Home » Tre tocchi

Tre tocchi

 
La maggior parte delle storie, tranne quelle nella categoria "Scritte da me" o "Scritte da voi" sono prese dal sito Creepypasta Italia Wiki

Durante il mio terzo anno di università, le cose andavano molto bene. Dividevo l’affitto di questo accogliente, seppur piccolo appartamento, con un ragazzo conosciuto fra i banchi e lavoravo come cameriere alcune sere a settimana in un ristorante vicino a casa.

In una delle mie sere libere, il mio coinquilino uscì con la sua ragazza. Aveva passato quasi un’ora davanti allo specchio nella sua camera, raggiungendomi ogni tanto in salotto per chiedermi come stava vestito in un modo o in un altro. Prima di uscire mi disse che sarebbe rimasto a casa della sua ragazza, e io sorrisi al pensiero di avere l’appartamento tutto per me.

Mi preparai la cena, tornai a sedermi sul divano e mi guardai un film dell’orrore. A metà del film, con la suspance che si era creata in tutta la casa, sentii alla porta tre tocchi. Mi alzai dal divano, innervosito per quell’interruzione, e raggiunsi l’ingresso per vedere chi avesse bussato.

Quando aprii la porta, però, non trovai nessuno.

Al piano superiore, in un altro appartamento, sapevo che c’era una famiglia. Sapevo che uno dei due bambini era il tipo di ragazzino a cui piaceva fare scherzi a tutti, quindi scossi il capo e accantonai l’accaduto.

Finito il film mi alzai per riportare il piatto sporco in cucina, ma non feci in tempo a raggiungerla che sentii nuovamente quei tre tocchi alla porta. Sbuffai, misi il piatto nel lavello e mormorai un veloce “Arrivo!”, prima di raggiungere l’ingresso.

Come prima, sul pianerottono lo c’era anima viva. Questa volta, però, sentii la risatina divertita di un bambino. Ricordandomi del ragazzino del piano superiore, gli urlai dietro che se non l’avesse piantata con questo stupido scherzo, avrei detto tutto a sua madre. Ma, ancora una volta, il bambino ridacchiò.

Chiusi la porta a chiave e mi voltai verso l’orologio appeso a circa un metro e mezzo dal divano. Era tardi, ma io non ero affatto stanco. Tirai le tende del salotto, mi sedetti nuovamente sul divano e guardai un po’ di televisione, facendo zapping fra i canali per cercare qualcosa di interessante.

Non so come o che ora fosse, ma ad un certo punto mi addormentai. Furono gli ormai tre tocchi a svegliarmi: era l’una del mattino. Mi chiesi come mai la madre di quel fastidioso ragazzino lo lasciasse uscire da casa così tardi.

Ignorai lo scherzo, spensi il televisore e le luci del salotto. Entrai in camera mia con gli occhi socchiusi, assonnato; infilai il pigiama svogliatamente e mi chiusi la porta alle spalle prima di mettermi a letto.

Divertente! Avevo l’appartamento tutto per me e l’unica cosa che avevo fatto per l’intera serata era stato stare seduto sul divano!

Una volta al buio, ammirai quel silenzio che era calato in ogni camera prima di chiudere gli occhi per riprendere sonno. Sentii la porta di casa aprirsi e chiudersi, quindi immaginai che la serata del mio coinquilino si era conclusa; poi sentii tre tocchi alla porta della mia camera e subito dopo lo scricchiolio.

“Sono tornato” disse una voce che pensai fosse quella del mio coinquilino.

Assonnato, gli risposi alzando un pollice per dirgli “OK”. La porta si richiuse e, quasi immediatamente, il mio cellulare vibro sul comodino accanto al mio letto. Aprii gli occhi, ma ci misi qualche secondo per abituarmi alla luce dello schermo. Vidi che mi era arrivato un messaggio e quando vidi il nome corruguai la fronte: era il mio coinquilino.

“Domani torno verso le nove. Vado a comprare un paio di brioche per colazione, va bene?” diceva.

Era un normale messaggio, ma c’era qualcosa che non andava. Il mio coinquilino era appena tornato a casa, era venuto persino ad avvisarmi: come mai adesso mi scriveva per dirmi che sarebbe rimasto fuori fino alle nove del giorno dopo?

Gli risposi: “Non fare l’idiota, so che sei in camera tua. Sei pure venuto da me per avvisarmi. Cos’è, la ragazza ti ha mandato in bianco e ti vergogni a dirmelo chiaramente?”

La sua risposta arrivò due minuti dopo, ma insieme al messaggio c’era anche una foto di lui abbracciato alla sua ragazza. Tutti e due avevano corrugato la fronte e quando lessi il messaggio il mio cuore mi balzò in gola: “Stiamo andando in un bar, te l’avevo detto che sarei tornato domani!”

Il telefono mi cadde dalle mani, sussultai per lo spavento e di nuovo, alla porta della mia camera, sentii tre tocchi.

2 comments

  1. Anonimo says:

    scusa ma finisce così ?
    non potevi aggiungere non so tipo un mostro che cerca di uccidere il protagonista con poi un finto salvataggio per poi capire che era la fine per lui? secondo me con queste parti ce ti o elencato io il racconto sarebbe stato un pochino meglio

     

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.