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La bestia di Bandard

 
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BdbBandard è una cittadina situata nella parte orientale della Provenza: la sua popolazione non supera i cinquemila abitanti e si trova in una posizione piuttosto isolata, circondata da ampi boschi.

 Si tratta di un luogo pittoresco e tranquillo, che però come molte zone simili cela in sé un lato più torbido. Gli abitanti sono restii a parlare della Bestia di Bandard, dai più considerata una sciocca superstizione, da altri qualcosa di più.Il primo avvistamento della Bestia si ha il 18 aprile del 1900: il reverendo Remì Deboine aveva fatto visita a una famiglia di contadini per portare conforto al figlioletto malato di varicella e si trovava sulla via del ritorno, sul far della sera, quando si imbatté in qualcosa di molto strano. Giunto in canonica, prontamente trascrisse e disegnò ciò che vide (era rinomato per la sua abilità nel disegno e nella pittura e il suo schizzo originale è tuttora in mostra al Museo di Etnografia di Grasse) e in seguitò ne parlò al sindaco del paese. Deboine affermò che mentre procedeva sulla strada di campagna che portava a Bandard vide “un animale che dapprima mi parve un cane dal pelo bianco e lurido, lanoso come un cane da pastore o anche come un ariete, ma che poi mi parve più simile a una scimmia”. Lo schizzo di Deboine raffigura un essere umanoide, simile a un primate, dotato di arti superiori di incredibile lunghezza, ma con una testa canina, occhi grandi, fissi e spalancati, muso allungato. 

All’avvistamento non ne seguirono altri fino all’ottobre del 1917, in piena guerra mondiale, quando fu riportato negli archivi comunali che diverse persone, in varie ore del giorno – anche se quasi sempre durante o dopo il tramonto – avevano avuto contatti con uno strano tipo di animale. Venne descritto da tutti come “grosso e agile, di aspetto umano, dal folto pelo biancastro”. Gli avvistamenti si susseguirono a intervalli di mesi fino al 1920.

La  Bestia non si fece viva per altri vent’anni.

Poi, di colpo, alcuni ragazzi che tornavano da una festa di compleanno di notte fecero un incontro terrificante proprio ai confini del paese: Luis Manger, di diciotto anni, fu il primo ad avvistare quella creatura che a tutta prima gli parve un cane randagio, ma che si rivelò molto differente: si mise sulle tozze zampe posteriori e allungo le snelle e lunghissime braccia, prima di correre dietro al gruppo. Manger affrontò la Bestia con un coltellino, ma senza bisogno di usare l’arma essa se ne andò, forse spiazzata dal coraggio improvviso della sua vittima. Questo fu forse uno dei casi meglio documentati: i testimoni erano quattro, tutti avevano visto l’essere chiaramente e la loro testimonianza, almeno inizialmente, fu presa molto sul serio dalle autorità, tanto che si organizzò una battuta di caccia per stanare e uccidere il mostro. Notizie non confermate testimonierebbero che in quell’occasione furono trovate impronte molto strane nel fango e persino quel che pareva un grosso nido su un albero nel bosco fuori dalla cittadina, anche se nulla di tutto questo compare nei documenti e nei registri ufficiali.  Altre apparizioni della Bestia costellarono l’arco di tempo che va dagli anni Quaranta del Novecento sino al primo decennio del Ventunesimo secolo, in modo scostante, con lunghi intervalli di tempo. Molti avvistamenti sono il palese frutto della goliardia giovanile o di errori di valutazione, ma alcuni sembrano essere degni di nota, come la testimonianza di Marianne Lachance, che nel 1987 tornava in auto da un convegno di lavoro quando una nausea improvvisa la obbligò a fermarsi e uscire per dare di stomaco. Erano circa le undici di sera e si trovava in una zona boschiva.

Estratto dal verbale della polizia di Bandard:

“Quando mi sentii un po’ meglio attesi ancora qualche minuto, accanto all’auto. Poi dal bosco udì un suono di rami spezzati, come se qualcuno stesse correndo. Mi si gelò il sangue e per un attimo non riuscii quasi a muovermi, poi entrai in auto, ma dalla parte del passeggero. Mi chiusi dentro e qualcosa uscì dal bosco.

Avevo la luce di cortesia accesa e vidi un animale che mi ricordò una scimmia bianca, con braccia lunghe lunghe e pelosissime. Però la testa non somigliava affatto a quella di una scimmia. Pensai che potesse essere un uomo con un costume, ma ero troppo spaventata. Mi spostai verso il sedile di guida e l’animale, la scimmia, aggirò intanto il cofano. Allora suonai il clacson e urlai nella speranza che si spaventasse e infatti si spaventò: fece un balzo e si agganciò a un ramo, prima di sparire. Misi in modo e scappai.” La polizia si recò sul luogo dell’accaduto ma non trovò alcuna traccia che confermasse la storia di Marianne, sebbene la donna fosse una rispettabile madre di famiglia che certamente non avrebbe avuto vantaggio a inventarsi una storia del genere.

Nel 1995 Bernard Luberon e la sua ragazza Amelie stavano facendo un pic-nic in un campo. Siccome la giornata era molto bella, dopo pranzo decisero di rimanere lì, malgrado l’iniziale programma di recarsi da alcuni amici. Verso sera, quando iniziò a imbrunire, i due giovani iniziarono a udire dal bosco strani versi. Riferirono che erano “latrati striduli e agonizzanti, molto prolungati. Facevano accapponare la pelle”.

Amelie iniziò ad aver paura, ma Bernard le disse che si trattava del cane di qualche pastore che voleva mangiare. Gli ululati cessarono, ma dopo neanche mezz’ora una bestia bianca e antropomorfa balzò fra due alberi e prese ad avanzare velocemente verso i due fidanzati. Bernard afferrò il suo bastone da trekking e lo usò per colpire l’animale.

Non era di grandi dimensioni” affermò in seguito. “Pareva uno scimpanzé, ma era bianco ed estremamente peloso. Le sue gambe erano piccole in modo quasi ridicolo, ma le braccia al contrario erano quasi più lunghe del suo corpo. La testa era lanosa e non sembrava da scimmia. Continuavo a chiedermi “mio Dio, ma che cos’è?

Alla fine, la creatura desistette all’attacco. Si arrampicò su un albero e restò lì, a ringhiare e grugnire, mentre i due tornavano in auto.
Alcuni criptozoologi ritengono che la Bestia di Bandard sia assimilabile al bigfoot e allo yeti; una sorta di primate sconosciuto, forse risalente alla preistoria. Forse una minima sacca di queste creature scampate all’estinzione è riuscita a sopravvivere nei boschi fino ai nostri giorni. Questa tesi non pare suffragata dai fatti, in quanto non sono mai stati rinvenuti in Francia fossili che testimonierebbero l’esistenza di tali creature in epoche antiche.

Un bestiario del 1391 rinvenuto nel convento di Sant’Elene, a una ventina di chilometri da Bandard, mostra nelle sue pagine “le singe-loup”, la scimmia-lupo, una creatura dal corpo di scimmia e con la testa da canide, incredibilmente rassomigliante alla descrizione della Bestia fatta da coloro che l’hanno avvistata.

Le testimonianze hanno reso possibile ricreare un’anatomia della creatura: sarebbe alta non più di un metro e cinquanta, con gambe tozze, così piccole da sembrare persino deformi, mentre invece gli arti superiori sono descritti come innaturalmente lunghi (c’è chi dice sfiorino i due metri, e vi sono testimonianze dove vengono descritti con due gomiti). La pelliccia della creatura è bianco-grigiastra, lanosa, sporca e molto odorosa. La testa è molto simile a quella di un cane, anche se il muso non è così lungo e gli occhi sono quasi sempre celati da frange di peli.

L’attivista Jean-Cloude Moisette, nella campagna contro lo sfruttamento dell’energia nucleare, affermò in un comunicato stampa che “la strana creatura avvistata in Provenza è il frutto dell’esposizione alle nocive influenze delle radiazioni.” Proseguì dicendo come solo gli avvistamenti recenti fossero da considerarsi veritieri mentre quelli più datati fossero solo “una trovata del governo per gettare fumo negli occhi, facendo credere che essa sia una belva leggendaria.” Proseguì dicendo che erano stati trovati diversi cadaveri di bestie simili, specie nei pressi di centrali nucleari, non solo in Francia ma ovunque nel mondo. Il comunicato fu diffuso sui principali social network, che però vennero oscurati. Due mesi dopo queste rivelazioni Moisette fu trovato morto nella sua villa in Corsica, per un’overdose di eroina. Non furono mai trovate prove delle sue argomentazioni.

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