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The Life in the Machine

 
La maggior parte delle storie, tranne quelle nella categoria "Scritte da me" o "Scritte da voi" sono prese dal sito Creepypasta Italia Wiki

Essendo un programmatore, uno dei miei sogni è sempre stato quello di creare un videogioco originale, qualcosa che nessuno avesse mai fatto nel settore.

Dopo aver dato un’occhiata a Spore, ne rimasi intrigato. In questo c’era un tentativo di affidare alle persone il controllo dell’universo. Dopo aver ricercato cosa rendeva i videogiochi tanto popolari, capii che la principale causa era il controllo.

Le persone, nella loro vita quotidiana, non hanno alcun controllo su ciò che li circonda. Gli dicono cosa fare, dove andare e come vivere. I loro lavori consistono in stare in piedi o seduti da qualche parte fino alle cinque del pomeriggio, quando hanno il permesso di tornare a casa. Non è un mistero che siano infelici.

Per molte persone i videogiochi sono un modo per fuggire da un mondo dove sono sotto controllo, o vivere emozionanti vite non vere, ricche d’avventura. L’aspetto del “controllo” si trova generalmente nei giochi strategici, quello dell'”avventura” è una caratteristica dei giochi di ruolo.

Diedi uno sguardo a giochi come The Sims, e notai che ciò che li rende così popolari non è solo l’illusione del controllo, ma anche il grado di controllo: hai insomma il controllo completo sulla vita delle persone.

Prima di The Sims, c’era SimEarth. Un gioco in cui non controlli soltanto le singole persone, bensì un’intera Terra! Giunsi alla conclusione che dovevo sviluppare un gioco simile a Spore, in cui il giocatore “guida” in maniera sottile l’evoluzione. Il fatto che Spore fu un tale fallimento dipendeva dalla mancanza di realismo nel controllo che le persone avevano. Assomigliava a malapena all’evoluzione.

Per fare ciò, cominciai a generare un sistema fisico. Sapevo ben poco di fisica, ma decisi di studiarla, e cercai di crearne una versione semplificata, in cui alcune particelle potevano interagire tra di loro in modi specifici. Alla fin fine, la fisica è semplicemente matematica complessa.

Simulai l’energia e la materia, e creai un sistema semplice, con un sole che emetteva energia e un pianeta che gli girava attorno, raccogliendo tale energia.

Decisi di creare delle semplici cellule di base, partendo da zero, che erano “cablate a codice” nell’universo che stavo progettando, per così dire. Vivevano con l’energia emessa dal mio sole, e avevano un codice genetico che generava a sua volta codici per le sostanze prodotte da tali cellule. Credo potreste definirli i miei eucarioti.

Il mio mondo, dopo pochi minuti, si riempiva sempre delle suddette cellule, che dopo di ciò si trasformavano, e la cellula più efficiente nel convertire l’energia proveniente dal sole in sostanze utili alla mitosi sopravviveva. Era molto noioso, ma suppongo abbia funzionato.

Decisi di espandere il sistema fisico, e obbligare le cellule a produrre materiali di scarto, che erano tossici e le avrebbero uccise. Notai che alcune cellule risposero a ciò producendo meno scarti; altre risposero creando qualcosa per espellerli. Altre ancora, alla fine, svilupparono delle sostanze chimiche per pulire i materiali di scarto.

Tuttavia, notai qualcosa di affascinante. Far girare la simulazione per un po’ di secoli (pochi minuti nella vita reale) generava cellule che creavano quantità enormi di materiali di scarto specifici di proposito. Mi accorsi che le altre cellule, di conseguenza, morirono, e per tutta risposta le prime si appropriarono delle costruzioni che avevano ricavato con l’energia. Erano nati i primi predatori.

Con essi, la diversità in questo piccolo mondo incrementò rapidamente. Alcune cellule svilupparono la capacità di allontanarsi alla vista delle tossine; altre la resistenza ad esse. Quelle che acquistavano resistenza alla fine avrebbero ottenuto la capacità di utilizzare le tossine a loro volta.

Alla fine, mi accorsi di qualcosa d’interessante. Le cellule che si allontanavano dalle tossine si riunirono con le cellule che le utilizzavano. Rimasero vicine, e si aiutarono a vicenda. Infine questi tipi di cellule univano l’una con l’altra. Formavano una strana simbiosi, in cui la cellula che normalmente si sarebbe allontanata dalle tossine si muoveva nei posti in cui si trovavano, e l’altra cellula consumava le tossine e forniva un po’ di energia a quelle che si muovevano.

Senza scendere troppo nei dettagli, accadde che mi emozionai molto, e decisi di far girare questa simulazione nella mattinata (ero rimasto sveglio fino alle cinque del mattino), mentre ero a letto a riposare. Quando mi svegliai verso le undici, mi accorsi che il mondo che avevo creato era cambiato, ed era a malapena riconoscibile.

Strutture gigantesche, simili a piante, vi crescevano, consumate da altri organismi che le fagocitavano. Tuttavia, dando un’occhiata al log, notai che il mondo non era cambiato di molto nelle ultime due ore circa. Avevo raggiunto un altro “punto di stasi”, in cui la semplicità della mia simulazione impedì alle forme di vita più complesse di evolversi.

Ampliai il sistema frazionando l’energia in tipi differenti, con lunghezze d’onda diverse che erano assorbite in misura differente da diverse molecole. Implementai vibrazioni nell’aria, creai una simulazione migliorata del peso, e feci ancora altri piccoli ritocchi.

A causa di ciò, la simulazione girava più lentamente, ma ne valeva la pena. Rimasi attorno tutto il giorno assistendo eccitato alla simulazione e giocando con essa: provocava un’incredibile dipendenza. Gli organismi complessi, evolutisi, cooperavano tra loro. Le piante che dipendevano l’una dall’altra, oppure attiravano i predatori che divoravano le creature orribili che si cibavano di esse.

Me la spassai, e mi accorsi di come alcune creature avessero sviluppato dei “versi d’allarme”. Ciò sta a significare che, se si fossero accorti della presenza di un predatore, emettevano un suono, e tutti gli altri della loro specie fuggivano in buche precedentemente scavate. Altri svilupparono “versi d’accoppiamento”.

Decisi di divertirmi un po’. Creai uno strumento di copia, che mi permetteva di caricare specifici organismi sulla Terra, e lo usai per scrivere il mio nome. Creai 10 meteoriti, e li copiai su un pezzo di terra per creare un’isola, poiché volevo verificare se gli animali bloccati da entrambi i lati si sarebbero evoluti in direzioni differenti. Feci un’isola a forma di smiley, con eruzioni vulcaniche.

A quel punto mi resi conto che ero rimasto nuovamente sveglio fino alle cinque del mattino, dato che udii gli uccelli all’esterno. Mi sentii ancora stanco, e mi svegliai a l’una o giù di lì. Quando diedi di nuovo uno sguardo alla mia simulazione, rimasi scioccato.

Diversi gruppi di animali di una sola specie avevano fatto delle statue con la pietra. Alcune con la forma di uno smiley; altre nella forma del mio nome. Non sapevo perché stessero facendo ciò, o come. Ciò che notai era che si attaccavano a vicenda di volta in volta.

Non sapevo cosa fare in quella situazione, ma conclusi che questi organismi dovevano in qualche modo essersi accorti che lo smiley e il nome che avevo scritto erano “speciali”. Il combattimento mi turbò, è così decisi di creare una gigantesca catena montuosa attraverso le eruzioni vulcaniche per separare i due gruppi.

A questo punto, i cambiamenti avvenivano più in fretta rispetto a prima. Dovetti passare una notte a dormire per vedere le tribù evolversi nella mia simulazione, ma mentre andavo a prendermi uno spuntino o andavo in bagno, notavo che i membri della tribù indossavano vestiti diversi, o cambiavano tipo d’abitazione.

Il loro numero, inoltre, continuava ad aumentare. Ad un certo punto, notai che le creature cominciarono a rappresentare i loro simboli sulla terra, e non si limitavano più a copiare i miei. La maggior parte di essi mi appariva casuale ed indecifrabile, ma uno spiccava sugli altri.

Gli organismi avevano creato un simbolo a loro somigliante. Un piccolo cerchio, con un quadrato sotto di esso. All’interno del quadrato, si poteva trovare un punto nel suo centro. Ciò simboleggiava l’apparato visivo delle creature, poiché avevano due organi visivi: uno sul davanti, e uno dietro. Nel quadrato, vi erano raffigurati altri organi sensitivi e riproduttivi.

A fianco del cerchio, al di sopra del quadrato, si poteva scorgere qualcosa di somigliante al disegno di una forca. Due di queste forche erano state rappresentate in direzioni opposte. E fianco ad esse si poteva scorgere lo smiley.

Mi resi conto di qualcosa. Non stavano comunicando tra di loro. Stavano cercando di comunicare con qualcosa di esterno. La mia intromissione nel loro paesaggio gli fece capire che “lì fuori” c’era qualcosa di potente, capace di cambiare il loro mondo.

Mi domandai se simboli come Stonehenge o le piramidi nel mio mondo potessero essere segni di primitivi che cercavano di fare la stessa cosa: pregare il loro creatore, di loro responsabile, di intraprendere un contatto con loro. Tuttavia, una cosa era ormai innegabile. Queste creature si erano rese conto che c’era qualcosa lì fuori.

M’interrogai a lungo. Ho la responsabilità d’intraprendere un contatto con qualcosa d’irreale? O queste creature sono reali in un modo differente? Può essere reale qualcosa solamente perché esso è capace di avere un concetto di sé stesso? E anche se sono reali, significa che è meglio se cominci io un contatto con loro? Devo forse cambiare la mia simulazione, in modo da assicurare loro la felicità permanente? È possibile per me fare una cosa del genere?

Non volevo confermare loro la mia esistenza, ma volevo essere capace di comunicarvi. Decisi di programmare un profeta. Un organismo simile a loro nell’aspetto, controllato interamente da me, che non poteva essere accusato di essere diverso.

Feci in modo che nascesse in una posizione potente, come figlio di un capo. Decisi di guidarli tramite degli esempi, di capeggiarli, e cercare d’insegnare a queste creature l’inglese, così che potessi comunicare con loro. In qualità di profeta, insegnai loro che l’inglese era la lingua che potevamo usare per comunicare con “il Più Grande”. Non avrebbero avuto modo di essere sicuri se era vero o no.

Non ero ancora deciso se rivelarmi o meno, ma volevo essere capace di capire cosa volevano dirmi. Entro qualche generazione, tutti parlavano inglese.

E rapidamente, segni in inglese cominciarono a sorgere sulla terra.

“Guidateci”, “mostrate la vostra grandezza”, “aiutateci”.

E, durante i periodi di malattia, o carestia, o miseria generale:

“Dateci del cibo”, “mostrateci un miracolo”, “ponete fine alle nostre sofferenze”.

Decisi che non potevo mantenere un mondo con tanta sofferenza, come emergeva dalla simulazione, senza intervenire. Perché avrei dovuto accettare un mondo con morti, stupri e omicidi, se avessi potuto farne uno senza?

Implementai degli aggiornamenti graduali, così che non fossero additati come miracoli. Gli omicidi e gli stupri diventarono più rari col passare degli anni, così come la mortalità giovanile.

Credevo non avrebbero notato il cambiamento attraverso le generazioni, ma se ne accorsero.

“Grazie mille”, “mandiamo tutte le nostre benedizioni al Più Grande”, “vi amiamo”.

E la più struggente:

“Tornate tra noi”.

Le lacrime cominciarono a scorrermi sul viso. C’era qualcosa lì; e sapeva che c’ero, e potevo contattarli, ma non volevo a causa della paura di ciò che avevo creato.

Sentivo però di avere una responsabilità.

Così, caricai nuovamente il personaggio che avevo creato, e andai dal loro re, chiedendo di parlare a tutti i loro uomini più saggi. Ma, in quel momento, non fui creduto.

“Siete il numero 1341 che afferma di essere un avatar del Più Grande. Se siete davvero Lui, prego il vostro perdono, ma per favore, mostrateci un segno, prima di domandarmi di riunire tutti i saggi”.

E così esitai, ma risposi.

“Domani ci saranno altre due meteore, che cadranno su un’isola deserta di fronte a voi, nello stesso giorno. E quando questo succederà, non dubitate ulteriormente e realizzate che sono tornato a riparare il mondo danneggiato che ho creato”.

E così uscì dal mio avatar per continuare la simulazione fino al giorno dopo e scagliai due meteore sull’isola deserta di fronte alla terraferma, dove in migliaia si erano riuniti in attesa di un segno.

Alla discesa delle meteore, si tennero dei festeggiamenti. Tutti gli organismi senzienti si radunarono attorno la piccola casa dove uscii dal mio avatar e si stesero a terra, in apparente adorazione dell’uomo che era stato visto lì l’ultima volta, e timorosi di avvicinarsi.

Non sapevo ormai chi avesse più paura, se me o loro. Caricai di nuovo il mio avatar, e uscii dalla casa. Le creature continuavano a stare stese sulla terra, in silenzio assoluto; come se si sentissero indegni di parlare.

“Fate alzare i vostri uomini più saggi”, dissi loro.

E così si alzò una di queste creature dall’aspetto bizzarro.

“Vi ringraziamo per essere tornato. Diteci pure, avete qualche richiesta per noi?”.

Esitai, prima di rispondere: “Non c’è nulla che possiate fare per accontentarmi, ma siate gentili l’uno con l’altro ed elencatemi i vostri desideri e le vostre paure”.

La creatura rispose: “Sappiamo che provenite da un mondo differente, e abbiamo paura. Ci rendiamo conto di quanto siamo vulnerabili, e di quanto incompleta sia la nostra esperienza. Vi prego, permetteteci di unirvi a voi nel mondo dal quale ci avete creato”.

Cominciai a piangere davanti allo schermo del computer, mentre risposi: “Non so come fare”.

La creatura rispose: “Al costo di ferirvi, occorre che comprendiate la gravità della nostra situazione. Vivendo in un mondo incompleto, rischiamo costantemente di scomparire nel nulla, per sempre. Non riusciremmo nemmeno a renderci conto della nostra stessa fine”.

Mi resi conto che non riuscivano a comprendere che avevo il potere assoluto solo sul loro mondo, e non al di fuori di esso. Non capivano nemmeno che la mia conoscenza del loro mondo era limitata. Potevo anche averlo creato partendo da semplici leggi, ma queste avevano dato vita ad una realtà a sé stante che andava oltre la mia comprensione.

Risposi nuovamente: “Ho potere solo nel vostro mondo. Nel mio mondo non ne ho alcuno, e perciò non posso condurvici, poiché esso non è sotto il mio controllo. Non capisco neanche il mondo che ho creato. Non so cos’è meglio per voi. Solo voi lo sapete, e dovete informarmi su cosa volete davvero”.

L’uomo esitò per un istante. Ero sul punto di pensare che stessero per smettere di comunicare con me, prima che il loro uomo più saggio rispondesse:

“Avete creato un mondo incompleto, con creature che non hanno scampo da esso, e non avete il potere di salvarle. Esse sono completamente oppresse, e non hanno potere. Siamo nelle vostre mani, e perciò vi chiediamo, dal più profondo dei nostri cuori: finiteci”.

Ormai stavo piangendo, ero confuso e mi era stato chiesto di fare l’impossibile. Il mio stesso figlio mi stava chiedendo di ucciderlo.

Fu in quel momento che notai che le luci nella mia stanza stavano tremolando, prima che il mio computer si spegnesse improvvisamente. Urlai. Non appena provai ad accenderlo di nuovo, mi accorsi che non funzionava. Chiamai la compagnia elettrica, che mi disse che, a causa di un incidente, un sovraccarico di corrente si era cosparso attraverso la rete. Mi promisero che mi avrebbero pagato per eventuali danni.

Riattaccai e meditai sull’accaduto. La coincidenza era troppo grande per essere immaginabile. E mi domandai: se queste creature erano in balia di un creatore confuso, potrebbe essere la stessa cosa anche per me? E se fosse così, vorrebbe dire che il mio creatore mi ha appena impedito di ripetere il suo stesso errore?Screenshot-2

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