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Ten

 
La maggior parte delle storie, tranne quelle nella categoria "Scritte da me" o "Scritte da voi" sono prese dal sito Creepypasta Italia Wiki

Ero un bravo ragazzino, strano e silenzioso. Ero quello che non parlava molto, quello che poteva passare inosservato in mezzo ad una folla. Ero una creatura pura.

Ma poi provai il dolore e iniziò a cantare per me.
Dieci, nove, otto, sette…

Avevo paura all’inizio, beh, non dovrebbe essere normale per nessuno sentire qualcosa che gli altri non sentono, ma quella canzone era così pacifica, dava quasi assuefazione, che avrei voluto far durare per sempre. Era il riflesso di come le persone si erano abituate a vedermi.

Era anche un’arma, l’ago che ho infilato nei loro occhi mentre cercavano di schiacciarmi ogni volta che quei luridi mostri si stancavano della mia passività. Quando mi sentivo stressato e depresso la voce si faceva più forte, quando ero solo mi confortava, e quando provavo dolore leniva la mia sofferenza. Non lo sapevano. Loro ancora non lo sanno.
“Coglioncello inoffensivo”.
“Coglioncello inoffensivo”.

Non sono inoffensivo. La mia testa è una cazzo di pistola carica.
Dieci, nove, otto, sette, sei, cinque, quattro…

Non l’hanno notato, erano tutti concentrati sulla mia apparente calma esteriore. A quel tempo, non mostrai mai niente a nessuno e questo li preoccupava. Era innaturale. Il mio viso rimaneva impassibile mentre si prendevano gioco di me, il mio corpo non ha mai lasciato che intuissero che la loro rabbia aveva nutrito la mia, cresciuta violenta e cieca, ma ancora inespressa.

Ho dominato il mio mondo come volevo io.

Le persone sono come gli animali. Il loro unico modo di salvarsi dal pericolo è quello di fiutarlo, ma la loro mancanza di istinto di conservazione e di buonsenso lascia che la spavalderia prevalga su qualunque altra emozione. A loro piace rischiare tutto per abusare degli altri. Sono curiosi di sapere quanto tempo ci vuole finché la tua pelle non si stacchi e lasci loro vedere cosa c’è sotto. Ero arrabbiato tutto il tempo e nessuno l’aveva mai notato prima. Non mi importava, non erano affari loro. Non credo se ne siano ancora fatti un’idea. Si staranno chiedendo ancora perché l’ho fatto.

“Signorina, ho preso ciò che mi serviva davvero.” Poi il conto alla rovescia è iniziato.
Dieci, nove, otto, sette, sei, cinque, quattro…

Ero un coglioncello innocuo, come hanno detto.

Tre.

Dicevano che ero un disadattato.

Due.

Dicevano che non mi sarei mai integrato.

Uno.

Tutto ciò che desideravo era avere una giornata libera dalla loro rabbia e dalla mia, solo 24 ore di sollievo. Volevo che sapessero come ci si sente ad essere me. Mentre urlavano come maiali risi così forte da sentire la mia risata attraverso il suono di quella canzone rumorosa, ronzante, che stava iniziando ad aumentare di volume. I loro scherzi erano fastidiosi, loro non dimenticheranno mai il mio, invece. Quando le loro urla si fecero più forti la canzone mi suonò in modo così assordante nella testa da farmi ardere gli occhi e tremare il corpo. Non riuscivo a farla smettere, era come se non avessi la capacità di sbarazzarmene.

Gli occhi chiusi, tutto quello che riuscivo a sentire ero io. Quello ero io.

Hanno cercato di cambiarmi isolandomi, picchiandomi, facendosi beffe di me, ferendomi, sputandomi, calpestandomi, prendendomi in giro. Come avrei potuto agire diversamente?

Il mio cervello era pieno di cicatrici e dovevano vedere con i loro stessi occhi cosa mi avevano fatto.

Zero.

Finalmente l’ultima cicatrice è entrata a far parte del resto del club. Quella pallottola non mi ha fatto alcun male.

Loro sì.

Ora provate a cancellare questo dalla lavagna.-Jeremy Wade Delle

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