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Schermi – Capitolo V

 
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Alla fine dell’estate tra l’asilo e il primo anno di scuola elementare mi ammalai di un virus intestinale. Aveva tutti i sintomi della normale influenza; però con un virus intestinale si rimette in un secchio e non nel water perché ci stai seduto sopra – il malore si espelle da entrambe le estremità. Ciò durò per circa 10 giorni, ma poco prima della guarigione ebbi ulteriori problemi di congiuntivite. Le mie palpebre erano così appiccicate dal muco secco generato durante la notte che il primo giorno che mi svegliai con questa infezione pensai di esser diventato cieco. Quando cominciai la scuola elementare avevo il torcicollo per i 10 giorni passati a letto e due occhi gonfi e iniettati di sangue. Josh era in un altra classe e non pranzava con me, così in una mensa sovrappopolata da 200 bambini avevo ancora un tavolo solo per me. Cominciai a tenere nello zaino del cibo sparso da mangiare dopo pranzo nel bagno, poiché il cibo della scuola mi veniva solitamente preso dai ragazzi più grandi che sapevano che non avrei reagito visto che non avevo nessuno a sostenermi. Questa dinamica continuò anche dopo che le mie condizioni migliorarono, poiché nessuno voleva essere amico con il ragazzo che veniva preso di mira dai bulli, per paura che le aggressioni venissero dirette anche contro di loro. L’unico motivo per cui ciò finì fu grazie all’intervento di un ragazzo chiamato Alex. Alex era in terza ed era più grande di molti dei ragazzi di qualsiasi anno. Verso la terza settimana di scuola cominciò a sedersi vicino a me a pranzo, e questo pose una fine immediata alle razzie della mia scorta di cibo. Era abbastanza simpatico, ma sembrava un po’ lento; non parlammo mai a lungo se non quando finalmente riuscii a chiedergli perché si sedesse con me. Aveva una cotta per la sorella di Josh, Veronica. Veronica era in quarta ed era probabilmente la ragazza più carina della scuola. Anche a 6 anni, pienamente convinto che le ragazze fossero disgustose, sapevo già quanto Veronica fosse carina. Quando era in terza, mi disse Josh, due ragazzi ebbero una rissa scatenata da un litigio sul significato della frase che lei scrisse sui loro annuari. Uno di questi colpì l’altro nella fronte con l’angolo dell’annuario, e la ferita richiese dei punti per guarire. Anche se non era nessuno di questi due ragazzi, Alex voleva piacerle e confessò di sapere che io e Josh eravamo migliori amici; supposi che egli sperasse che io avessi potuto riferire a Veronica il suo sedicente gesto filantropico davanti al quale lei sarebbe stata presumibilmente tanto commossa dal suo altruismo che avrebbe cominciato ad infatuarsi di lui. Se le avessi detto ciò, lui avrebbe continuato a sedersi vicino a me fino a quando ne avessi avuto bisogno. Poiché ciò accadde quando Josh stava per lo più a casa mia a costruire la zattera e ad esplorare la zona dal fiume con me, non ebbi nemmeno l’occasione di parlare a Veronica perché semplicemente non la vidi nemmeno. Parlai a Josh della situazione e si fece beffe di Alex, ma disse che l’avrebbe detto a sua sorella visto che glielo chiesi io. Dubitai che l’avrebbe fatto. Josh era infastidito dal fatto che la gente sembrasse così interessata a sua sorella. Mi ricordo che la chiamava “brutto corvo”. Non dissi mai niente a Josh, ma ricordo che volevo dirgli, anche allora, che lei era carina e che un giorno sarebbe stata davvero bella.

Avevo ragione.

Quando avevo 15 anni, stavo guardando un film in un posto che io e i miei amici chiamavano “Cinema della Polvere”. Era sicuramente carino una volta, ma il tempo e la trascuratezza avevano fatto decadere il posto. Questo cinema aveva tavoli e sedie movibili al livello del pavimento, così quando era pieno c’erano davvero pochi posti dove sedersi per vedere bene lo schermo. Il cinema era ancora aperto, immagino, per tre ragioni: 1) Guardare un film là costava poco; 2) Proiettavano un cult movie differente due volte al mese a mezzanotte; e 3) Vendevano birra ai minorenni durante le proiezioni di mezzanotte. Io andai per le prime due, e quella notte stavano proiettando Scanners di David Cronenberg per 1 dollaro. I miei amici e io stavamo seduti nelle ultime file. Volevo sedermi più vicino per vedere meglio, ma ci aveva portato Ryan, così rinunciai. Qualche minuto prima dell’inizio del film un gruppo di ragazze entrò. Erano tutte abbastanza attraenti, ma qualunque bellezza potessero avere era eclissata dalla ragazza con i capelli di un biondo cenere, anche se riuscii a vederla in parte solo di profilo. Quando si girò per sedersi riuscii ad avere la vista completa del suo volto, che mi diede la sensazione di avere delle farfalle nello stomaco – era Veronica.

Non la vedevo da molto tempo. Io e Josh ci vedemmo sempre di meno dopo che sgattaiolammo nella mia vecchia casa quella notte che avevamo 10 anni, e di solito quando andavo a trovarlo lei era fuori con gli amici. Mentre tutti fissavano lo schermo, io fissavo Veronica – guardando altrove solo quando avevo la sensazione di essere inquietante – ma quella sensazione spariva velocemente e i miei occhi tornavano su di lei. Era davvero bella, proprio come avevo supposto quando ero un bambino. Quando cominciarono a scorrere i titoli di coda i miei amici si alzarono e uscirono; c’era una sola uscita e non volevano rimanere bloccati aspettando che la folla fosse uscita. Mi attardai nella speranza di catturare l’attenzione di Veronica. Appena lei e le sue amiche passarono presi l’occasione al volo.

“Ehi, Veronica”

Si voltò verso di me con aria allarmata.

“Sì?”

Mi alzai dal mio posto e camminai verso la poca luce che filtrava dalla porta aperta.

“Sono io, il vecchio amico di Josh… Come… Come va?”

“Oddio! HEY! È passato un botto di tempo!” Disse alle sue amiche, che avrebbe raggiunto a breve.

“Sì, almeno qualche anno! Almeno dall’ultima volta che rimasi da Josh. Come sta lui, comunque?”

“Oh, vero. Ricordo i vostri giochi. Giochi ancora alle Tartarughe Ninja con i tuoi amici?”

Lei rise, io invece arrossii.

“No. Non sono più un bambino… Io e i miei amici giochiamo agli X-men adesso.” Sperai con tutto il cuore che ridesse.

Lo fece. “Ahah! Che carino. Vieni spesso a vedere questi film?”

Ero ancora confuso da ciò che aveva detto.

Pensava davvero che ero carino? Intendeva solo che ero divertente? O mi trovava attraente?

Realizzai improvvisamente che mi aveva fatto una domanda, e la mia mente si arrovellò su quale fosse.

“SI!” dissi un po’ troppo forte. “Sì, o almeno ci provo.. e tu?”

“Vengo giusto qualche volta. Al mio ragazzo non piacevano questi film ma ci siamo lasciati da poco, quindi penso che verrò molto spesso adesso”

Cercai di sembrare normale, ma non mi riuscì. “Oh, figo… Non che vi siete lasciati! Intendo il fatto che adesso potrai venire più spesso!”

Rise ancora.

Provai a recuperare, “Quindi verrai anche tra due settimane? Dovrebbero proiettare il Giorno degli Zombie. È davvero figo.”

“Si, ci sarò.”

Sorrise, ed ero sul punto di suggerire che magari ci saremmo potuti sedere insieme quando lei percorse velocemente lo spazio tra di noi e mi abbracciò.

“È stato davvero bello rivederti” disse con le sue braccia attorno a me.

Cercavo di pensare a cosa dire quando capii che il più grande problema consisteva nel fatto che mi ero dimenticato come parlare. Fortunatamente Ryan, che riuscii ad udire mentre si avvicinava attraverso l’atrio, arrivò e parlò per me.

“Oh, lo sai che il film è finito, vero? Usciamo da questa cazzo di–OOOH SI!”

Veronica mi lasciò andare e disse che mi avrebbe visto la prossima volta. Stava uscendo dalla stanza con la musica porno che Ryan faceva con la bocca in sottofondo. Ero furioso, ma mi passò subito appena sentii Veronica che rideva all’entrata.

Il Giorno degli Zombie non sarebbe uscito abbastanza presto. La famiglia di Ryan era fuori città, così lui non avrebbe potuto accompagnarci in macchina, e gli altri amici con cui ero quella notte non avevano macchine. Un paio di giorni prima del film chiesi a mia madre se potesse accompagnarmi. Rispose immediatamente di no, ma continuai a chiedere e lesse la disperazione nella mia voce. Mi chiese perché volevo andarci così tanto visto che avevo già visto il film, ed esitai prima di dire che speravo di incontrare una ragazza. Sorrise e mi chiese tranquillamente se conosceva questa ragazza e le dissi con riluttanza che si trattava di Veronica. Il sorriso scomparve dalla sua faccia e disse fredda “No.”

Decisi che avrei chiamato Veronica per provare a chiedere un passaggio a lei. Non sapevo se vivesse ancora a casa sua o no, ma valeva la pena di fare un tentativo. Ma poi realizzai che Josh avrebbe potuto rispondere. Non gli parlavo da tre anni oramai, e se avesse risposto non avrei certamente potuto chiedergli di parlare con sua sorella. Mi sentivo colpevole a chiamare per parlare con Veronica e non con Josh, ma misi da parte quella sensazione velocemente; Josh nemmeno mi aveva chiamato in questi anni. Presi il telefono e digitai il numero che era ancora impresso nel mio cervello per averlo digitato così tante volte. Suonò diverse volte prima che qualcuno rispondesse. Non era Josh. Provai un miscuglio di sollievo e irritazione – Realizzai in quel secondo che Josh mi mancava. Avrei chiamato dopo questo Weekend per parlargli, ma questa era la mia unica occasione di sapere se Veronica potesse portarmi o no. La persona mi disse che avevo sbagliato numero.

Ridissi il numero, ma confermò l’errore. Disse che forse avevano cambiato numero e fui d’accordo. Mi scusai per il disturbo e riattaccai. Ero improvvisamente molto triste perché non avrei potuto contattare Josh anche se avessi voluto; mi sentii malissimo per aver avuto paura della possibilità che rispondesse lui al telefono. Era stato il mio unico migliore amico. Realizzai che l’unico modo per tornare in contatto con lui era attraverso Veronica, quindi adesso, non che ne avessi avuto bisogno, avevo un altro motivo per vederla. Dissi a mia madre che non avevo più intenzione di andare al cinema, ma speravo che mi potesse lasciare a casa del mio amico Chris. Si addolcì e mi accompagnò quel Sabato, un paio d’ore prima dell’inizio del film. Il mio piano era di camminare da casa sua fino al cinema visto che viveva a mezzo miglio da lì. Andavano in chiesa presto la domenica, quindi i suoi genitori sarebbero andati a dormire presto il sabato notte, e Chris era d’accordo nel non venire con me visto che aveva programmato di rimanere a chattare con una ragazza che aveva conosciuto online. Disse che il ritorno a casa sua sarebbe stato ancora più solitario dopo che lei mi avesse riso in faccia quando avrei cercato di baciarla, e gli dissi di stare attento a non prendere la scossa quando avrebbe cercato di fare sesso con il suo computer.

Lasciai casa sua alle 11.15.

Cercai di tranquillizzarmi, così arrivai poco prima dell’inizio del film. Ero andato da solo e quindi non volevo stare là in giro mentre aspettavo. Sulla strada per il cinema immaginai che se Veronica si fosse davvero presentata sarebbe stata una coincidenza troppo fortunata arrivare nello stesso momento, così mi domandai se dovessi aspettare fuori o semplicemente entrare. Entrambe le scelte avevano pro e contro. Mentre mi arrovellavo la mente su questi problemi notai che i fasci di luce delle macchine che mi stavano superando erano state sostituite da una singola luce che si rifiutava di passarmi oltre. La strada non era illuminata dai lampioni, quindi stavo camminando nell’erba con la strada a circa due piedi alla mia sinistra; mi spostai un po’ di più verso la mia destra e piegai il collo oltre la mia spalla sinistra per vedere chi c’era dietro di me. Una macchina si era fermata circa 10 piedi dietro di me.

Tutto ciò che potevo vedere era il violento bagliore dei fanali che attraversavano quella cupa ambientazione. Pensai che sarebbe potuto essere uno dei genitori di Chris; forse erano venuti a controllare e avevano scoperto che ero andato via. Non avrebbero dovuto mettere Chris troppo sotto pressione per indurlo a confessare. Feci un passo verso la macchina, e questa interruppe la sua pausa e cominciò a guidare verso di me molto lentamente. Mi oltrepassò e vidi che non era la macchina dei genitori di Chris o qualche altra macchina che avrei potuto riconoscere. Provai a guardare il conducente ma era troppo buio, e le mie pupille si erano ristrette quando avevo guardato le luci accecanti della macchina qualche momento prima. Si allargarono abbastanza da permettermi di vedere una profonda spaccatura nel vetro posteriore della macchina quando andò via. Non pensai troppo a tutta la faccenda; alcune persone trovano divertente spaventare gli altri – anche io spesso mi nascondo dietro gli angoli per saltare davanti a mia madre d’altronde. Avevo calcolato bene i tempi, arrivai circa 10 minuti prima dell’inizio del film. Avevo deciso di aspettare fuori fino alle 11.57, così avrei avuto tempo di trovarla dentro se era già seduta. Mentre prendevo in considerazione la possibilità che non sarebbe venuta, la vidi. Era sola, ed era bellissima. La salutai con la mano e camminai verso di lei. Sorrise e mi chiese se i miei amici fossero già dentro. Le dissi che non c’erano e capii che ciò poteva farle pensare che stavo cercando di farlo diventare un appuntamento. Non sembrava turbata da ciò, nemmeno quando le porsi il biglietto che avevo già comprato. Mi guardò con aria sarcastica e disse “Non ti preoccupare, sono ricca.” Rise e andammo dentro. Comprai per noi una scatola di popcorn e due bevande, e passai la maggior parte del tempo a chiedermi se dovessi mettere la mia mano nella scatola dei popcorn quando lo faceva lei, così si sarebbero toccate. Sembrava godersi il film, e prima che me ne accorgessi finì. Non ci attardammo al cinema, e visto che era una proiezione di mezzanotte non potemmo stare in giro nell’atrio, così uscimmo fuori.

Il parcheggio del cinema era grande, perché collegato con un centro commerciale fallito. Non volendo concludere la serata continuai semplicemente la conversazione camminando casualmente verso il vecchio centro commerciale. Appena fummo sul punto di girare l’angolo e lasciare il cinema fuori dal nostro campo visivo mi guardai indietro e vidi che la sua macchina era l’unica rimasta nel parcheggio. L’altra aveva una grande spaccatura nel vetro posteriore. La mia immediata ansia si tramutò in comprensione. Aveva tutto senso. Il conducente della macchina lavorava qui e doveva aver capito che stavo andando al cinema. Inserire del vero horror nella vita di un fan dell’horror sembrava una mossa ovvia. Camminammo attorno al centro commerciale e parlammo del film. Le dissi che pensavo che il Giorno degli Zombie fosse meglio dell’Alba dei Morti Viventi, ma lei non era d’accordo. Le dissi di quando avevo provato a chiamarla al vecchio numero e del mio dilemma su chi avrebbe risposto. Non lo trovava così divertente come me adesso, ma prese il mio telefono e ci salvò il suo numero. Disse che era il peggior cellulare che avesse mai visto. La sua valutazione non cambiò quando le dissi che non potevo nemmeno ricevere foto. La chiamai, così anche lei si salvò il mio numero. Mi disse che stava per diplomarsi, ma non era andata bene a scuola, tanto che quell’anno non era ancora sicura di iscriversi al college. Le dissi di allegare una sua foto al modulo e l’avrebbero pagata per andare là solo per poterla ammirare. Non rise a questa e pensai che forse l’avevo offesa – avrebbe potuto pensare che intendevo che non sarebbe stata presa per la sua intelligenza. La guardai nervosamente e stava sorridendo, anche in quella poca luce potevo vederla arrossire. Volevo tenerle la mano ma non lo feci. Appena cominciammo a camminare verso l’ultimo lato del centro commerciale, verso il cinema, le chiesi di Josh. Mi disse che non voleva parlarne. Le chiesi se se la stesse almeno passando bene e disse solo “Non lo so.” Immaginai che Josh avesse preso la strada sbagliata e avesse cominciato a mettersi nei guai. Ci rimasi male. Mi sentii colpevole.

Mentre ci avvicinavamo al parcheggio notai che l’auto con il finestrino posteriore rotto era sparita e che la sua macchina era ormai l’unica nel parcheggio. Mi chiese se avessi bisogno di un passaggio e anche se non ne avevo realmente bisogno, le dissi che l’avrei apprezzato. Avevo bevuto tutta la mia soda durante il film e tutto questo camminare stava mettendo pressione sulla mia vescica. Sapevo che avrei dovuto aspettare fino a quando non fossi ritornato da Chris, ma decisi di provare a baciarla quando mi avrebbe lasciato, perché non volevo che questo fastidioso bisogno biologico mi desse ancora noia. Sarebbe stato il mio primo bacio.

Non mi veniva in mente nessun trucco per nascondere quello che dovevo fare. Il teatro era chiuso, quindi avevo una sola opzione. Dissi che dovevo andare dietro al teatro per dover urinare, ma che sarei stato di ritorno dopo “due scrollate”. Ovviamente era uno scherzo, si mise a ridere più di quanto quella battuta dovrebbe fare.

Sulla via del ritorno mi fermai e la guardai. Le chiesi se Josh le avesse mai raccontato le cose carine che quel ragazzino di nome Alex fece per me. Ci pensò per un momento e poi mi disse di sì; mi chiese del perché feci quella domanda, ma le dissi che non c’era una vera motivazione. Josh era un grande amico.

Quando andai nel retro del teatro notai che c’era un cancello con una catena che si estendeva parallelo e fin oltre le mura del palazzo. Nella posizione in cui mi trovavo lei mi poteva ancora scorgere, e la catena sembrava essere sin troppo stretta, quindi decisi di saltarla, così da sparire dalla sua visuale e di ritornare il prima possibile. Forse era un po’ troppo lavoro fare ciò, ma credo sia stato carino. Scalai la recinzione e camminai giusto il tempo per non essere a portata di vista e quindi urinai.

Per un momento gli unici suoni erano i grilli nell’erba dietro di me e la collisione del mio getto con il cemento del muro. Questi suoni furono sopraffatti da un rumore che potei sentire grazie a questa calma, non essendoci stato altro suono a distrarmi.

In lontananza sentii un debole scricchiolio che variò subito in una cascata di vibrazioni tuonanti. Realizzai abbastanza velocemente di ciò che si trattava.

Una macchina.

Il ruggito del motore si fece sempre più rumoroso. E pensai.

Non più rumoroso, più vicino.

Come mi resi conto di questo indietreggiai fino al cancello, ma prima che potessi arrivare ad essere abbastanza lontano sentii un breve, troncato urlo, e il rombo del motore terminò in un tonfo assordante. Iniziai a correre, ma dopo due o tre passi inciampai su un pezzo di roccia e caddi duramente e velocemente sul calcestruzzo – colpii l’angolo della sedia con la mia testa mentre cadevo. Rimasi stordito per circa 30 secondi, ma il ritorno del suono del motore mi fece riaffiorare i sensi ed il mio equilibrio fu ripristinato dall’adrenalina. Raddoppiai i miei sforzi. Ero preoccupato che chiunque avesse sbattuto con l’auto potesse infastidire Veronica. Come mi arrampicai oltre il recinto vidi che c’era una sola macchina nel parcheggio. Non c’erano segni di un incidente. Pensai che giudicai male la direzione o la vicinanza. Come corsi verso la macchina di Veronica e cambiai orientamento vidi che la macchina era stata colpita. Le mie gambe si fermarono completamente.

Era Veronica.

La macchina stava tra di noi e come mi avvicinai la vidi completamente.

Il suo corpo era contorto ed accartocciato come fosse una figura di un catalogo delle cose che un corpo umano non può fare. Riuscivo a vedere l’osso del suo stinco destro tagliarla attraverso i jeans, e il braccio sinistro era avvolto così fortemente alla parte posteriore del collo che la mano cadeva sul suo seno destro. La testa fu piegata all’indietro e la sua bocca appesa largamente verso il cielo. C’era molto sangue. Mentre guardavo ho effettivamente trovato difficile capire se giaceva di schiena o di stomaco, e se questa illusione ottica mi fece raccapricciare. Quando ti devi confrontare con qualcosa che non dovrebbe far parte di questo mondo, il tuo cervello cerca di convincersi che sta sognando, ed a tal fine provvede ad invaderti con quel senso che tutto si muova più lentamente come se fosse attraverso uno specchio d’acqua. In quel momento onestamente credevo che mi sarei svegliato a minuti.

Ma non mi svegliai.

Tentai di usare il telefono per chiamare aiuto ma non c’era campo. Potevo vedere il telefono di Veronica spuntar fuori da quello che credevo fosse la tasca anteriore destra. Non avevo scelta. Tremante, raggiunsi il telefono e come lo sfilai si mosse boccheggiando così forte che sembrava volesse respirare l’intero mondo.

Mi spaventai così tanto che indietreggiai di colpo e caddi sull’asfalto con il telefono in mano. Stava tentando di aggiustare il suo corpo per farlo tornare in una posizione più naturale, ma ad ogni spasmo ed ogni strattone potevo sentire il rompersi ed il macinarsi delle sue ossa. Senza pensare corsi verso di lei e misi la mia faccia sulla sua dicendole

“Veronica, non muoverti. Non muoverti, ok? Stai ferma. Non muoverti. Veronica, ti prego di non muoverti.”

Continuavo a dirlo ma le mie parole si interruppero e delle lacrime iniziarono a rigare il mio volto. Accesi il cellulare. Funzionava. Era fermo ancora alla schermata di quando salvò il mio numero e quando vidi ciò sentì come il cuore spezzarsi. Chiamai il 911 ed aspettai insieme a lei, dicendole che tutto sarebbe andato bene, e sentendomi in colpa per le menzogne che gli stavo dicendo.

Quando il suono delle sirene squarciò il silenzio, sembrò diventare ancor più vigile. Era rimasta cosciente sin da quando la trovai, ma ora una luce si riaccese nei suoi occhi. Il suo cervello la stava proteggendo dal dolore, ma in quel momento sembrava come se le fece capire che qualcosa di davvero terribile gli era capitato. Girò gli occhi verso di me e le sue labbra iniziarono a muoversi. Parlò con difficoltà, ma riuscii a capire.

“L…lui…F..fo…..foto. La mi…la mia foto…ha preso la foto.”

Non riuscì a capire cosa stesse dicendo, così dissi l’unica cosa che potevo “Scusa, Veronica.”

Salii con lei sull’ambulanza fino a che non perse conoscenza. Aspettai nella stanza che avevo riservato per lei. Avevo ancora il suo cellulare quindi lo rimisi nella borsetta e chiamai mia madre dal telefono dell’ospedale. Erano le quattro di mattina. Le dissi che io stavo bene, ma Veronica no. Mi maledisse e disse che sarebbe venuta qui, ma io le dissi che non avrei lasciato Veronica da sola fino a che non sarebbe uscita dalla sala operatoria. Disse che sarebbe venuta comunque.

Mia madre ed io non parlammo molto. Le dissi che mi dispiaceva averle mentito, ma rispose che ne avremmo parlato più tardi. Penso che se avessimo parlato di più in quella stanza – se solo le avessi detto delle scatole o della notte con la zattera; se solo mi avesse detto più di quanto sapesse – penso che le cose sarebbero andate diversamente.

Ma rimanemmo seduti in silenzio. Mi disse che mi amava e che potevo chiamarla ogni volta che volevo mi venisse a prendere.

Come mia mamma se ne andò i genitori di Veronica si precipitarono ad entrare. Suo padre e mia madre parlarono di qualcosa che sembrava essere parecchio importante mentre la madre di Veronica parlava con la persona alla scrivania. Ella era un’infermiera, ma non lavorava in quell’ospedale. Credo cercasse di far trasferire Veronica, ma le sue condizioni erano proibitive. Nel frattempo che aspettavamo che la polizia entrasse e ci interrogasse – dissi cosa era accaduto, mi fecero alcuni appunti, e quindi se ne andarono. Uscì dalla sala operatoria e il 90% del suo corpo era ricoperta da uno spesso, bianco, strato di gesso. Il braccio destro era libero, ma il resto del suo corpo era avvolto come fosse un bozzolo.

Era ancora incosciente, ma ricordai come mi sentii quando ero all’asilo col braccio rotto. Chiesi ad un’infermiera un evidenziatore, ma non riuscivo a pensare a nulla da scrivere. Dormii nella sedia nell’angolo, e andai a casa il giorno seguente.

Tornavo ogni pomeriggio per diversi giorni. Ad un certo punto spostarono un altro paziente nella stessa stanza e posizionarono uno schermo attorno al letto di Veronica per dividerli. Non sembrava affatto stare meglio, ma aveva dei momenti di lucidità. Ma anche in questi attimi non parlavamo molto. La sua mascella fu spezzata dalla macchina, quindi i dottori l’avvertirono di starsene zitta. Restai seduto con lei per un bel po’, ma non c’era niente che potessi dire. Mi alzai e camminai verso di lei. La baciai sulla fronte e mi sussurrò a denti stretti,

“Josh…”

Questo mi sorprese un po’, ma la guardai e le dissi, “Non è ancora venuto a trovarti?”

“No…”

Mi arrabbiai. “Anche se Josh è nei guai, dovrebbe venire a vedere come sta sua sorella,” pensai.

Stavo per esplicarlo quando mi disse, “No… Josh… scappò via… Dovevo dirtelo.”

Sentii il mio sangue raggelarsi.

“Quando? Quando è successo?”

“Quando aveva tredici anni.”

“Ha…ha lasciato una lettera o qualcosa?”

“Sul suo cuscino…”

Iniziò a piangiere e io la seguii, ma ora che ci penso stavamo piangendo per ragioni differenti anche se non lo intuii all’epoca. A questo punto c’erano tantissime cose che non ricordavo della mia infanzia, e c’erano ancora un sacco di connessioni che ancora non avevo fatto. Le dissi che dovevo andare ma che poteva mandarmi un messaggio in qualsiasi momento.

Ricevetti un sms il giorno successivo dicendo di non tornare. Le chiesi il perché e mi rispose che non voleva che la vedessi in quello stato di nuovo. Acconsentii a malincuore.

Ci sentivamo via sms ogni giorno, ma tenni mia madre all’oscuro di questo perché non voleva che parlassi con Veronica. Solitamente i suoi messaggi erano piuttosto brevi, e la maggior parte erano risposte a dei messaggi ben più lunghi che le inviavo. Tentai di chiamarla una volta, ero sicuro che avesse disattivato le videochiamate, ma speravo di sentire la sua voce; rispose ma non disse nulla – potevo sentire la fatica nel respirare. Circa una settimana dopo disse di non venire mai più a vederla e mi mandò un messaggio che diceva,

“Ti amo.”

Ero colmo di molte emozioni contrastanti, ma risposi ascoltando quella che prevaleva. Risposi,

“Ti amo anch’io.”

Mi disse che voleva essere con me, e che non vedeva l’ora di rivedermi. Aggiunse che fu rilasciata e che era in convalescenza a casa sua. Questi scambi continuarono per diverse settimane, ma ogni volta che le chiedevo di vederla, mi rispondeva “presto”. Continuai ad insistere e la settimana seguente mi disse che forse poteva venire a vedere il prossimo film di mezzanotte. Non riuscivo a crederci, ma lei insisteva che voleva provarci. Ricevetti un suo messaggio il pomeriggio del film che diceva,

“Ci vediamo stasera.”

Mi feci dare un passaggio da Ryan visto che i genitori di Chris capirono cosa accadde e mi dissero anche che non ero più bene accetto a casa loro. Spiegai a Ryan che lei doveva essere in condizioni pessime, ma che mi importava davvero di lei e quindi di lasciarci un po’ di spazio. Accettò e quindi ci dirigemmo laggiù.

Veronica non si fece vedere.

Riservai un posto per lei accanto a me e vicino l’uscita così poteva entrare ed uscire facilmente, ma dieci minuti dopo l’inizio del film un uomo si sedette in quella sedia. Sussurrai “Mi scusi, ma questa sedia è presa,” ma non rispose; continuava a guardare lo schermo. Ricordo che volevo spostarmi perché c’era qualcosa di sbagliato nel modo in cui respirava. Ma rinunciai perché capii che lei non si sarebbe fatta vedere.

Le mandai un messaggio il giorno seguente chiedendole se stava bene e domandandole il perché non si fece vedere la notte precedente. Rispose con quello che sarebbe diventato l’ultimo messaggio che ricevetti da lei. Diceva,

“Ci vedremo ancora. Presto.”

Era delirante, ed ero preoccupato per lei. Le inviai diverse risposte domandandole del film e dicendole che non era un grosso problema ma lei non rispose. Fui sempre più turbato nei giorni successivi. Non potevo rintracciarla a casa perché non sapevo il numero, e non ero neanche sicuro di dove vivessero. Il mio umore divenne sempre più depresso, e mia madre, che iniziò ad essere carina un po’ in ritardo, mi chiese se stavo bene. Le dissi che non sentivo Veronica da giorni, e sentii tutto il calore che lei mi lasciò a sua disposizione.

“Cosa intendi?”

“Dovevamo incontrarci per il film ieri. So che sono passate solo tre settimana da quando si è ripresa, ma disse che avrebbe provato a raggiungerci, e dopo ciò ha smesso di parlarmi. Credo debba odiarmi.”

Mi guardò confusa, e potevo leggerle in faccia che stava cercando di dirmi se la mia mente non si era rotta. Quando vide che non sapevo i suoi occhi si riempirono di lacrime e mi tirò verso di lei, abbracciandomi. Stava iniziando a singhiozzare, ma sembrava una reazione un po’ intensa per il mio problema, e non avevo alcuna ragione per pensare che a lei importasse tanto di Veronica. Tirò un sospiro pesante e quindi disse qualcosa che mi procura nausea anche oggi. Disse,

“Veronica è morta, tesoro. Oh dio, credevo lo sapessi. È morta l’ultimo giorno in cui sei andato a visitarla. Oh piccolo, è morta da settimane.”

Era completamente affranta, ma sapevo che non lo era per Veronica. Spezzai l’abbraccio e indietreggiai barcollando. La mia mente stava nuotando. Non poteva essere possibile. Avevo scambiato qualche messaggio con lei ieri. Potevo soltanto fare una domanda, e fu probabilmente la più banale che potessi chiedere.

“Allora perché il cellulare è ancora acceso?”

Continuava a singhiozzare. Non mi rispose.

Esplosi, “PERCHÈ CI HANNO MESSO COSÍ TANTO A SPEGNERE QUEL DANNATO TELEFONO?!”

Il suo pianto cessò ed iniziò a borbottare, “Le immagini…”

Scoprii che i suoi genitori pensavano che il suo cellulare si era perso nell’incidente, nonostante io stesso lo abbia messo dentro la borsetta la notte che fu portata all’ospedale. Quando recuperarono i suoi effetti personali il telefono non c’era tra di essi. Avevano intenzione di contattare la compagnia telefonica alla fine del ciclo di pagamento per disattivare la linea, ma ricevettero una chiamata che li informò di un onere enorme ed imminente per centinaia di immagini che erano state inviate dal suo cellulare. Foto. Foto che erano state inviate tutte al mio cellulare. Foto che non ho mai avuto perché il mio telefono non può riceverle. Scoprirono che furono mandate tutte il giorno che lei morì. Disattivarono il cellulare immediatamente.

Cercai di non pensare al contenuto di quelle foto. Ma ricordo che chiesi per qualche ragione se ero in alcune foto.

La mia bocca si seccò e sentì il doloroso morso della disperazione come pensai all’ultimo messaggio che ricevetti dal suo cellulare…

Ci rivedremo ancora. Presto.

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