Home » Rooms (Parte III)

Rooms (Parte III)

 
La maggior parte delle storie, tranne quelle nella categoria "Scritte da me" o "Scritte da voi" sono prese dal sito Creepypasta Italia Wiki

Parte II


Giorno 8.

C’è una porta. Con una chiave.

E sopra c’è inciso … 189 C.

Apro.
Un uomo. In un angolo.

È vivo.

A, B, C, D. B cattivo, anche D. Tutti si liberano, C rimane in gabbia. C si allea con D per uccidere B, incontro A che vuole uccidermi, ma io la uccido. D uccide B e si salva con C. Io sono D. Io mi salvo con C. No. Ma io sono B. Io sono cattivo? Io sono LORO?

Io non sono nessuno.

Neanche C lo è.

Ho deciso di intervenire in questo punto per rendere un po’ più chiare le cose. Nelle prossime righe, colui che da ora chiameremo B, si ritrova a riunire pensieri frenetici che gli attraversano la testa. Le righe che invece precedono sono un rapido riassunto di ciò che B crede sia fondamentale tenere bene a mente, informazioni precedentemente apprese a cui non era stato dato peso, ma che ora sembrano fondamentali. Nelle foto queste pagine erano piene di cancellature ed incongruenze. Con l’aiuto dell’intero album di foto ho cercato di riportare il più fedelmente possibile il pensiero di B, grazie anche a dettagli che verranno svelati più avanti.

In ciò che segue la narrazione diventa sempre più intricata, questo rende infatti sempre più difficoltosa la piena comprensione del susseguirsi degli avvenimenti. Già nelle prossime righe constaterete un brusco cambio di argomento che non rappresenta nient’altro se non le confessioni di un uomo disperato, sempre più conscio di essere vicino alla fine, ma meno di ciò che sta accadendo. Confessioni che sfociano in pensiero sussurrato al nulla, colpevolizzazioni di una mente posseduta da quelle camere infernali.


Giorno 9, forse.

Corri, coniglio corri.

Scava quella buca e dimenticati del sole. E quando alla fine il lavoro è fatto, non perdere tempo nascondendotici, è tempo di scavarne un’altra in cui scappare dalla realtà. E quando mille buche avrai a disposizione per cancellare la lucentezza dell’erba, per dimenticare il tepore della luce pomeridiana, la candida freschezza dell’aria e l’affetto dei tuoi cari allora il tuo cuore sarà in pace.

Scava, lupo scava.

Cerca tra la melma con una triste consapevolezza. E quando alla fine tutte le buche sono dissotterrate, non illuderti, il coniglio è ancora li. Persisti e affonda gli artigli nel terreno soffice, la dove tu non ti nasconderesti. La dove la terra si unisce alla codardia. Cerca dove il terrore regna incontaminato, libero da mediocri pregiudizi, dove non ci si ricorda più della luce del sole. E se bene tra la vigliaccheria e la paura tu scaverai un bel coniglio infreddolito troverai. Ma sta attento a non magiare quella mela marcia, potrebbe infestare la tua anima di terribili parassiti.

Respira, respira l’aria.

Riempiti il corpo, esala il gas. Più grande è il respiro, più grande è il dolore al cuore. Più in alto voli, più precipita la tua anima. E per quanta luce tu possa scorgere, per quanta aria tu possa assorbire, per quanta vita tu possa rubare inesorabilmente al destino sarebbe solo una presunzione di credere di restare in equilibrio sull’onda. Correresti verso una tomba prematura.

Ho una mano sulla caviglia, ho una mano sulla caviglia e non c’è modo di toglierla. Non puoi far finta di non pensarci, non puoi dimenticarla o cancellarla e non puoi conviverci.

Ho una mano sulla caviglia che stringe sempre più forte, che invoca la mia attenzione.

Ho una mano sulla caviglia.

Non so come scriverlo caro diario, non voglio scriverlo diario mio, tu non lo meriti. Non meriti di venire imbrattato con inchiostro profano, annullerei interamente il tuo compito. Io scrivevo per denunciare, denunciare quegli assassini. Quei mostri di merda. Come me.

Sono un mostro di merda.

Caro diario,
ho ucciso un uomo.

Sono entrato in quella stanza, sopra era scritto 189 C.

La stanza era buia completamente, rimasi qualche istante sull’uscio incredulo di quel che avevo trovato.

Dentro c’era un uomo, sulla cinquantina, rannicchiato in un angolo. Era nudo, sporco e puzzava. La stanza lo aveva oppresso completamente. Il suo aspetto era orribile.

Dietro di lui sulle tre pareti che attorniavano la porta vi era inciso ad enormi caratteri cubitali la scritta “NON MORIRE”.

Le sue pupille nere si erano completamente dilatate per via della totale assenza di luce, e man mano queste devono aver preso a scolorirsi. Non so come è possibile, ma quel disgraziato aveva gli occhi completamente neri come coperti da una patina biancastra, imbevuti nell’ammoniaca. Subito pensai che stesse per morire, ed effettivamente sarebbe morto da li a poco se fosse rimasto ancora senza assistenza medica. Non sapevo che fare quindi gli chiesi se stava bene e lui mi rispose che avrei dovuto dirglielo io se stava bene. Mi chiese se fossi D, se fossi venuto per ucciderlo e io gli dissi che non ero venuto per ucciderlo, né mi chiamavo D. Mi chiese chi fossi, ma io gli risposi che non lo sapevo, allora aggiunsi che se stava per caso alludendo alla lettera impressa nel muro sopra la porta dell’entrata della mia stanza, era la lettera B. A quel punto mi chiese se l’avrei ucciso comunque e io gli risposi di no.

Io non volevo farlo, lo giuro.

Quando si rese conto della mia inconsapevolezza nei confronti di qualsiasi cosa sia accaduta o stia accadendo qui dentro, mi chiese se per caso ricordassi qualcosa.

Gli risposi che, no, non ricordavo nulla.

Allora lui alzò il volto e quello fu il momento in cui i suoi occhi ebbero l’occasione di perforare le tenebre imprimendosi eternamente nella mia mente. Quello sguardo mi diede i brividi freddi, non so quante altre volte mi è mai capitato, ma … quegli occhi … privati di ogni traccia di calore e di umanità, che racchiudevano in loro atroci sofferenze, sofferenze mai espresse e soppresse in una morsa di dolore e disgusto.

Tenne lo sguardo fisso sul mio per una decina di secondi, io mi accorsi dell’odore devastante che era rinchiuso in quella stanza.

Allora mi chiese di aprirgli la scatola col coltello che probabilmente aveva visto fasciato alla mia gamba rotta per vedere cosa ci fosse dentro. Scoprii così che lui non aveva un coltello personale, ma nient’altro che un grosso lucchetto. Aperto.

Quel poveraccio, non era neanche riuscito ad aprire la sua scatola con le provviste, non aveva preso il camice, non aveva preso la candela. Deve essersela passata molto peggio di me. La sua magrezza era impressionante, era ridotto ad un sacco di ossa legate dall’esile pelle che sembrava stesse per lacerarsi da un momento all’altro.

Gli aprii la scatola, non senza grandi difficoltà, lui non si mosse di un centimetro dal suo angolo, non ne aveva la forza. Gli porsi l’acqua, poi la carne e così, lentamente, iniziò a farfugliare strani discorsi. Disse di sapere come uscire da questo posto.

“Ricordi la luce?” mi disse

Io esitai a rispondere perché in realtà non sapevo come rispondere

“Mi manca, se è questo che intendi. ”

“Se mi ascolti, forse, potremo rivederla …” e si fermò come se avesse da aggiungere qualcosa, me lo ricordo nitidamente, non fu particolarmente poetica come scena, stava ancora rannicchiato in quell’angolo praticamente immobile se non per il movimento delle braccia che cercavano di sfamarsi, si vedeva che aveva una fame dannata, ma non era in grado di cibarsi. Mi chiesi come avrebbe potuto aiutarmi quando non sarebbe stato in grado neanche aiutare se stesso.

“Ci dev’essere stato un errore, qualcosa è andato storto …” biascicò tra un respiro affannoso e l’altro.

Mi disse che noi due, insieme ad altre due persone siamo vittima di un insano esperimento condotto da un gruppo di persone delle quali non si conosce nulla, eccezion fatta per i disturbi mentali che li accomunano. Iniziò a descrivermi i dettagli dell’esperimento, farneticò che dovremmo morire tutti, che solo uno di noi si salverà, cioè B, o colui che sarebbe dovuto esserlo.

Mi spiegò di lui, mi disse che è l’artefice di tutto questo incubo, mi disse che questi sono i sadici giochi che fa con i suoi pazienti, io non capii bene, tutto mi risulta confuso ora.

Disse che B è l’unico a sapere cosa sta succedendo e a ricordare tutto, che se ne sta nascosto da qualche parte, tra le stanze pronto ad agire, ad assalirti alle spalle.

Quando gli chiesi quale fosse il motivo per cui lui era a conoscenza di queste cose, rispose che noi: A, B, C, e D, stiamo giocando ad un gioco, un gioco per il quale è necessario perdere la memoria, al cui interno ognuno ha i propri ruoli, le proprie strategie, le proprie forze e i propri punti deboli.

“Io sono il saggio…” sospirò con un tono straziato.

Disse di sapere come sarebbe andata a finire questa storia, diceva di saper cosa sarebbe successo, chi sarebbe morto, come e quando. Disse che glielo avevano detto loro, per rendere il gioco più intrigante, e che quella sua conoscenza era la sua arma. Per questo fu lasciato solo, incapace di nutrirsi, coprirsi … liberarsi. L’unica possibilità di sopravvivenza era rappresentata da un elemento esterno alla stanza.

Me.

Evidentemente no.

Dio mio, cosa ho fatto. Continuava a infilare quelle lunghe dita scheletriche all’interno della latta della carne e si riempiva la bocca di schifosa gelatina giallastra e nel frattempo raccontava la sua storia. Non so dove e in quale quantità la fantasia, o meglio la pazzia, si mescoli con la realtà, d’altronde quest’uomo deve aver passato, quanti? 7?8? 10 giorni rinchiuso in una stanza buia senza ne bere ne mangiare, come diamine faceva ad essere ancora vivo?

“Un errore, un errore …” continuava a ripetere di uno sbaglio, era visibilmente disturbato.

Disse di aver ricevuto tutte le informazioni, che prima di iniziare l’esperimento fu istruito sugli avvenimenti che si sarebbero susseguiti durante esso. Disse che D l’avrebbe ucciso e che poi questo sarebbe stato a sua volta ucciso da B. D, secondo quanto lui diceva, o almeno la persona che lui indicava con quella lettera, si sarebbe dovuto presentare ad ammazzarlo prima o poi, ma il fatto che io non fossi D, e soprattutto che non avevo intenzione di ucciderlo, gli fece pensare ad un errore. Dio, non ci capisco nulla.

“Devono aver sbagliato, sbagliato tutto! Devono aver confuso B con D e questo ha mandato all’aria tutti i loro piani! Devono aver invertito i ruoli per qualche strano motivo che mi sfugge. Ora possiamo salvarci io e te, tu dovrai aiutarmi!”

Non posso descrivere le emozioni provate, solo una mescolanza di paura, perdizione, accettazione unita ad un sentimento di ribellione, ma soffocato subito, da queste mura.

“Da dove si esce da questo posto?” gli chiesi, interrompendolo.

“Non lo so …” disse, riabbassando la testa verso la sua carne.

Gli chiesi cosa cazzo sapeva, gli chiesi come cazzo aveva intenzione di aiutarmi se tutto quello di cui era a conoscenza era che sarebbe morto. Mi disse che avremmo potuto allearci, per scovare D ed ucciderlo e poi uccidere B. Che questo sarebbe stato fondamentale per fuggire poiché ognuno di noi è proprietario di un oggetto, ed è proprio in questi oggetti ad essere rinchiusa l’unica possibilità di sopravvivenza.

“Quattro oggetti per quattro persone fanno quattro persone morte. Quattro oggetti per una persona fanno un uomo libero …”

“Ma noi siamo in due.” Risposi.

“Già …” rispose lui, infiammando il mio spirito.

Allora gli chiesi perché avrei dovuto aiutarlo, quando ogni secondo che passava per lui poteva essere l’ultimo, gli chiesi perché avremmo dovuto instaurare un rapporto di fiducia sulla base di un paio di parole pronunciata da un pazzo sul punto di morte, gli chiesi come avremmo fatto a salvarci entrambi nonostante continuasse a dire che solo una persona si salverà. Gli feci notare che lui mi stava proponendo di uccidere non uno, ma ben due uomini che per quanto mi riguarda possono benissimo non esistere solo perché lui diceva così. Gli chiesi come avrei potuto fidarmi di lui, gli chiesi cos’altro avrebbe potuto fare per aiutarmi o aiutarci. Gli dissi che non gli credevo affatto.

“Io so tutto, io so come andrà a finire qui dentro! Io so che D sta venendo per uccidermi, ma io non glielo permetterò!” faceva pena. Non avrebbe potuto far nulla per impedire la sua morte.

“Io non morirò qui. Vogliono farmi fare la fine del topo, ma io sono più sveglio, hanno commesso un errore imperdonabile e …”

“E cosa?” lo interruppi con sprezzo.

“E tu mi aiuterai, per Dio!” gridò alzandosi in piedi con le poche energie rimaste sventolando le braccia davanti a me e fu così che zoppicando fra le fameliche fiamme degli inferi mi diressi verso quella carcassa di pelle ed ossa e gli infilai il coltello nel cranio.

Devo riposare, devo veramente riposare.

– Io sono solo.

Non lo ero fino a qualche ora fa.

Io sono sporco ora. Non posso pulire lo sporco, finirei solo col sporcarmi le mani.

Che sciocco. Pensavo di aver raschiato il fondo, pensavo di aver sopportato tutta la malvagità di questo mondo eppure non c’è limite alla malvagità umana. Pensavo che le situazioni non fossero in grado di precipitare così drasticamente.

E cos’è la vita se non un susseguirsi di situazioni?

Ma io non sto vivendo.

Io seguo il bianco coniglio nel retto infiammato dal cancro del mondo. Lo seguo nella tana.

Nella tana delle meraviglie.

Li i coltelli non sono i benvenuti.

Ecco qui tu sei.

DOVE?

Rinchiuso nel fragile bozzolo delle tue insicurezze a senso unico. Appeso al crocefisso che sovrasta i binari del tuo futuro. Quale treno prenderai? Il treno in arrivo da Stridule Insicurezze e diretto a Soffocare nell’Ombra è in arrivo al binario uno. Attenzione, non oltrepassare la sottile linea delle convinzioni latenti. Il treno in arrivo da Lascia Perdere diretto a Lieto Finale è in arrivo sul binario 3. Attenzione, non oltrepassare la linea del coraggio.

Che treno aspetti? Nessuno dei due ti aggrada? O forse è solo che sai, nel profondo, che alla fine non esiste un treno per un rifiuto come te. Cosa ti meriti? Una morte può essere ripagata solo con un’altra morte.

IO SONO LA VITTIMA QUI DENTRO!

Vittima di che? Vittima delle tue illusioni e delle tue paure? Il mondo è pieno di cose spaventose. Puoi far finta di niente, puoi cercare di ignorarle, tappare quel verme dentro al tuo stomaco che pian piano ti divora, secondo dopo secondo, anno dopo anno. Eppure loro torneranno sempre a farti visita, nonostante tutte le precauzioni che tu possa prendere. Non esiste la malvagità, non esistono sentimenti deprecabili , solo un grandissimo, infinito, complicato intreccio di situazioni più o meno reali che vengono riflesse dal tuo cervello al tuo corpo.

PERCHè DICI QUESTO? Perché DOVREBBE IMPORTARMENE ORA?

Perché io sono qui per aprire la tua mente. Non sei in grado di sbarazzarti delle tue azioni. In pochi lo sono. E chi lo è non può spiegare agli altri come farlo, perché non capirebbero. Tu non capiresti. Tu non concepiresti neanche la più minima parte di uno soltanto di tutti gli universi paralleli che stanno là fuori.

MA DI CHE DIVAOLO PARLI? TU NON SAI NIENTE!

Io so tutto. Potrai far finta di niente e nasconderti la verità per il resto dei tuoi giorni o delle tue ore. Potrai celare la tua vera natura al mondo intero, alla realtà. I tuoi incubi saranno solide masse smielate di lieti fini in confronto. Ma in fondo, dentro di te, resterà sempre impresso, ogni volta che sbatterai gli occhi, ogni volta che chiuderai gli occhi, in ogni tuo più spensierato sogno comparirà sempre inevitabilmente.

COSA? COSA, CAZZO?

Il coltello.

Quel tuo docile coltello che con lentezza impressionante si sfila delicatamente dal teschio di quel vecchio, scricchiolando e raschiando, trascinandosi dietro piccolissimi lembi di sostanza rosa mentre gli occhi, qualche centimetro più in basso perdono ogni debole traccia di vita, solcati da un unico quasi tenero rivolo di denso sangue nero che divide il viso ossuto in due metà spaccate che si scuriscono inevitabilmente nei meandri del tuo inconscio. Per sempre.

PIANTALA! PIANTALA, MALEDETTO! NON CAPISCI? NON CAPISCI COSA STA SUCCEDENDO? MI STANNO FACENDO IL LAVAGGIO DEL CERVELLO QUA DENTRO! È COLPA LORO! LORO STANNO ARRIVANDO! E IO SARò SOLO LA LORO PROSSIMA VITTIMA!

Loro chi? Non c’è nessun loro, imbecille. TU hai ucciso un uomo, nessun’altro. TU sei un assassino. TU hai ucciso un povero vecchio indifeso senza che lui non facesse nient’altro che confidarti i deliri che questo posto gli ha causato. TU hai ucciso un uomo. E in evidenza di tutti queste prove non c’è neanche bisogno che la giuria si ritiri a deliberare, perché io non posso che sentenziare di riservarti il massimo della pensa consentita.

Convivere per tutta la vita con questa consapevolezza che ti brucia dall’interno.

Alzati ed esci da questo posto.

Sono tornato la. Ho fatto finta di nulla, era per il mio bene.

Per il bene di entrambi.

Non è stato facile, ho preso quello che dovevo prendere e me ne sono andato.

Quella scritta.

Quel grido disperato.

È stato straziante, ma lo ho nascosto a me stesso. Ora sto cercando di riempirmi lo stomaco perché sono davvero stanco, davvero al limite. Ho ripulito un po’ la gamba con la sua acqua e l’ho legata col bottiglione, allevia leggermente il dolore lancinante. Sento la parte che sta sotto al trauma estremamente fredda, il sangue non deve circolare bene li, spero non abbia smesso di farlo perché non sento più praticamente nulla. Sono pieno di lividi. Forse anche la spalla è rotta, mi fanno male tutte le dita di qualsiasi arto, e devo continuamente riscaldare il naso e le orecchie o finirò col perderli. Se prima il freddo era insopportabile e pungente ora rischia davvero di uccidermi.

Non so quanto sia stata una buona mossa, ma ho lasciato il coltello li dentro.

Non lo voglio più.

È grazie a lui se sto vivendo quest’incubo.

Devo ragionare, non posso buttare tutto all’aria. Devo cercare di ricostruire il puzzle.

Solo allora potrò constatare se quella povera bestia mi ha riempito l testa di cazzate o meno. Io stavo nella stanza 014 B, e diciamo dunque che io sia B. Nella stanza 189 C c’era colui che si chiamava C o così di faceva chiamare. Non sarebbe sbagliato quindi pensare che ci possa essere anche un signor A, o un’altra cavia a questo punto. Siamo vittime di un esperimento? Di un gioco?

C’è stato un errore. Continuava a ripeterlo.

Un errore perché D stava venendo per ucciderlo. Quindi facciamo finta che esista anche un signor D.

Dio mio potrebbero esserci ancora due persone qui dentro. Magari sono morte. O magari … i rumori, di ieri. Non c’è altra spiegazione. Devo ragionare.

D, o almeno colui che era rinchiuso nella stanza D, stava venendo per ucciderlo, ma mi sono presentato io, B. Dovrei cercare quelle stanze, magari potrei trovarli. Magari potremmo aiutarci. Forse sono morti. Dio, forse avremmo potuto salvarci tutti, anche C.

Eppure i rumori si sono placati da quando ho trovato quella stanza. Forse era lui. Forse si divertiva a scorrazzare per queste mura per spaventarmi. Ma a che scopo se poi non sarebbe stato in grado di difendersi? E poi come diavolo avrebbe fatto a chiudersi dentro dall’esterno? Chi cazzo ha chiuso a chiave quella stanza e lasciato li la chiave? Significa che qualcuno volveva che quella stanza si aprisse solo dall’esterno. Si, a vedere come era ridotto quel disgraziato sono sicuro che non riuscì mai ad uscire da quella stanza. Che fine orribile.

Chi ha lasciato li la chiave? Loro? Chi sono loro? Noi siamo loro? Ma noi chi? Chi c’è qua dentro?

Diciamo che qualcuno ha lasciato li la chiave per agevolare qualcun altro, o se stesso. È possibile che la chiave era li per aiutare qualcuno ad uccidere il vecchio? Quindi lui aveva motivo di temere la sua morte. Dio, potrei essere per fino io ad aver lasciato li la chiave!

No, cazzo! Non farneticare cose insensate.

Ora si tratta di stabilire se credere o meno alle parole di quel vecchio. Il nostro incontro ha solo peggiorato la situazione.

Tutto questo è incredibile. Se fossero tutte fantasticherie ora dovre

Eccolo! Un frastuono!

Devo andare.

Oddio, sono sfinito. Ho attraversato questo labirinto demoniaco zoppicando per almeno venti minuti. Ed ora ho trovato qualcuno. Qualcuno che non è ridotto uno straccio, finalmente!

Seguendo i rumori sono giunto alle scale, le ho ripercorse e ho visto una figura scomparire in una stanza, continuava a correre sbattendosi dietro le porte. Gli ho gridato di fermarsi, gli ho chiesto aiuto, l’ho implorato di fermarsi. Quando gli ho detto di avere una gamba rotta e di essere bisogno di cure si è fermato. Ora è nella stanza di fianco alla mia. Gli ho chiesto un minuto di riposo per riprendermi dalla corsa ed ora sto appuntando questo.

Ha detto che non si fida di lasciarmi entrare e che vuole parlare attraverso le pareti.

Mi ha chiesto chi sono. Non lo so chi sono, piantatela di chiedermelo.

Ok, è una donna e ricorda il suo nome! Si chiama Anne. L’ho informata di aver bisogno d’aiuto, di essermi rotto una gamba scivolando sulla melma che ricopre i pavimenti. Mi ha detto di non sapere nulla e quando l’ha chiesto a me le ho detto di trovarmi nella sua stessa identica condizione. Le ho chiesto di entrare nella mia stanza, per parlare meglio.

Sta venendo.

È entrata, abbiamo parlato per un paio di minuti. Ora è andata a prendere qualcosa per medicarmi la gamba nella sua stanza. Mi ha detto di venire dalla stanza 001 A.

È abbastanza alta, la fame ha divorato anche le sue carni, d’altronde anch’io sto diventando giorno dopo giorno più rinsecchito. È sulla trentina, ha circa un centimetro di capelli biondi e dei piccoli occhi scuri, non sembrava ferita, anche se la sua tunica era strappata in diversi punti. S’è stretta il camice legandoselo dietro al collo e al bacino, poiché questi cosi sono abbastanza larghi e non lasciano spazio all’immaginazione.

Mi ha detto che sta girando in questo posto da almeno cinque o sei giorni e di non aver trovato nient’altro che stanze, stanze ed altre stanze. E ogni tanto delle scale.

Ecco chi diavolo era! Era lei che avevo visto scomparire ieri o non so quando, sulle scale. Ecco chi causava tutti quei rumori. Finalmente una buona notizia almeno non sono più solo.

Sta tornando.

Mi ha fasciato la gamba con dell’altra stoffa, per farlo ha rimosso quella vecchia e la visione della mia gamba rotta ha inorridito entrambi. È completamente nera. Dobbiamo uscire alla svelta da questo posto.

Quando le ho chiesto come abbia fatto a sfondare tutte queste porte con l’esile corporatura che si ritrova, mi ha detto di possedere una chiave, un passe-partout che apre tutte le porte. Un cazzo di passe-partout! E io mi sono sfondato una spalla solo per aprirne una. Per questo non è ferita, ma sembra comunque sull’orlo di un crollo psicologico. Ogni tanto si deve fermare a prendere dei grossi respiri e continua a sbattere gli occhi quando mi ascolta parlare, sembra debba capacitarsi delle cose che le dico. Le ho chiesto se per caso avesse una candela per rincuorare un po’ il mio spirito, è da più di un giorno che sono completamente al buio. Mi ha risposto che la sua stanza non è proprio dietro l’angolo. Allora le chiesi se conoscesse un po’ l’anatomia del pos…

In realtà le ho chiesto un bel po’ di cose e lei le ha chieste a me.

Mi ha detto di ricordare il suo nome e un paio d’altre cose, è una studente di legge. Ma cosa fondamentale, mi ha detto di ricordare come è finita qui dentro. O almeno degli stralci confusi. Ora mi sta ripetendo tutto ciò che sa in modo che io possa scriverlo.

Ricorda il suo rapimento, dice che una notte è stata assalita mentre dormiva nel suo letto da due uomini che l’hanno stordita. Poi c’è un balzo nel quale non ricorda cosa sia successo, solo scenari bianchi, e degli uomini sempre vestiti di bianco. Ricorda di essere stata in una stanza asettica, sempre bianca, completamente. Ricorda di essere stata operata e poi che si è svegliata qui. Dice che ci hanno iniettato una specie di siero, una sostanza che danneggia irreparabilmente il sistema nervoso, causando danni permanenti. Non ricorda molto altro. Dice che però le sono rimaste impresse dei pezzi di frasi pronunciate da coloro che ci hanno operati. Dice che la sostanza a cui ci hanno sottoposto era di loro invenzione, ed era capace di eliminare definitivamente ogni traccia di ricordi immagazzinati prima dell’intervento e di annichilire la fase di richiamo dei suddetti ricordi, andando ad agire sull’ippocampo e sul talamo.

Del perché ci stiamo subendo tutto ciò lei non sa nulla, non sa nient’altro che quello che mi ha detto e che io ho appena scritto. Dice che evidentemente con lei qualcosa dev’essere andato, perché se io non ricordo assolutamente nulla vuol dire che quei bastardi avevano ragione. Bè anche con C qualcosa deve essere andato storto, qualcosa lui ricordava. Nonostante questo Anne dice di ricordare solo il suo nome e il suo impiego, e, in maniera confusa, gli ultimi momenti prima dell’intervento, nient’altro, neanche la sua età.

Sono solo io il povero pezzo di merda che non ricorda niente!

Ha fatto una cartina del posto in cui ci troviamo, in tutti questi giorni e con l’aiuto del passe-partout è riuscita a farsi un’idea ben chiara. È abbastanza inquietante vederlo così.

Rooms31.jpg

Ora tutto mi è più chiaro, io ero nel reparto B che comunica solo ed esclusivamente col reparto C. Lei era nel reparto A, che comunica solo con il D. Ora siamo nel mio reparto, il B, e mi ha detto che è giunta fin qui grazie alla sua chiave. C’è una porta nascosta dall’oscurità nel passaggio che collegava il suo reparto A con il D, aprendola è giunta sulle scale che collegano il mio reparto B, con il C.

Nel suo reparto tutte le porte si aprivano e tutte le stanze avevano più porte, le ha contate: 49. 49 stanze nel reparto A, 49 nel reparto B, 49 nel reparto C, 49 nel reparto D, fanno 196 stanze. TUTTE dannatamente uguali. È un numero incredibile, ci credo che la gente impazzisce qui dentro. Questo posto è progettato per farci crepar dentro la gente.

Le ho detto che dobbiamo andare subito nel reparto D. Lei mi ha chiesto perché. Non posso dirle il perché!

Mi ha detto che è stata diverse volte in quel reparto D, e che ha anche raggiunto una stanza 196D, ma al suo interno non c’era niente e nessuno.

Piuttosto vuole recarsi nel reparto C, più precisamente nella stanza di 189C, eravamo entrambi in quel reparto quando iniziammo a rincorrerci. Pensa che probabilmente ci sia una persona li dentro, e questo è vero, ma lei non deve saperlo, nessuno deve sapere ciò che ho fatto.

Ora ha accettato di riportarmi in quella stanza. Devo dare un’occhiata, magari D è tronato.

In cambio devo condurla nel reparto C.

Non posso condurti li, cazzo.

Ci abbiamo messo un po’ per arrivarci, abbiamo dovuto cambiare reparto, per cui mi ha fatto vedere il passaggio segreto che dalle scale porta ai reparti A e D. Ora siamo dentro la stanza 196D, ma qui non c’è nulla. Neanche la scatola, o segni di effrazione della porta. Non ci sono segni o incisioni particolari, eppure la stanza è lercia almeno quanto la mia. Da quanto ho capito non siamo i primi che vengono sottoposti a questo spietato esperimento. Non c’è modo di constatare che qui dentro ci sia stata una persona negli ultimi giorni.

Mi ha detto che se anche la stanza 189C è in queste condizioni significa che probabilmente solo noi due siamo rinchiusi in questo posto. Che questo significa che forse unendo le forze potremmo riuscire a salvarci, altrimenti non ci sarebbe motivo per cui rinchiuderci in ambienti collegati. Che probabilmente l’unica via di salvezza implica la presenza di due persone. Mi ha chiesto se per caso fossi in possesso di un qualcosa in particolare o se nella mia stanza ci fosse qualche indizio.

“Io ho la chiave, anche tu avrai qualcosa!” mi ha appena detto. Le ho detto che non sapevo di cosa stesse parlando, che non ho niente.

Adesso vuole andare a controllare la stanza 189C.

Cosa mi invento ora?

Stiamo andando verso il reparto C, è necessario ripercorrere le scale, per farlo e questo mi debilita molto. Ora ci siamo fermati, per farmi riposare, non è facile camminare con una gamba rotta, il dolore è lancinante.

È incredibile come la presenza di un’altra persona possa giovare all’animo di entrambi. Quando l’ho vista la prima volta, ho sentito una stretta al cuore dall’emozione. Ora, appoggiandoci l’uno sull’altra, sarà decisamente più facile andare in contro al nostro destino. Qualunque esso sia.

E’ veramente una donna in gamba. Avere la chiave l’ha agevolata incredibilmente, però è stata in grado di costruirsi, usando il materiale con cui è costruita la scatola metallica presente nelle nostre stanze, una specie di struttura metallica che funga da lanterna per la candela. È andata a prenderla mentre riposavo, ora la luce illumina il mio mondo. Non credevo di poter provare sentimenti del genere qui dentro, ma è proprio quando tutto va a rotoli, quando tutto il tuo universo ti crolla addosso, è in queste situazioni che puoi far tesoro di piccole cose come queste. Questa luce, questa donna, mi sta riempiendo il cuore. –

Non lasciarti schiacciare. La salvezza è dentro di te. Lo è sempre stata. E sempre lo sarà.

-Anne
Ha lasciato questo sul mio diario prima di andarsene. Solo per rincuorarmi. È andata avanti in perlustrazione, io non ricordo quale sia la combinazione esatta di porte da aprire. Ora devo assolutamente trovare una spiegazione plausibile per la morte del vecchio. Potrei supporre che è stato D, lui doveva essere ad ucciderlo, non io. Nessuno penserebbe a me, anzi penserebbero a D. Se esiste. O potrei anche far finta di essere estraneo alla faccenda, per quanto ne sa lei io non so nulla ne di C ne di D.

Cazzo, ho lasciato il coltello in quella stanza.

Non mi servirà più quel dannato coltello.

Quell’uomo era fuori di se. Non posso lasciarmi influenzare dalle sue stronzate. Ora devo solo trovare il modo di uscire con Anne da questo posto.

Anne sta ritardando più del previsto.

Avrebbe già dovuto trovare la stanza o almeno tornare. Non sento più rumori. Spero torni presto.

Eccola, sta tornando. Sento le porte sbattersi.

Finalmente.

Non ha trovato la stanza. Ora mi ha proposto di tornare indietro a cercare qualche indizio che ci tiri fuori di qui. C’è un passaggio segreto nelle scale, potrebbe essercene un altro. O altri mille.

Forse tutto si sistemerà. Quella specie di espressione rassicurante che fa Anne, quando io guardo a terra colto da momenti bui è … è rassicurante. È confortevole, forse nasconde un sorriso.

Proviamo ad andarcene.

Stiamo girando da un bel po’, sembreremmo esserci persi. Anne dice di non riuscire a trovare indicazioni sulla cartina da lei disegnata. Dovremmo essere nel reparto C, anche con tutte le mappe e le guide del mondo questo posto riesce a farti perdere ogni riferimento. Tutto è fottutamente uguale a se stesso. Ogni tanto riesci a distinguere una camera, ma è completamente inutile, tutte le altre finiranno col confonderti.

In effetti non è la prima volta che ci troviamo in questa stanza, sembra di girare in torno.

Non capisco perché Anne non riesca a parlarmi, sembra voglia rimanere sempre sulle sue. Sembra colpita da mille pensieri, assorbita dai suoi problemi. Ha fatto di tutto per aiutarmi e mettermi a mio agio, ma sembra comunque voler mantenere le distanze. Dev’essere semplicemente una persona riservata.

Mi trovo davanti alle scale, qualche minuto fa Anne ha detto di dover controllare qualcosa, non ho capito bene cosa intendesse. Sembrava un po’ preoccupata.

Quindi sono solo. Posso far riposare la mia gamba, tutto il corpo risente del suo dolore, dover zoppicare così vistosamente per così tanto tempo mi ha causato dolori anche alle anche e alla schiena. Mi sento costantemente affaticato.

Intanto mi guardo intorno, alla ricerca di un fottuto passaggio nascosto dall’ombra e devo dire che, se mai ci fossero altri passaggi, questa li nasconde bene. Guardare vicino a me o sul taccuino non è un problema, difficili da scrutare sono le pareti.

È tutto un oscuro scrutare.

C’è qualcosa sulle pareti qui.

“The best hiding place is where your opponent has no reason to find you.”

“Il miglior posto dove nascondersi è dove il tuo avversario non ha ragione di trovarti.”

Che diavolo significa? Chi l’ha scritto?

Anne? No, non può essere, come avrebbe potuto?

Quante persone ha fatto impazzire questo luogo?

Cazzo, mi sono addormentato! Quanto ho dormito?

Anne non c’è. Dio, la gamba … il dolore è costante ed intenso.

Anne non risponde. Non si sentono più rumori. Perché cazzo mi ha lasciato qui da solo conciato così? Sto gridando, ma non risponde. Dove cazzo sei?

Aiutami.

MERDA!

Anne sta scappando! Ha aperto la porta dell’unica stanza che intravedo da qua e subito se l’è richiusa dietro dopo avermi visto. L’ho inseguita, ma subito è scomparsa, lei corre molto più svelta di me.

Grido, la invoco. Lei non risponde.

Ancora.

È successo ancora. Cercando Anne ho visto una porta spalancarsi completamente in fronte a me e, non so come sia possibile, ma dietro non c’era nessuno. Cazzo, nessuno! Ha causato un frastuono terribile sbattendo violentemente contro il muro, non può esser stata un movimento d’aria.

Cosa dovrei pensare? Che cazzo è successo? Dov’è Anne?

UN ALTRO FRASTUONO! In lontananza! È agghiacciante, è violentissimo!

Devo andare.

Incontro alle mia paure.

La stanza si è chiusa. C’è qualcosa. Sono tornati ****** me. ******* chiusa***Ile**#** dentro****ancora TU***nd ***o*r** la morte?**rr** non c’è spazio*,t****cosa*****io**zttorturi***macellato***occhi. Guarda perché*******non so. Tiratemi fuori di qui. Tiratemi fuori di qui. CHE QUALCUNO MI TRASCINI FUORI DI QUI!

Rooms32.jpg

Sono ancora qui.

Chiuso dentro.

È buio.

C’è una luce.

C’è qualcosa, a due metri dalla mia faccia.

Mi guarda.

Ho paura.

Sono ancora qui.

La porta si è spalancata. È aperta ora.

L’ha aperta lui. Vuole farmici passare. Lui è appena li affianco.

Ora non voglio più uscire. …

Mi ha aperto completamente. Ha scavato nelle profondità del mio essere, tra le mie carni marcie.

Sono suo ora.

Forse chiunque altro vedrebbe un paio di piccole fonti di luce rotonde e bianche galleggiare nell’oscurità, perché non ci sarebbe motivo per vedere dell’altro. Ma io, ed io soltanto, vedo …

… vedo due occhi. E loro vedono me. E la paura affluisce e sgorga da qualsiasi angolo di queste pareti. E nient’altro.

Non è un ricordo o un’immaginazione, qualcosa mi sta fissando. Lui mi sta fissando. Io non so che fare.

Mi sembra di vedere delle mani comparire in fronte a me, al mio viso. Mi sembra di immaginare le mie mani sporche che cercano di ostruirmi la vista. Compaiono e scompaiono accompagnate da un’immagine, un’immagine che dura solo qualche decimo di secondo. Quell’immagine mi spaventa, non so cosa rappresenti. Compare troppo velocemente, non si capisce niente. Neanche le mie mani sono nitide. Sono sporche, dannatamente sporche. Si intravede una grossa ferita solcare il palmo di una delle mani. Non vogliono farmi vedere quel coso. La mia mente non vuole.

Anne, dove sei? Vieni a tirarmi fuori da questo incubo.

Lentamente si sta materializzando un altro fascio di luce al di sotto di quegli occhi, che cos’è?

Oddio.

Perché mi guardi così? Perché mi guardi così brutta bestia? Cos’hai da ridere? Perchè ridi?

Perché ridi?

Perché ridi?

La porta è aperta.

La salvezza è dentro di me.

Mi stanno inseguendo. Sono ovunque. Mi sfiorano senza che io lo voglia. Mi guarda___- Mi guardano. Hanno un ghigno stampato sotto gli occhi. Nessuno ride più. Solo un ghigno stampato sotto gli occhi. Si imbruniscono, da dove arrivano? Cosa sono non capisco non mi lasceranno più andare sono loro. Io scappo scappo dal nulla perché il nulla mi segue. Sbatto contro il cemento, dove sto andando le porte si aprono da sole.

Quell’immagine. Ricompare. Mi inquieta. Sono qui per prendermi. Piuttosto la morte. Aiuto. Sono qui. Intorno a me, ovunque, incollate alle pareti. Sussurri! Centinaia di incomprensibili sussurri riempirono la stanza, ripetono debolmente i miei pensieri. ANDATE VIA! Anne! Oh, dio, sono troppe. L’immagine torna. Torna a spaventare il mio cervello. Centinaia di facce mi fissano, sempre con lo stesso ghigno. Le voci si fanno più forti e costanti. Un fracasso di mille terribili sospiri, acuti e gravi, mi perfora; aumenta, aumenta e ad ogni secondo si aggiunge una voce sempre più deforme. Fotogrammi si frammentano imprimendosi nel mio cervello, si mescolano alle grida, alle facce. Al terrore. L’immagine vibra in fronte a me, si intensifica, emana luce, luce rossa. Perché state li immobili a farmi morire delle mie stesse paure? Sempre più frequente, sempre più duratura. Torna l’immagine. Rossa. Sempre più rossa. Sporca. Gli strilli esagerano, i sussurri urlano, perdo l’equilibrio, le facce mi bloccano, sento freddo, mi guardano un uomo morto.

APRI LA PORTA.

189C.

Sono tornato. Sono nella stanza che da alla 189C. L’unica altra porta è dietro.
Queste. Queste che non senti caro diario, sono le mie lacrime. Anch’io vorrei sentirle rigare il mio volto.

Ho perso tutto. No, mi hanno strappato tutto.

Anche l’ultima delle mia lacrime.

Loro mi hanno portato qui, vogliono farmi entrare.

Ma che? Questo è ciò che vedevo?

C? C è scomparso! Al suo posto c’è un sacco di sangue, oh mio Dio. Mi viene da vomitare …

Dove diavolo è finito C?

Cosa ci faccio in questa stanza?

Perché sono qui?

Oddio, quella pozza di sangue …

Cos’è quella roba? Ci sono dei fogli!

Ok, ci sono delle planimetrie. Ci sono delle planimetrie dell’edificio, cazzo, erano nascoste! Ci sono i settori! Si è così. 196 stanze. Ce ne sono altre sembrano di altri piani, sono diversi.

Rooms33.jpg
Rooms34.jpg
Rooms35.jpg

Non capisco.
Ce ne sono altre due diverse. Una sembra solo essere una planimetria di una strana stanza o di un corridoio, è il terzo piano. Questo dovrebbe essere il secondo. Sembrano dei vecchi progetti.

Sono le scale! Uno è il progetto delle scale! C’è anche il passaggio segreto, non sembrano essercene riportati altri. C’è dell’altro …

Merda, qui c’è quello di cui parlava C. Non sono cose scritte da lui, cazzo. Non poteva!

Ricopio:

1 – A si libera. 2 – B si libera. 3 – C non si libera in 189C. 4 – D si libera. 5 – D uccide C in 189C. 6 – D incontra A. 7 – B è nascosto. 8 – D uccide A. 9 – B uccide D 10 – B vince il gioco.

Cazzo siamo in quattro! C è rimasto chiuso, noi altri no. D uccide C? Io ho ucciso C! D incontra A? Anne non ha mai incontrato D. Nessuno sa chi è D! Nessuno l’ha mai visto. B è nascosto? Io non sono nascosto!

L’errore? L’ERRORE! Il vecchio non era pazzo!

Io sono D?

Io non ho ucciso A!

Che … C’è …

C’è una luce, una luce arancio che avanza dietro di me, la mia ombra si alza, si stende sulle pareti.
Chi sei?

Anne?


Parte IV

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.