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Volto nel buio

 
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Alla fine degli anni ’80, ci fu un terribile omicidio. È stato peggio di qualsiasi cosa immaginabile, evidentemente, dal momento che la polizia si rifiuta di rilasciare qualsiasi tipo di informazione di troppo alla stampa.

In un piccolo villaggio russo, una donna di 29 anni di nome Amanda Branksnovitsch comprò una casa d’epoca. La ragione per cui la casa era stata venduta era che la donna che viveva lì prima, aveva avuto problemi di sonno a causa di fastidiosi scricchiolii, anche se il problema fu messo a posto poco prima che la nuova proprietaria, Amanda, vi si trasferisse.

Appena completato il trasloco, però, lo scricchiolio riprese. La ragazza tentò di scoprire quale fosse la fonte del rumore, ma non appena ci provava esso cessava.

Circa cinque giorni dopo, sentì anche dei colpi, come se stessero bussando.

“Che diavolo sta succedendo?” pensò.
Dopo un po’ capì che il rumore proveniva da uno dei muri portanti della casa, quello del bagno per la precisione, così lo controllò. Tutto ciò che trovò furono le piastrelle di marmo blu, che riflettevano la lampada pendente dal soffitto.

Controllò più accuratamente.

Verso sera scoprì una strana crepa nel soffitto. Era così disperata ed esasperata da quei rumori che praticò un foro abbastanza grosso, impiegando quasi due ore, da quella crepa. Presa una scala dal giardino, mise testa e vita in quel buco, armata solo di macchina fotografica, così avrebbe potuto capire che cosa produceva quel dannato rumore una volta sviluppate le foto.

Dentro, era scuro come un buco nero.

Vi salì interamente, gattonando a testa bassa all’interno del buco creato. Tutta quell’oscurità deve averla spaventata fin troppo, dal momento che stette lì per parecchio, prima di accorgersi di un rumore strano, come una risata debole, raschiata e sussurrante a qualche centimetro dalla sua testa.

Riuscì a voltarsi, ma sarebbe stato meglio se non l’avesse fatto.

C’era un volto nel buio.

Riuscì a scattare una foto alla fonte dell’inquietante rumore, sebbene fosse quasi del tutto paralizzata dal terrore.

Fu rinvenuta morta due ore dopo, il suo cadavere era orrendamente mutilato, salvo per il viso. L’espressione di terrore sul suo volto è stata preservata così come l’aveva quando è morta.

Si ritiene che il massacro sia andato avanti per venti dolorosissimi minuti. Le cause di morte furono tenute segrete, così come anche la fotografia che rivelerebbe il volto dell’assassino. Quando la polizia riuscì a guardare la foto, non riuscirono a credere che fosse un volto.

Non era umano: la bocca era molto allungata, gli occhi troppo larghi ed innaturali, insomma, tutti i dettagli anatomici di base erano fuori posto. Nel momento in cui furono effettuati dei controlli da cima a fondo in casa di Amanda, non fu trovato nulla che riconducesse alla donna della foto, o a qualcosa che facesse pensare alla sua presenza in qualsiasi area vicina a quella casa. Il caso fu dichiarato irrisolto.
Fino al 2004, molto dopo il crollo dell’Unione Sovietica e la diffusione della libertà di stampa e di parola nel paese, fu in quell’anno che un parente di Amanda Branksnovitsch condusse un’inchiesta riguardo la fotografia, e chiese che la polizia lasciasse visionare l’archivio alla famiglia.

Dopo tanto attendere finalmente i suoi cari ebbero tra le mani la prova decisiva.

Volto
Questo fu ciò che videro…

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