiezioni create dal mio subconscio per cercare di nascondere qualcos’altro, per non pensare alle mie mani.

Le mie mani le ricordo bene.

Sono nere di sangue.

La forza delle radiazioni di queste mura è poderosa, me ne avviluppo. Mi entra dalla pelle e mi sconquassa, ma io sono vivo. Sono vivo perché qualcosa mi ha toccato e io l’ho sentita, se fossi morto non me ne sarei accorto. Un alito di inquietudine ha velato il mio collo e mi ha svegliato. La paura e l’oblio si fondono a pari merito, un dente ciascuno aprono le fauci che mi inghiottiscono, mi digeriscono, mi espellono.

Sono pronto.

Me ne vado.

Ho aperto la porta e un’altra dopo, e un’altra ancora dopo. Sono stato in tre nuove stanze. Tutte uguali. Sono in un labirinto.

Sono in un labirinto. Sono in un labirinto. La mia mente si ingarbuglia alla ragione e la sopprime. Cos’altro dovrei fare? Una miriade di porte che aprono una miriade di stanze rubano la mia essenza, piano piano pensano di mangiare le mie speranze. No. No! IO TI GHIGNO IN FACCIA, CREATURA GHIGNANTE! Se solo tu ti rivelassi per ciò che sei, se solo voltassi lo sguardo per intrecciarlo col mio, oh si, si che ti dissanguerei. Ti aprirei, ti stuprerei, mi ciberei dei tuoi resti. Carcassa putrida, nido di mosche, portale dell’insania.

Vieni fuori. Mostra il tuo schifo. Schifo. Questo sei. Neanche degno di considerazione, neanche degno delle mie mani e dei miei dolori.

Solo un ricordo resterà di te nient’altro, nient’altro.

Troppe porte e troppi presentimenti, l’aria si posa sulla mia nuca troppo frequentemente.

I sudori freddi mi scuotono molto più spesso di prima.

Osservare.

Sentire.

Vado nella mia stanza.

Eccomi!

Cameretta, cameretta mia, tu mi proteggi. Tu non volevi farmi uscire. Io potevo rimanere qui con te, tu mi hai avvisato. Questo sarebbe stato il nostro mondo, quante cose avremmo visto insieme! Avremmo potuto giocare ad accendere e spegnere la candela, ad illuminare le tue soffici pareti, a scaldarci e a raffreddarci, avremmo contato i giorni insieme, avremmo contato le gocce che cadono dal soffitto. Avremmo visto passare l’autunno e avremmo visto arrivare l’inverno! Tu ti sei presa cura di me. Hai provato ad avvisarmi che il mondo la fuori è crudele, è cattivo, che qui tu mi avresti accudito, ma io ho distrutto tutto. Ho distrutto il nostro mondo unico.

Ho guardato nell’abisso.

– Giorno 7, forse.

Ho sentito un rumore. Un battito in lontananza. Un sussulto del labirinto. È vivo.

Qualcosa si è mosso o qualcosa è stato mosso. C’è qualcuno. Tra due, tre, dieci, cento camere c’è qualcuno.

Forse.

Mi sono addentrato in queste stanze maledette, tutte uguali, con due, tre o quattro porte, tutte uguali, tutte stagnanti e luride. Ogni sforzo compiuto, ogni attesa per entrare in una stanza si trasforma in odio per essa e subito devi uscire dal posto in cui ardentemente hai desiderato entrare. Così per ogni stanza. Si intrecciano e tessono la struttura della mia ragnatela.

DOVE SEI RAGNO?

Fatti vivo ancora.

L’acqua sta finendo, solo un dito ne rimane. Un dito per colmare questo mia infinita fame. Ma perché tutta questa carta, ce n’è per un esercito qui. Non potrò mai riempirla se mi arrendo. Devo uscire da questo incubo, devo estrarre i suoi artigli dal mio cuore. Il mio cuore solo e impaurito. Ottenebrato dall’oscurità.

E fuori cosa mi aspetta? Ancora peggio? Non può esistere un orrore peggio di questo. E se esistesse io lo scoprirò, non resto qui a morire.

Un altro rumore! Qualcosa è stato colpito! Si è distinto nitidamente nel silenzio totale, come se qualcosa sia stato colpito violentemente in una cassa ovattata. È durato pochissimo. È stato soffocato dalle pareti, ma io l’ho percepito. È dentro di me ora, l’ho assimilato e il mio orecchio starà ben in guar

ANCORA! DI NUOVO! QUALCOSA è CADUTO! C’è QUALCUNO!

DEVO ANDARE!

I rumori si sono animati. Potevo chiaramente riuscire a seguirli attraverso gli intestini di questo labirinto. Qualcosa lo sta attraversando, proprio come me, lo sapevo di non essere solo. Ho chiamato aiuto, ho gridato ma non sono riuscito a distinguere una voce che mi rispondesse. Solo delle porte che venivano sbattute, penso. Se entravo in una stanza in cui i suoni si percepivano meglio, in quella che seguiva avrei smesso di sentirli. È impensabile che esista un labirinto costituito da stanze di due metri cubi, dove mi trovo? Ho inciso dei numeri col coltello, ma ho fatto solo confusione. Ho segnato anche stanze con più di un accesso su cui avevo già inciso senza accorgermene per via della scarsa illuminazione che la candela offre. Ora c’è una stanza numero 1 (la 014 B), una n.2, una n.3 e n.11, una n.4 e n.17, una n.5, una n.6, una n.7 e n.11, una n.9, n. 22 e n.15, alcune senza incisioni. Ho anche trovato delle altre incisioni ma non c’ho capito niente. Delle linee ricurve che indicano un angolo del soffitto.

Ecco.

Sembra arrivare qua.

Aiuto.

Sono scappato. Sono morto.

Pazzia prendimi! Lasciami riposare in pace!

Qualcosa! Qualcuno!

Qualcosa è successo, qualcuno è stato qua.

Il soffitto mi ha puntato, mi ha guardato. Sto piangendo, sto piangendo nel mio vomito. Mi vuole morto! Perché non mi prendi maledetta?!

Che vuoi da me? Non riesco ad uscire, non vedi! Sono tuo! Non c’è bisogno che mi giudichi, voglio solo andarmene da qui.

E tu vuoi solo farmi restare.

Tu non provochi il mio spirito, infiammi solo la paura, sei benzina gettata sulla legna umida della mia angoscia nell’oscurità. Sei il perno che ruotando stringe le corde ai miei polsi.

Un sussurro, un sussurro soltanto si è spento nelle tenebre. Un informazione è stata recepita; inviata e ricevuta. Ho potuto constatare che è stata inviata a circa due dita dal mio orecchio destro, quindi è stata ricevuta subito. Tremiti hanno attraversato le mie carni e il mio sangue ora sobbolle nel mio corpo. Lentamente cuoce le mie membra straziate da queste putride prigioni, le nostre sostanze si uniscono in un unico marciume. In un unico destino. Perché non l’ho sentito solo io. Anche voi bollite di paura ora, care pareti.

Non siamo più soli.

Giorno 8.

Oscure presenze hanno infestato il mio sonno, non riesco a descriverle. Ombre erano, il più sfuggevoli possibile, eppure mi possedevano, un legame indissolubile univa la mia mente e la loro entità. Mi sono svegliato rannicchiato, come al solito.

Terrorizzato, come al solito.

Nessuno si è fatto più vivo, non si sente più nessun rumore. L’apparente salvezza si è lasciata inghiottire dalla perdizione più determinata.

Eppure quei segni. Alle volte accompagnano brutte esperienze. Quelle linee orizzontali che curvano verso il basso. In questa stanza ce n’è solo uno in un angolo in alto. Vediamo nelle prossima. Qui non ce n’è neanche uno cristo!

Ok, qui è pieno di segni in alto e indicano una porta. Non è ancora stata aperta. Cristo ho le spalle distrutte, quante ce ne sono ancora da aprire?

L’ho forzata, ora le serrature sono più facilmente scassabili, infatti giocando col coltello si riesce ad estrarre la placca di metallo che fissa la porta al muro. In questi ultimi due giorni mi sono riempito le mani di tagli e il copro di lividi. Entro.

È pieno zeppo di segni! Oddio, è inquietante! La stanza sembra ricoperta di vernice grigia-nera per l’enorme quantità di incisioni, solo le parti più inferiori e uno degli angoli del soffitto mantengono il loro colore arrugginito originale. Deve essere un lavoro di diversi giorni. La candela si è ridotta ad un ammasso di cera bollente, devo avvolgerla nella tunica per non scottarmi, continua a spegnersi, del lucignolo resteranno solo un paio di centimetri. Accendo un fiammifero.

No!

No! Dio santo, no!

Un ammasso di materia organica si raduna in un angolo del pavimento della stanza, opposto a quello sul soffitto con meno segni. Cristo, non riesco a distinguere niente! Questa stanza è pregna di aria viziata e più buia delle altre per via dei segni. C’è del sangue sulle pareti, cristo! Ci sono sono delle impronte … Cos’è quello? C’è la tunica, un pezzo di tunica esce da quei detriti. Sembra siano li da secoli.

Mi avvici-nn—–^–______

la porta si è chiusa.

Cazzo, qualcosa ha chiuso la porta! La corrente, una corrente maligna che mi ha pervaso. Mi sono pisciato sotto. Mi sono fottutamente pisciato sotto! Una corrente più nera del petrolio ha attraversato il mio corpo, portava con se un sospiro. Un sospiro logorante, esalato da un paio di occhi sbarrati che mi trafiggono, mi fissano nel profondo e io non posso vederli. Si nascondono nelle mie paure e purtroppo i miei occhi non sono in grado di vederli. Non posso descrivere il terrore provato, non ci sono parole o almeno … non ricordo orrore del genere. La stanza mi opprime, sembra acquisire vita nutrendosi della mia. Mi sta fissando. Mi sta aprendo! DEVO USCIRE CAZZOO!!!

L’abisso mi stava inghiottendo, ma sono riuscito a liberarmene! Sono uscito! Sono salvo! Ho percosso la porta il più possibile, con una forza che mi meraviglio d’aver sprigionato e l’ho sfondata. Non so come. Ora sono in una stanza molto più pulita e meno maleodorante delle altre. Ho solo i fiammiferi in tasca e quello con cui scrivo, ho lasciato l’acqua indietro e la candela nella scorsa stanza. Non c’è una porta, solo un varco nella parete che rivela la solita, agghiacciante, oscurità. E non posso più tornare indietro.

Scale.

Sono su delle scale. C’è un buio fottuto oltre la luce del fiammifero. Cristo, non si vede niente! Non non …. Salgo. Sono in cima. C’è un corridoio. È nero come il petrolio. Non posso più tornare indietro.

UN’OMBRA —__-_çW- – .. ; + —“_–__-__-_
NON SONO SOLO.

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C’era qualcuno!

E io l’ho lasciato andare.

È scomparso, tra le mura. Non ho avuto il coraggio di inseguirlo, ma solo un’INUTILE, FREDDA, compostezza che non mi aiuterà ad uscire di qui. Qualcuno attraversava il corridoio, correva, l’ho intravisto scomparire dietro la curvatura che compie il corridoio, ad una manciata di metri da me. Non sono riuscito a cogliere molti dettagli, l’oscurità lo celava. Non sono riuscito a cogliere nessun particolare, dannazione.

E ora non c’è più nessuno.

Nemmeno me stesso. Solo un vigliacco, questo non sono io. Solo un ammasso di ossa, nervi e legamenti che tengono unite le mie membra. Delle mani insanguinate. Una penna. Della carta. E tanto buio. Tanta paura.

L’ho lasciato scappare, qualcosa mi ha bloccato le gambe. Qualcosa mi ha bloccato la volontà. Ma voglio veramente uscire di qui? O sono pronto ad accettare il mio destino? Pensa. Basterebbe poco. Una manciata di ore. E tutto finirà. Finirà per il meglio. ALLA GRANDE.

C’è qualcosa di meglio a cui possa andare incontro? No.

Solo paura e oblio.

E qualcuno che scompare dietro gli angoli.

Lui non mi ha visto, altrimenti si sarebbe fermato! Era di fretta, magari è nelle mie stesse condizioni. Potrebbe aiutarmi. O potremmo aiutarci.

Arrivo.

I miei occhi. Ora vedono. L’oscurità si sta poggiando sulle pareti, quindi basta che non mi avvicini ad esse. Vedo tra le tenebre. Sono tenebra.

Ho attraversato il corridoio, continuava a curvare verso destra e alla fine c’era un’altra rampa di scale, che portava verso il basso. Sono uguali a quelle che ho salito.

Sono appena sceso e mi ritrovo nello stesso scenario in cui ho sguazzato per giorni, ma visto al contrario. C’è un varco che si staglia fra le pareti e una di quelle merde di stanze dentro.

Non so che fare.

I miei occhi si sono abituati all’oscurità, ma oltre quel varco non posso intravedere nulla se non il solito grosso alone nero, più nero del solito. Accendo un fiammifero.

Cazzo, si è spento! ANCORA. Non è possibile! Non c’è il minimo spostamento d’aria qui dentro! Ne restano solo tre. Me li tengo.

La stanza è buia. Inverosimilmente buia. Inconcepibilmente buia. Sono tornato nell’antro, perché non si vede un dannato niente in quella fottuta stanza. Non riuscivo a vedermi i piedi, non vedevo le pareti, per dio! Non capisco come sia possibile, non ho mai … eppure io devo passare. Non sto qua a ballare, sono ancora vivo.

Sono passato. Tastando le pareti mi sono fatto strada fino alla porta. La solita porta arrugginita. Era aperta. La stanza che si apriva era ancora molto scura e … ho visto ho sentito bè, ora sono in quella successiva e qui il buio è normale. È buio e nient’altro. Ci sono delle chiazze nere sulle pareti, sono incrostate e di nuovo quei simboli. Per terra c’è un’altra chiazza inquietante. C’è un silenzio inquietante. E come al solito c’è la porta.

Ancora, ancora e ancora all’infinito.

Ancora stanze. Infradiciate dal solito sozzume che le accomuna. Un infinità di stanze uguali, indistinguibili. L’odore stantio di muffa che le infesta è penetrato attraverso ogni angolo del mio corpo, e il freddo lacera le mie ossa indebolite. E’ sempre più difficile entrare in una nuova stanza. Ogni volta spero di trovare qualcosa, qualsiasi cosa che possa aiutarmi, e invece, ogni singola volta, trovo l’ennesimo mattone che forma la gabbia che mi rinchiude.

Neanche un’ora fa ho trovato quelle scale. Per un attimo ho anche pensato di aver imboccato la via della salvezza. Povero stolto. Tutto qui è pensato per farti perdere ogni speranza, ogni straccio di fiducia.

Cristo, come faccio a trovarmi nel posto dal quale sono arrivato dalle scale? Eppure le rampe erano due, distinte, collegate solo da un lungo corridoio, avrebbero dovuto portare a due luoghi differenti. Eppure entrambi gli archi che nascondono le scale a loro volta rivelano stanze già aperte. Troppe domande, troppa confusione ed un solo straccio di cuore, mangiato dalla paura. Devo accettarlo. È arrivata la mia ora.

No. Continua a scrivere.

Spero che questi scritti, spero che qualcuno legga questo diario, qualcuno deve fare giustizia e nessun altro deve provare queste pene. Nessuno. Quei figli di puttana che mi hanno rinchiuso in questa fogna devono patire le pene dell’inferno. Devono venire torturati, per giorni, fisicamente e mentalmente, come è successo a me.

E la persona che ho visto prima? Chi è? Anche lei morirà? Ma dove è finita? Quanto è grande questo labirinto? Merda non mi ci sono materializzato qui dentro, ci sarà un uscita. Da qualche parte mi ci hanno fatto entrare!

Sto perdendo sensibilità in diverse parti del corpo, non sento più l’osso sacro. Ho paura che sbattendo contro qualcosa potrei perdere le dita dei piedi, se le tocco la sensazione è angosciante. Sembrano fatte di ghiaccio e questo mi tiene lontano dal muoverle. Ho fame. Ho sete. Mi dolgono i muscoli del collo, intirizziti costantemente dai brividi dovuti al freddo, infatti tengo i muscoli della faccia irrigiditi, così soffro meno questa temperatura. Questo posto sta riuscendo ad uccidermi. D’altronde, quanti ne ha uccisi prima di me? Nessuno si è salvato. Nessuno è scappato. Nessuno ha avuto il coraggio di combattere, come si può combattere in queste condizioni? Come può il mio spirito elevarsi sopra la paura, il dolore, il gelo e la fame? Eppure colui che ho visto prima … correva. Sembrava essere di fretta. Sta combinando qualcosa. Forse sta venendo a prendermi e a salvare quest’anima torturata. Forse ha bisogno di una mano. Perché non mi ha visto allora? Sarebbe in guardia se stesse cercando qualcuno.

O forse invece è il bastardo che mi ha rinchiuso. Forse sta venendo per piantarmi un accetta tra gli occhi. Anche in quel caso si sarebbe dovuto accorgere di me.

L’unica speranza è che, se c’è qualcuno, abbia più paura di me.

Ho ripercorso le scale e scendendo sono tornato nello stesso posto dal quale sono salito. Sto attraversando questi buchi angusti per trovare qualcosa. Anche solo la mia camera, c’è della carne li. Ma non la trovo.

La stanza in cui mi trovo ora è quella con dei segni incisi sulle pareti che indicano una porta. Devo passare per quella porta, e poi per quella successiva, per tornare alle scale, quello che mi aspetta mi intimorisce. La stanza al di la di questa porta è la peggiore in cui sia incappato.

Le scale sono dall’altra parte.

Strappo un pezzetto di camice da infilare tra la porta e il pavimento in modo da lasciarla aperta, non ho altro che possa bloccarla. Solo un paio d’ore fa questa porta mi ha giocato un brutto scherzo. Apro la porta.

L’altra porta è chiusa! No! L’avevo fracassata!

Entro, con calma. Continuerò a scrive__ cazzo, mi fischiano le orecchie! No no no proviene dall’interno!

Ho chiuso la porta. Quacosa a sibilato nella stanza –ma- non cera nessuno.

Dio dio dio dio dio dio dio dio dio dio dio. Che faccio? Che faccioo? Devo andare devo andare. NO! Fischiava! Cazzo, fischiava!

IO HO UN COLTELLO. Lo tiro fuori.

Farò con cautela.

Apro. Metto dentro un piede. Nessun rumore.

Nessun rumore.

L’aria si fa più pesante. Metto dentro l’altro piede. C’è un tanfo insopportabile. Tengo gli occhi sgranati sul blocchetto su cui scrivo, così niente mi disturberà.

Sono dentro. È molto più buio qui. Non devo guardare. Guarda qui. Guarda qui. Scrivi tutto! Forza, fai un altro passo. Scrivi tutto, tutto. L’aria è cattivissima, opprimente, mi sento schiacciato. Scrivi tutto. FAI UN PASSO! Provo ad allungare la mano verso l’altra porta, senza guardare, dovrebbe essere già forzata.

Non ci arrivo. Non vedo cosa faccio. Alzo lo sguardo un secondo. Scrivi tutto! Scrivi tutto! Non puoi guardare. Non puoi guardareEEEEEE, scrivi scrivi scrivi porca troia ombre mi schiacciano chi mi schiaccia no no scrivi tutto scrivi le pareti si rivoltano su di mee scrivi i polmoni sono vuoti fischio ombre mostri via viaa porca troia lasciatemi viaaaaaa dove sono non cè più spazio aiuto non respiro non c’è spazio niente spazio perché ridi i muri mangiano le mia testa aria aria no il coltello. Scappo.

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Sono scivolato sulle scale nello scappare e mi sono fatto male. Sono scappato senza badare, molto veloce. Mi sono rotto una gamba. Sono lontano ora. Ho una gamba rotta! Ancora un secondo e sarei stato divorato vivo la dentro. Qualcosa mi ha schiacciato. Le mura si sono animate, animate di sentimenti spregevoli, demoniaci. Soppresso come una latta. Non posso descrivere la paura, non ci sono aggettivi giusti. La mia gamba! La mia gamba! Sembra stia per lacerarsi. Una visione disgustosa e grottesca. Si vedono nettamente al di sotto della pelle nera per la botta subita le carni separarsi dall’osso che sembra voglia uscire solerte dal mio corpo in un tripudio di dolore. L’osso si è rotto, devo rimetterlo apposto. Dio cosa faccio? Sono esausto, se non medico il trauma il più presto possibile morirò di emorragia interna. Mi sembra di sentire il sangue affluire all’interno della tibia.

CRISTO CHE MALE!

Mi sono legato il coltellaccio alla gamba con un pezzo di camice. Terrà l’osso dritto e la gamba insieme a lui, ho sofferto come un animale nel risistemare l’osso. Ho bisogno di urgente assistenza medica.

Come posso sopravvivere? Perché? Perché sono andato di la?

Piano, piano questo posto riuscirà veramente ad uccidermi. Tassello dopo tassello.
Una gamba a te e una gamba a me.

Non riesco a camminare. Non trovo una maniera adeguata di camminare, ma devo muovermi comunque, tra il silenzio e la morte.

Mi appoggio alle pareti, respiro affannosamente, grido. Inutilmente. Devo trovare del cibo e dell’acqua, devo riempirmi lo stomaco, non ho più forze a sufficienza neanche per camminare, rischio di restare a marcire qui per l’eternità. Devo trovare aiuto per la gamba. Che qualcuno mi aiuti.


C’è una porta. Con una chiave.
E sopra c’è
inciso …

189 C.

Apro.

Un uomo. In un angolo.

È vivo.

.

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Parte III

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